Attualità
A PROPOSITO DEL CONCORSONE E DEGLI ACCOZZATI DELIRI SU DI ESSO E SUL PRECARIATO (della Prof.ssa Sara Piersantelli, presidente dell’associazione Coordinamento Nazionale TFA)
In questi giorni, a proposito del concorso scuola, i quotidiani e i blog sono stati invasi da quella che si può definire disinformazione o cattiva informazione vera e propria; i “sentito dire” si possono accettare – e si fa comunque fatica – su Facebook ma non su una testata nazionale quale Repubblica nell’edizione di domenica, e l’apologia della scuola privata, questo è il sostegno alla libertà di scelta educativa, si può sopportare ovunque ma non su un blog online che si definisce antiliberista.
Da docente precaria e presidente di una associazione di precari sento la necessità di chiarire alcune questioni per chi non è addentro alle cose e potrebbe lasciarsi influenzare dalle parole in libertà di chi la scuola o non la conosce o la vive in modo personalistico e privilegiato; ma prima di tutto sento il dovere nei confronti delle tante persone che rappresento e che si sentono svilite da tutto quello che sta succedendo.
Nel momento in cui un qualsiasi ministro dell’istruzione o Presidente del Consiglio dichiara di voler abolire il precariato, il tentativo viene reiterato da quasi almeno dieci anni – il primo a provarci è stato il ministro Fioroni tra il 2006 e il 2007 con la sua chiusura delle graduatorie permanenti e trasformazione delle stesse in graduatorie ad esaurimento -, ecco che la preoccupazione sale a livelli di allarme: codice rosso.
Quello che viene definito come il male della scuola pubblica, situazione che ha anche portato l’Italia a subire dall’Europa una procedura di infrazione per reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi, è in realtà il danno collaterale di una scuola considerata come spazio di contrattazione di poltrone tra sindacati confederali e politica e, in seconda battuta, dai sindacati stessi un ammortizzatore sociale da cui prendere pezzi e contratti da offrire ad amici e tesserati.
Le azioni che il Governo Renzi ha messo in campo per la, secondo lui, risoluzione del problema del precariato sono molte, nessuna realmente condivisa non solo con i precari stessi ma proprio con nessun attore della scuola – chi parla di consultazione o è incosciente o è in mala fede perché conferenze a porte chiuse con i quattro amici del bar non possono considerarsi tali – e nessuna volta a tenere comunque al centro della questione il bene della scuola e degli studenti.
L’assunzione in massa di docenti, anche e soprattutto andando contro i bisogni e le richieste degli istituti stessi, pur di mettere la parola fine a un vecchio sistema, non può essere considerata una buona cosa; da nessuno che abbia a cuore la scuola stessa, anche se mi verrebbe da dire da nessuno che abbia un po’ di sale in zucca.
Oltre al piano straordinario di assunzione, che vede ora una enorme fase di mobilità nazionale che sta sradicando i docenti dalla loro terra e dalle loro famiglie in una visione perfettamente in linea con le necessità di atomizzazione del singolo proprie di una società guidata dai mercati finanziari [potete leggere in merito Jean-Claude Michéa], nella riforma approvata con la legge 107/2015 denominata propagandisticamente “Buona scuola”- è evidente l’intento di mettere in cattiva luce tutto ciò che è precedente ad essa – era previsto un concorso per quanti erano rimasti esclusi dalle graduatorie ad esaurimento e quindi da questa “fantastica” assunzione di massa.
Da docente precaria abilitata, fuori da queste graduatorie pur avendo superato già una durissima selezione che ha visto accedere ai corsi abilitanti del Tfa una media del 10% dei candidati, mi sono ritrovata a dover partecipare a questa farsa definita da qualsiasi persona di stampo filo governativo una opportunità. La realtà dei fatti dimostra come si tratti di una ghigliottina, incapace di valorizzare le buone professionalità di quei docenti che hanno studiato e sacrificato la loro vita per il sogno di insegnare.
