Economia
USA: probabilità di taglio dei tassi sopra il 90%. I mercati ne prendono atto
I sondaggi danno una probabilità di taglio dei tassi USA da parte della Federal Reserve superiore al 90% . Cosa significa per i mercati?

I mercati finanziari scommettono quasi all’unanimità che la Federal Reserve taglierà i tassi di interesse nella riunione di politica monetaria del 16-17 settembre, ma le divisioni all’interno della banca centrale e gli avvertimenti di alcuni responsabili politici stanno temperando il crescente ottimismo.
Secondo lo strumento FedWatch del CME Group, gli operatori dei futures legati al tasso dei fondi federali vedono ora una probabilità del 99,9% di un taglio di un quarto di punto a settembre, dopo i nuovi dati sull’inflazione negli Stati Uniti e le continue pressioni da parte dell’amministrazione Trump per un’azione più aggressiva. Il tasso di probabilità poi si è riaggiustato al 95,8%, leggermente di meno.
L’indice dei prezzi al consumo di luglio ha mostrato un moderato aumento, mentre i dati rivisti sul mercato del lavoro hanno rivelato una crescita dell’occupazione molto più debole di quanto inizialmente riportato nei mesi di maggio, giugno e luglio. Questo dato dà il via libera alla riduzione dei tassi.
Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent, citando il rallentamento della dinamica occupazionale, ha dichiarato in un’intervista alla televisione Bloomberg che la Fed dovrebbe prendere in considerazione una riduzione di mezzo punto. “Se avessimo visto questi dati a maggio e giugno, credo che avremmo potuto avere tagli dei tassi a giugno e luglio”, ha detto Bessent alla Bloomberg Television, aggiungendo che “i tassi sono troppo restrittivi… probabilmente dovremmo abbassarli di 150-175 punti base”.
Non tutti i responsabili politici sono d’accordo con la spinta verso un rapido allentamento. Austan Goolsbee, presidente della Fed di Chicago e membro con diritto di voto del Federal Open Market Committee, ha messo in guardia dal “precipitarsi” in tagli prima che l’inflazione sia saldamente sotto controllo.
“L’ultima cosa che si vuole è che la banca centrale vacilli”, ha detto Goolsbee ai giornalisti, sottolineando che alcuni dettagli del rapporto sull’inflazione di luglio – in particolare un aumento dell’inflazione core dal 2,9% al 3,1% – hanno sollevato preoccupazioni sul percorso di ritorno all’obiettivo del 2% della Fed. Pur riconoscendo i recenti dati sull’inflazione più deboli, ha sottolineato che i persistenti aumenti dei prezzi nel settore dei servizi potrebbero complicare il processo di disinflazione.
Il dibattito si svolge in un contesto politico molto teso. Il presidente Donald Trump ha ripetutamente criticato l’attuale presidente della Fed Jerome Powell, definendo i tagli dei tassi pre-elettorali dello scorso anno “politicamente motivati” e ha segnalato l’intenzione di nominare presto un successore. La Casa Bianca ha ampliato la lista dei possibili sostituti a 11 nomi, anche se Trump afferma che solo “tre o quattro” sono seriamente presi in considerazione.
Il team politico dell’amministrazione, tra cui Bessent e il consigliere capo Joe Lavorgna, sostiene che i dati sull’inflazione ora “sostengono inequivocabilmente un abbassamento dei tassi di interesse”. Essi sostengono che il costo dei dazi viene assorbito principalmente dalle imprese nazionali, limitando il trasferimento sui prezzi al consumo.
Anche il governatore della Fed Michelle Bowman ha sostenuto una posizione più proattiva, avvertendo che mantenere la politica nell’attuale range “moderatamente restrittivo” potrebbe causare “un inutile deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro” e costringere a una correzione più drastica in seguito.
Gli analisti di Citi hanno fatto eco a questa opinione, scrivendo che l’assenza di pressioni sui prezzi legate ai dazi “dovrebbe ridurre le persistenti preoccupazioni ufficiali della Fed sull’inflazione e consentire una serie di tagli dei tassi a partire da settembre”.
Hanno persino suggerito che i mercati potrebbero “sottovalutare il potenziale di tagli più rapidi e/o più profondi”.
Tuttavia, la cautela di Goolsbee evidenzia un rischio fondamentale: se la Fed allenta troppo rapidamente e l’inflazione si rivela persistente, potrebbe dover invertire la rotta, uno scenario che i responsabili politici sono ansiosi di evitare. L’inflazione CPI complessiva è rimasta stabile al 2,7% a luglio, suggerendo che le pressioni sui prezzi non si sono ancora completamente attenuate.
Il presidente della Fed Powell è previsto intervenire la prossima settimana al simposio annuale della banca centrale a Jackson Hole, nel Wyoming, lo stesso forum che ha utilizzato lo scorso anno per segnalare i prossimi tagli dei tassi. I mercati analizzeranno le sue dichiarazioni alla ricerca di indizi sul fatto che la mossa di settembre sarà quella standard di 25 punti base o quella più consistente di 50 punti base sostenuta da Bessent e altri.
Per ora, lo slancio sembra favorire un allentamento, con i mercati che considerano quasi certo un taglio a settembre. Ma il percorso oltre tale data rimane poco chiaro, soprattutto se un numero maggiore di aziende inizierà a trasferire il costo dei dazi sui consumatori. Per i mercati petroliferi, un taglio dei tassi dovrebbe fornire un certo sostegno grazie alla debolezza del dollaro, con i prezzi del petrolio in leggero rialzo nelle prime contrattazioni di giovedì.
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.
You must be logged in to post a comment Login