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Attualità

1993: Guido Carli su Maastricht

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E’ stupefacente constatare l’indifferenza con la quale in Italia è stata accolta la ratifica del Trattato di Maastricht, rispetto al clamore e al fervore interpretativo che si è potuto registrare in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Danimarca, nella stessa Spagna. La cosa è tanto più difficile da comprendere se si considera che per l’Italia, più che per tutti gli altri paesi della Comunità, il Trattato rappresenta un mutamento sostanziale, profondo, direi di carattere “costituzionale”.

L’Unione europea implica la concezione dello “Stato minimo”, l’abbandono dell’economia mista, l’abbandono della programmazione economica, la ridefinizione della modalità di composizione della spesa, una redistribuzione della responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari ed aumenti quelle dei governi, l’autonomia impositiva degli eni locali, il ripudio del principio di gratuità diffusa (con la conseguente riforma della sanità e del sistema previdenziale), l’abolizione della “scala mobile”… la drastica riduzione delle aree di privilegio, la mobilità dei fattori produttivi, la riduzione della presenza dello Stato nel sistema del credito e nell’industria, l’abbandono di comportamenti inflazionisti non soltanto da parte dei lavoratori, ma anche da parte dei produttori di servizi, l’abolizione delle normative che stabiliscono prezzi amministrati e tariffe. In una parola: un nuovo patto tra Stato e cittadini, a favore di questi ultimi.

Ebbene un cambiamento giuridico di questa portata con queste conseguenze, è pasato pressoché sotto silenzio, senza conquistare le prime pagine dei giornali.

G. Carli Cinquant’anni di vita italiana, in collaborazione con P. Peluffo, Laterza, Bari, 1993, pp 412-413, citato da B. Tarquini in La banca la moneta l’usura che citava a sua volta G. Accame Il potere del denaro.


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