Europa
La mozione di sfiducia respinta: Ursula von der Leyen sopravvive, ma il suo futuro è in bilico
Ursula von der Leyen ha superato la mozione di sfiducia, ma con un margine risicato che espone la crescente fragilità della sua maggioranza. Tra malcontento, concessioni ai socialisti e l’ombra del Pfizergate, il suo futuro a Bruxelles è sempre più incerto.

Giovedì 10 luglio 2025, Ursula von der Leyen ha superato una mozione di sfiducia al suo mandato come presidente della Commissione Europea, un evento che, pur prevedibile, ha messo in luce le crepe di una leadership sempre più contestata.
La maggioranza dei membri del Parlamento Europeo ha respinto la mozione, con 360 voti contrari, 175 a favore e 18 astensioni su un totale di 553 presenti, ben lontana dalla soglia dei 357 voti necessari per far cadere la Commissione. Comunque 360 è esattamente la metà di 720, e anche questo indica la sua debolezza.
Se la mozione fosse passata, von der Leyen e l’intera Commissione avrebbero dovuto dimettersi, gettando l’UE nel caos. Eppure, la vittoria appare più una tregua temporanea che una conferma solida.
La fiducia in von der Leyen era quasi scontata, grazie al sostegno del suo Partito Popolare Europeo (PPE), dei Socialisti e Democratici (S&D), dei liberali di Renew e dei Verdi. Tuttavia, molti deputati di questi gruppi hanno scelto di non partecipare al voto, un segnale di crescente malcontento.
A rendere il risultato prevedibile ha contribuito anche il fatto che persino componenti dell’European Conservatives and Reformists (ECR), la destra meno estrema promotrice della mozione, si erano dichiarati contrari, come evidenziato da Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo, che ha criticato l’iniziativa come un errore strategico.
Gheorghe Piperea, il deputato romeno dell’ECR che ha presentato la mozione, pur prevedendo il fallimento, ha definito l’esercizio “salutare” per l’UE, aprendo la porta a future sfide.
Prima del voto, von der Leyen ha fatto concessioni chiave ai Socialisti, promettendo di mantenere il Fondo Sociale Europeo nel prossimo budget pluriennale, nonostante precedenti indicazioni di un suo possibile taglio. Questo ha convinto S&D a sostenere la mozione, evitando un’astensione che avrebbe potuto indebolire la coalizione.
Anche i liberali, inizialmente critici per la deriva a destra della Commissione, hanno ritirato le minacce di astensione per non alimentare i giochi dell’estrema destra. Tuttavia, la vicepresidentessa del Parlamento Katarina Barley (S&D) ha avvertito che questa potrebbe essere l’“ultima chiamata” per von der Leyen, con il tempo che scorre rapido per mantenere l’attuale maggioranza.
Il voto ha esposto un’opposizione politica crescente, alimentata da accuse di scarsa trasparenza, centralizzazione del potere e ritrattazioni sul Green Deal, oltre al controverso “Pfizergate”, le negoziazioni opache con Pfizer sui vaccini durante la pandemia. Questi scandali, uniti al fallimento percepito del Green Deal, hanno alimentato il dissenso, anche all’interno del PPE, dove due membri si sono astenuti.
La coalizione che sostiene von der Leyen, composta da Socialisti, liberali e PPE, appare sempre più fragile, con S&D e Renew sempre più distanti dalla presidente. Se una maggioranza di centrodestra, potenzialmente rafforzata da un’alleanza con l’ECR e altri gruppi di destra, prendesse forma, il futuro di von der Leyen diventerebbe incerto.
La sopravvivenza della von der lyen, è stata garantita dalla precarietà della situazione attuale, ma lei si è rivelata la persona meno capace di gestirla: aver spinto per una politica di riarmo forzata della UE sta spingendo la sua maggioranza al limite della rottura e la crisi è solo rinviata.
Una simile coalizione potrebbe marginalizzarla, spingendo per un cambio di leadership o costringendola a ulteriori compromessi che ne minerebbero l’autorità. Il PPE, guidato da Manfred Weber, potrebbe preferire un profilo più allineato alle sue priorità, come la difesa e la competitività, abbandonando il Green Deal e politiche progressiste. Ma perché mantenere una presidente associato alle disastrose politiche climatiche e a un pasticcio con Pfizer? per ora tira avanti, ma la prossima crisi è dietro l’angolo.
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