Va innanzitutto detto come, nel testo della legge stessa, fosse prevista l’uscita dell’apposito DM entro il 1 dicembre 2015; la reale pubblicazione alla fine di febbraio 2016 è stata per tutti l’avvisaglia su ciò che sarebbe realmente stato… se il buongiorno si vede dal mattino, era evidente come tutti i programmi e le sventolate assunzioni a inizio anno scolastico non sarebbero mai state possibili, ad oggi sono previsti orali fino ad almeno il 27 settembre.
Il sistema di organizzazione del concorso ha poi fatto il resto: prova scritta computer based, conosciamo tutti l’amore del nostro premier per gli anglismi – confido nel Brexit per tornare a sentirlo parlare italiano -, con otto domande, sei a risposta aperta e due costituite da altrettanti testi in inglese a cui si riferivano cinque domande ciascuno a risposta multipla; una prova pratica da affrontare senza sapere se si era superato lo scritto; una prova orale.
Tutta l’italianità dei nostri si è rivelata nella prima prova. Un Paese con scuole con un sistema hardware molto eterogeneo, si passa da computer dell’anteguerra ad altri di ultima generazione, ha inevitabilmente costretto chi ha costruito il software a creare un prodotto basilare, quasi misero, privo di requisiti di sicurezza minimi; non solo: i candidati si sono ritrovati a dover scrivere su tastiere a volte difettose, senza accenti o con tasti non funzionanti. Per non parlare di prove non salvate e di pc crashati improvvisamente lasciando il candidato di fronte alla necessità di ricominciare la prova da zero. Tutto questo per rispondere a delle domande in alcuni casi definibili folli, per storia si è chiesto in una sola domanda l’Islam da Maometto ad oggi, in miseri 18 minuti. Zunino, come si può pretendere, in un contesto del genere, che sintassi e grammatica siano perfette?
I commissari, quei pochi che si sono prestati, scaricano la colpa sulla presunta impreparazione dei docenti precari, nel caso dei Tfa selezionati dallo stesso Miur con una prova nazionale; i docenti sono costretti a prendersela con le commissioni che sembrano non tenere conto della situazione in cui si è stati costretti a sostenere il concorso, stesso tempo e il doppio delle domande rispetto a quello del 2012, nonché una prova di inglese che persino dei madrelingua hanno definito insostenibile; per il Miur va tutto bene e non sta succedendo nulla di strano.
Qualcuno che si prenda la propria responsabilità dove sta? Forse il ministero e il governo avrebbero dovuto tenere conto del detto per cui la gatta frettolosa fa i figli ciechi, qui però si tratta di giocare con la vita delle persone e mandare a casa docenti che sono già abilitati, alcuni dei quali hanno già superato un’ardua selezione con percentuali ancora più strette rispetto a quelle che si prospettano per questo concorso. Perché si deve vedere la propria vita appesa a un filo quando si è dato tutto e si è già dimostrato tanto?
Il problema è che non solo il concorso fa acqua da tutte le parti peggio di un colabrodo, il problema ulteriore è che nella legge 107/2015 c’è un comma 131 che prevede che i docenti assunti a tempo determinato per almeno 36 mesi su posto vacante e disponibile, quindi vuoto e non occupato da nessuno, non possano più essere assunti. Certo, il conteggio parte da questo anno scolastico, ma con i posti che malgrado il concorso non verranno coperti – si parla potenzialmente di un 60% – e le scuole paritarie che si possono tranquillamente permettere di non assumere personale abilitato perché una deroga firmata Moratti glielo concede ancora, malgrado oggi ci siano almeno 150.000 docenti abilitati che potrebbero offrire loro un servizio superiore perché specializzati – cara Suor Anna, perché non vuole assumere abilitati, magari dando loro un onesto contratto a tempo indeterminato? -, significa lasciare a casa migliaia di persone che hanno investito nella loro formazione e hanno creduto in uno Stato che ora li sta tradendo.
P.s. Tutto questo mi permetto di dirlo pur avendo superato la prova scritta ed essendo in attesa di affrontare la prova orale.
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