Euro crisis
VENEZUELA, MADURONOMICS E LE CAUSE DELL’ATTACCO MEDIATICO INTERNAZIONALE
Nel
e quali suggerimenti lasciò al mondo?
In “Modelli di crescita limitata dalla bilancia dei pagamenti: storia e panoramica” ANTHONY P. THIRLWALL, uno dei principali studiosi di Kaldor scrive:
“C’è un limite oltre il quale i paesi in deficit non possono finanziare i loro disavanzi, e quel limite potrebbe vincolare la crescita molto al di sotto del tasso che si potrebbe ottenere con il pieno impiego delle risorse. Questo è il più facile segno di una crescita vincolata dalla bilancia dei pagamenti: un deficit delle partite correnti e risorse domestiche non utilizzate”
Ed ancora
“Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) potrebbe dichiarare per esempio, se il suo consiglio direttivo lo ritenesse opportuno, che non tollererà i surplus dei propri membri che eccedono una certa percentuale del PIL – ad esempio il 2%, che è un livello di deficit sostenibile per la maggior parte dei paesi. Ai tempi di Bretton Woods, deficit di questa dimensione avrebbero posto un paese ai margini della definizione di “squilibrio fondamentale” della bilancia dei pagamenti. Surplus superiori al 2% del PIL potrebbero condurre per i paesi a delle sanzioni a tassi via via più alti. I ricavi da queste sanzioni potrebbero poi essere girati in forma di aiuto ai paesi più poveri in deficit. In effetti Keynes aveva in mente un piano simile, alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944, quando propose una International Clearing Union che avrebbe funzionato come una banca centrale mondiale, fornendo la sua moneta internazionale (il bancor) che i paesi avrebbero utilizzato per i pagamenti tra di loro”
In pratica, la sua eredità è stata avvisare tutto il mondo della pericolosità degli squilibri nella Bilancia Commerciale e, come tale, che la merce che serve debba essere prodotta il più vicino possibile al luogo di consumo.
Detto questo, veniamo al nostro amato Venezuela di Chavez (che oggi chiameremo Madurolandia in onore della Maduronomics).
Madurolandia ha avuto ottimi risultati nel 2012 (+ 5,6%) ma un po’ come tutte le economie mondiali anche quella venezuelana ha avuto una discreta caduta +2,6%.
Il 2013 ha visto esplodere l’inflazione come mai avuto in passato causa mancanza beni di consumo (20% del fabbisogno).
e le riserve internazionali sono cadute notevolmente (da qui i forti squilibri dell’ultimo anno nell’economia Venezuelana).
A febbraio 2013 è avvenuta una svalutazione del 46,5%, con la parità passata da 4,30 a 6,30 Bolivares per dollaro
ma il risultato sull’export non si è per niente visto:
Le entrate, prevalentemente derivanti dall’export petrolifero, sono utilizzate per la politica fiscale del Governo,
SPESA PUBBLICA:
– 2013 é aumentata del 33,2% rispetto all’anno precedente.
– primi cinque mesi del 2014 = + 13% rispetto stesso periodo del 2013.
Tale spesa pubblica é stata indirizzata prevalentemente su due settori, essendo stato anche il 2013 cosí come il 2012 un anno elettorale (2012 presidenziali e 2013 municipali):
– stipendi pubblici, pensioni e sussidi sociali;
– missioni (programmi a sfondo sociale nella sanitá, nell’istruzione e nell’assistenza per migliorare le condizioni di vita dei venezuelani poveri e per l’acquisto di alimenti da inserire nella rete di distribuzione alimentare statale).
