Europa
Vance da’ la sveglia All’Europa

Il duro discorso che l’ex vicepresidente americano I.D. Vance, ha fatto alla recente conferenza per la sicurezza di Monaco, continua a far molto discutere e ad agitare i sogni del leader europei. La reazione sdegnata di Macron e Scholz è parsa come un maldestro tentativo di mostrare, una volta tanto, i muscoli dell’Europa, di fronte allo strapotere americano. Ma si tratta di un’arma ormai spuntata, non solo per l’estrema debolezza dei due leader europei. Perché in realtà Vance ha solo plasticamente e chiaramente mostrato quella che è la dura verità: l’Europa è ormai ai margini del contesto geopolitico internazionale. E la cosa più grave è che, in questa triste e per certi versi umiliante condizione, ci si è messo con le sue stesse mani. “L’Europa deve affrontare molte sfide- ha detto Vance durante il suo discorso molto applaudito- ma la crisi che questo continente sta affrontando in questo momento, la crisi che credo
stiamo affrontando tutti insieme, è una crisi che abbiamo creato noi stessi. Se avete paura dei vostri stessi elettori, non c’è niente che l’America possa fare per voi, né, del resto, c’è niente che voi possiate fare per il popolo americano che ha eletto me e ha eletto il presidente Trump.”
Insomma, sembra di sentire un deja vu di chi, a destra, da tempo avvertiva del rischio di una pericolosa deriva che stava prendendo l’Europa (ora è troppo facile per Romano Prodi, che ne è stato uno degli artefici di questo stato di cose, ergersi a paladino del cambiamento).“ Se volete godere di economie competitive, se volete godere di energia a prezzi accessibili e catene di approvvigionamento sicure, allora avete bisogno di mandati per governare perché dovete fare scelte difficili per godere di tutte queste cose e, ovviamente, lo sappiamo molto bene in America.” ha continuato Vance.
L’ex presidente della Bce Mario Draghi, in un suo articolo sul Financial Times, di due giorni fa, non ha fatto altro che ribadire lo stesso concetto, evidenziando come sia stata la stessa Europa con le sue assurde pastoie burocratiche ad autoimporsi i dazi. “L’Unione europea deve concentrarsi sui problemi che si è creata da sola, operando una svolta radicale, piuttosto che su quelli dovuti ai rapporti con l’amministrazione Usa a guida Trump”. Queste le dure parole vergate da Draghi sul Financial Times. Ma l’ex presidente della Bce, autore del dossier sulla competitività europea, nel quale già aveva bacchettato l’inerzia, o sarebbe meglio dire la miopia masochistica, dell’Unione sul piano economico e su quello dei rapporti internazionali, ha voluto essere ancora più esplicito, spiegando come si siano due fattori principali, alla base dei tanti problemi odierni dell’Europa. “
Il primo è l’incapacità di lungo termine dell’Ue di intervenire sulle penurie di approvvigionamento, specialmente sulle barriere interne e i fardelli regolamentari. Questi sono ampiamente più dannosi per la crescita di qualunque dazio possano imporre gli Stati Uniti. E i loro effetti dannosi stanno crescendo”. E per rafforzare questa tesi si tirano in ballo le stime del Fondo monetario internazionale, secondo cui le barriere interne pesano come dazi con una quota del 45% sul manifatturiero del 110% sui servizi. Al tempo stesso Bruxelles ha consentito alla regolamentazione di ostacolare la crescita delle imprese tecnologiche, bloccando gli aumenti di produttività. Il secondo fattore che cita Draghi è la tolleranza dell’Europa “a una domanda interna persistentemente debole, quantomeno dalla crisi del 2008.
Insomma, l’Europa ha pensato forse troppo a come pulirsi la coscienza con la sua ideologia woke e ad inseguire il political correct, mentre il mondo intorno mutava per stare al passo con i tempi. Mentre la Cina andava alla conquista del mondo in via di sviluppo, per accaparrarsi le sue immense risorse della terra, L’Europa si rischiudeva nel suo folle piano di salvatore del mondo dai disastri del cambio climatico, Non pensando che il suo folle green deal, senza l’accordo dei due piu grandi inquinatori della terra, Cian e Usa, sarebbe stato una zavorra per le imprese e le famiglie europee Basti pensare, per citarne una su tutte, a quello che forse è uno dei cardini del folle impianto green, creato dalla mente del famigerato Frans Timmermans, e cioè il divieto di vendita dei motori termici entro il 2035, che ha avuto l’unico effetto di far crollare il settore automotive europeo, come ha giustamente sottolineato due giorni fa il ministro del made in Italy Adolfo Urso “Il calo della produzione industriale preoccupa e per questo bisogna cambiare le politiche Ue, perché, è da lì che è nato il problema”. ha detto il ministro delle
Imprese e del Made in Italy, a margine del question time al Senato.
“La crisi dell’auto europea determinata dalle follie del Green Deal ha portato alla crisi dell’auto italiana e di conseguenza a questi dati di crisi industriale che ovviamente ci preoccupano e per questo prima di altri abbiamo innescato il processo di riforma in Europa perché è li che vanno cambiate le regole per evitare il collasso dell’auto e quindi dell’industria europea”, ha sottolineato Urso. E d’altra parte, il nostro paese, come ha sempre sottolineato Urso, che ha presentato a novembre un non paper per invitare la commissione a rivedere questo assurdo provvedimento, mai come ora ha la possibilità, grazie al peso e all’autorevolezza riconosciuta da tutti, guadagnata da Meloni sul piano internazionale, fare da ponte tra Europa e Usa.
Senza contare che ora Giorgia Meloni può contare all’interno della commissione di un uomo di peso, come Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della commissione (europeista da sempre, anche se non ha certo fatto mancare le sue critiche costruttive ad un’Europa smarrita e divisa quasi su tutto) , che certamente può agire, con le sue importanti deleghe, come motore del cambio di direzione della politica Ue.
Ma Giorgia Meloni, da sola, non può fare i miracoli, perché occorre che l’Europa agisca di concerto e concretamente per cambiare il suo approccio. Il tempo delle ideologie e delle promesse è finito da un pezzo. Ed è per questo che l’intervento di Vance deve essere visto in un ottica differente, Perchè rappresenta una salutare sferzata all’immobilismo europeo e può rafforzare nei leader europei la convinzione che è ora di assumersi in toto le proprie responsabilità. L’avvento di uno come Trump alla Casa Bianca, demonizzato a priori da una sinistra miope ed ideologica, potrebbe essere invece l’ultima grande occasione che ha il continente europeo, prima di quello che potrebbe diventare un declino irreversibile.
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

You must be logged in to post a comment Login