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Wall Street chiude un 2025 da record: l’AI spinge i listini, ma l’ombra dei dazi resta

Il 2025 è stato un buon anno, anche se combattuto, per gli indici di borsa USA. come sarà il 2026?

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I mercati statunitensi tirano il fiato proprio sul traguardo. L’ultima seduta del 2025 ha visto i listini sostanzialmente invariati, quasi a voler digerire un’annata che definire “volatile” sarebbe un eufemismo. Tra l’incertezza generata dalle politiche commerciali del Presidente Trump e l’euforia inarrestabile per l’Intelligenza Artificiale, Wall Street porta a casa l’ennesimo risultato a doppia cifra, ignorando, o quasi, i segnali contrastanti dell’economia reale.

I numeri del 2025

L’indice S&P 500 ha chiuso l’anno poco mosso a quota 6.900 punti, un livello che sfiora i massimi storici e consolida un guadagno annuale del 17%. Si tratta del terzo anno consecutivo di rialzi a due cifre, una striscia positiva che ha del miracoloso se si guarda al contesto geopolitico. Ecco il grafico relativo:

Ecco come si sono comportati i principali indici:

IndicePerformance 2025Note
S&P 500+17%Vicino ai massimi storici, trainato dai “Big”
Nasdaq+21%La locomotiva tecnologica non si ferma
Dow Jones+13%Frenato dalla minore esposizione al Tech

Dazi e “Liberation Day”: la politica entra a gamba tesa

Nonostante i numeri da capogiro, i rendimenti annuali sono rimasti indietro rispetto ai rally dei due anni precedenti. Il motivo? La politica. I dazi del cosiddetto “Liberation Day” voluti da Trump hanno innescato una massiccia ondata di vendite globale ad aprile, offuscando le prospettive di politica monetaria della Federal Reserve.

È il classico scenario che piace poco ai puristi del libero mercato, ma che conferma come la liquidità e le aspettative tecnologiche abbiano, per ora, fatto da scudo contro il protezionismo.

Il gigante nella stanza: Alphabet

Se c’è un vincitore indiscusso in questo 2025, è il settore dei servizi di comunicazione, e il merito è quasi tutto di un solo nome: Alphabet. La casa madre di Google ha registrato un’impennata del 65%, il suo anno migliore dal lontano 2009, avvicinandosi a una capitalizzazione di mercato mostruosa di 4.000 miliardi di dollari. L’AI non è più una promessa, ma un fattore che sposta migliaia di miliardi sui listini, drogando forse un po’ le valutazioni complessive.

Cosa ci aspetta nel 2026?

Guardando avanti, la palla passa, come sempre, alla Federal Reserve. La traiettoria dei tassi di interesse rimarrà il driver fondamentale per i mercati globali nel 2026. I segnali di un rallentamento del mercato del lavoro sono evidenti — un campanello d’allarme tipicamente keynesiano che non va ignorato — e le aspettative si concentrano ora su un possibile nuovo presidente della Fed, potenzialmente più “colomba”. Comunque, per ora, la crescita USA è robusta,e  questo aiuta un certo ottimismo.

Che succederà il prossimo anno? Chi lo sa. Ma con un mercato del lavoro che scricchiola e valutazioni stellari, la prudenza non è mai troppa. Ricordiamo che, al contrario di quanto disse Irving Fisher prima della crisi del 1929, non esistono livelli permanentemente alti…


Domande e risposte

Perché i mercati sono saliti nonostante i dazi di Trump?

La risposta risiede nella forza trainante del settore tecnologico e dell’Intelligenza Artificiale. Nonostante i dazi abbiano creato volatilità, specialmente con il sell-off di aprile, gli investitori hanno continuato a puntare sulla crescita strutturale delle Big Tech come Alphabet. La liquidità presente nel sistema e le aspettative di utili futuri legati all’AI hanno, di fatto, controbilanciato i timori macroeconomici legati al protezionismo commerciale, creando una dicotomia tra economia reale (più colpita dai dazi) e finanza.

Cosa si intende per rallentamento del mercato del lavoro e perché è importante per la Fed?

Un rallentamento del mercato del lavoro significa che le assunzioni diminuiscono o la disoccupazione tende a salire lievemente. Per la Federal Reserve questo è un indicatore cruciale: un mercato del lavoro meno teso riduce le pressioni inflazionistiche sui salari, offrendo alla Banca Centrale lo spazio di manovra per tagliare i tassi di interesse. Nel 2026, questo potrebbe tradursi in una politica monetaria più accomodante (dovish) per sostenere l’economia, il che generalmente è positivo per i mercati azionari.

Perché il Dow Jones è cresciuto meno del Nasdaq?

La differenza di performance è strutturale. Il Nasdaq è un indice pesantemente sbilanciato verso la tecnologia e l’innovazione, settori che hanno beneficiato enormemente del boom dell’Intelligenza Artificiale nel 2025. Il Dow Jones, al contrario, è composto da 30 titoli industriali e “blue chip” storiche, con una minore esposizione al comparto tech. In un anno in cui la crescita è stata guidata quasi esclusivamente dall’AI e dai servizi digitali, i settori tradizionali del Dow hanno agito da zavorra relativa.

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