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Z-Pinch: la start-up che vuole realizzare la fusione nucleare in un’unità grande come un garage…
La fusione nucleare è un problema scientifico incredibilmente complesso che i ricercatori stanno affrontando da ogni tipo di angolazione, ma l’americana Zap Energy sta iniziando a fare scalpore grazie a uno degli approcci meno conosciuti. La startup con sede a Seattle ha raggiunto un importante traguardo per la sua tecnologia di fusione “Z-pinch” e ora sta lavorando per renderla una realtà commerciale attraverso reattori modulari, delle dimensioni di un garage.
La ricerca sulla fusione nucleare mira a ricreare il processo che avviene all’interno del Sole, dove calore e pressione intensi si combinano per creare un plasma in cui i nuclei atomici si fondono per rilasciare energia. Gran parte degli sforzi in questo campo si concentrano sulla sospensione di questi flussi di plasma all’interno di reattori a forma di ciambella o di anelli attorcigliati, utilizzando campi magnetici incredibilmente complessi, e questo sarà il nome del gioco in ITER, il più grande reattore a fusione nucleare del mondo che entrerà in funzione entro questo decennio.
Z-pinch presenta un percorso molto diverso, ma che alla fine potrebbe rivelarsi più economico ed efficiente. Infatti, invece di intricate reti di costose bobine magnetiche e di costosi materiali di schermatura per proteggerle, i sistemi Z-pinch si basano su un campo elettromagnetico generato all’interno del plasma stesso. Questo campo blocca il plasma all’interno di una colonna relativamente corta e lo “pizzica” finché non diventa sufficientemente caldo e denso da permettere la fusione nucleare.
Nel 2019, abbiamo esaminato il lavoro di un gruppo di scienziati dell’Università di Washington che ha trovato una soluzione ai problemi di instabilità che hanno afflitto la tecnologia Z-pinch fin dal suo inizio negli anni ’50. Utilizzando quello che nella dinamica dei fluidi è noto come flusso assiale tagliato, il team ha dimostrato un modo per appianare i flussi di plasma per evitare rigonfiamenti e distorsioni che storicamente ne causano il collasso.
Nel frattempo, uno degli autori di quello studio, Uri Shumlak, ha cercato di sfruttare questa tecnica di flusso assiale tagliato per rendere la tecnologia di fusione Z-pinch una realtà, avendo co-fondato Zap Energy nel 2017. La scorsa settimana, la società ha raggiunto una tappa fondamentale del suo percorso, creando i primi flussi di plasma all’interno del suo prototipo di reattore, chiamato FuZE-Q.
“Lo Z-pinch è stato a lungo un modo attraente per ottenere la fusione nucleare, ma per molti anni i ricercatori hanno considerato le instabilità del plasma Z-pinch come una sfida insormontabile”, afferma Shumlak, che ricopre il ruolo di Chief Science Officer di Zap Energy. Abbiamo dimostrato, attraverso simulazioni ed esperimenti, che i flussi di taglio possono stabilizzare i plasmi di fusione e che la stabilità dovrebbe essere estesa a una scala commercialmente valida”. Il team di Zap Energy ha compiuto rapidi progressi da quando questa tecnologia è uscita dal laboratorio, soprattutto grazie alla recente crescita del team e degli investimenti”.
In precedenza, l’équipe aveva dimostrato plasmi con una corrente elettrica di 500 kiloampere (kA), la massima che i suoi precedenti prototipi di reattori potevano gestire. Ma più alta è la corrente, più caldo e denso diventa il plasma, e per questo il FuZE-Q di nuova generazione è stato progettato per gestire correnti di 650 kA. La modellazione scientifica del team indica che questo è il punto di pareggio, in cui l’energia che esce dal dispositivo è maggiore di quella necessaria per farlo funzionare, definito Q=1.
“FuZE-Q è la quarta generazione di dispositivi Z-pinch che abbiamo costruito ed è senza dubbio la più ambiziosa”, afferma Brian A. Nelson, Chief Technology Officer di Zap Energy. “L’abbiamo progettato per essere versatile, resiliente e sintonizzabile in molti modi che saranno fondamentali quando passeremo a correnti, temperature e densità più elevate”.
Il team di Zap Energy ha appena chiuso un round di finanziamento da 160 milioni di dollari, che servirà a portare sul mercato la sua forma di energia da fusione. Senza bisogno di magneti costosi o laser ad alta potenza, come avviene in altri approcci, l’azienda prevede di ottenere questo risultato con reattori fabbricati in serie, abbastanza piccoli da poter essere installati in un garage. Questi dispositivi modulari potrebbero essere utilizzati per fornire energia a comunità remote o combinati e scalati per fornire energia a intere città. Un risultato incredibile, soprattutto se confrontato con l’approccio tradizionale di ITER che, per ora, è costato miliardi e non ha portato a nulla.
I nuovi approcci alla fusione, innovativi, come quello di Oxford e questo promettono soluzione molto più semplici rispetto a quelle seguite finora, basate sul conenumento forzatoi.
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