Con la nazionalizzazione di imprese private si é avuto un discreto aumento dei dipendenti pubblici e le spese per stipendi (nei primi 5 mesi del 2014) sono cresciute del 60% (90 miliardi di bolivares) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Al momento, dato che l’export non decolla anche a causa dell’indipendenza energetica USA che li ha trasformati in esportatori netti, i driver di crescita economica venezuelana sono essenzialmente legati proprio all’intervento del governo. In questo modo è stata mantenuta bassa la disoccupazione:
Purtroppo, la carenza di beni che costringe a spingere sull’acceleratore dell’import ha determinato un’enorme impiego di risorse necessarie per mantenere la paritá cambiaria del bolívar con il dollaro USA. Il Governo, allora, ha ideato la
MADURONOMICS: un piano massiccio di industrializzazione forzata, tentando di sostituire progressivamente le importazioni con la produzione in loco dei beni necessari (Kaldor docet):
Il petrolio, invece, rimane il principale prodotto da esportazione (88% dell’export)
Oltre ovviamente ad altro genere di export:
Ovviamente il Venezuela potrebbe essere il paese più ricco al mondo, date le riserve che ha:
E questo è il report con il dato delle riserve a fine 2011:
Ma dovrebbe comunque garantire un po’ di sicurezza agli investitori internazionali, magari più efficienti e capaci degli uomini di Maduro, che siano capaci di sfruttare questi giacimenti e decidano di spostare i consumi da altri mercati di approvvigionamento a questo (perché anche se l’offerta puoi esser in grado di crearla con investimenti da solo, qualora tu non abbia il dominio dei mercati di consumo non sei in grado di far alcunché.
Mentre per quanto riguarda le importazioni, il paese deve importare di tutto ….ma tutto tutto tutto eh….! Ci vogliono almeno 20 punti. I primi quattro articoli rappresentano solamente il 10% delle importazioni.
Tutti gli altri più o meno viaggiano intorno all’1%!
Da qui la necessità che la MADURONOMICS nazionalizzi interi settori, espropriazione di singoli impianti produttivi o terreni (specialmente in campo agricolo) e industrializzi il più possibile al fine di sostituire le importazioni con prodotti locali!
Il risultato che tutto ciò comporta è che lo stato sta ottenendo continuamente consumi in crescita:
al costo di un po’ d’inevitabile crescita del rapporto debito su pil (sia per quanto riguarda le assunzioni pubbliche, sia per gli investimenti pubblici di rilancio della produzione locale dei beni che necessitano):
Perché le televisioni osteggiano così tanto il tentativo della nazione di avere oltre l’indipendenza energetica anche quella alimentare o di ogni altro settore seguendo i dettami di Sir Nicolas Kaldor per il quale onde evitare guerre la produzione è corretto (oltre che giusto) che avvenga il più vicino possibile al luogo di consumo?
Sarà mica per un qualche motivo geopolitico del tipo:
DOVE IL VENEZUELA ESPORTA
Oltre il 60% nei Brics (Cina 32, India 25 e Brasile il 2,2%).
DA CHI IL VENEZUELA IMPORTA:
Un quinto del suo import arriva dagli USA.
Il problema, quindi, alla luce di quanto detto sopra, non sarà in realtà che:
– una produzione locale a maggior costo (causa un’ovvia maggiore inflazione) può essere comunque agevolmente esportata grazie alla compensazione internazionale dei prezzi consentita dalla moneta sovrana e della fluttuazione del cambio, mentre
– la sostituzione di import con produzione locale ponga qualche serio problemino al maggior partner commerciale per l’Import del paese che attua azioni Kaldoriane?
Si legge su:
http://www.informarexresistere.fr/2014/03/26/la-falsa-rivoluzione-venezuelana-spinta-dalle-bugie-dei-media/Da cui si evince che:
Ovviamente io ammiro gli USA e il popolo Americano in generale, del resto ci hanno salvato loro dal regime Nazista e speriamo ci liberino nuovamente da questa banda di scellerati di Francoforte (la BuBa e la sua austerity) ma qualora fosse vero allora contro la volontà imperialista di uno stato egemone la teoria del povero Nicolas Kaldor finirebbe in soffitta tra i vecchi libri che ogni tanto ci piace sfogliare.
Ai POSTER l’ardua sentenza.
Maurizio Gustinicchi
Economia5Stelle
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