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EconomiaFinanza

UPS: La “cura” da 48.000 licenziamenti per (tentare di) salvare i profitti

Il colosso delle spedizioni taglia 48.000 posti per recuperare profittabilità. Ma la mossa è influenzata anche dal crollo dei volumi dalla Cina e dalla riduzione strategica del business (non redditizio) con Amazon.

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UPS, il colosso mondiale delle spedizioni, ha appena annunciato la “cura” per i suoi conti: 48.000 dipendenti in meno rispetto all’anno scorso. Una mossa drastica, parte di una campagna di riduzione costi, che mira a rassicurare gli investitori dopo che il titolo è rimasto a lungo indietro rispetto all’andamento generale del mercato azionario.

Dei 48.000 posti tagliati, 34.000 riguardano autisti e magazzinieri (principalmente negli USA), mentre 14.000 provengono dai ranghi dirigenziali, in una serie di tagli iniziata già l’anno scorso.

E la Borsa, come ha reagito? Applausi, con il solito cinismo della finanza. Nonostante un utile netto trimestrale in calo (1,3 miliardi di dollari nel terzo trimestre, contro gli 1,5 miliardi dell’anno precedente) e un fatturato in contrazione (21,4 miliardi contro 22,2), la notizia dei tagli e risultati (comunque migliori del previsto) ha fatto balzare il titolo del 7% nella giornata di martedì. A Wall Street, evidentemente, tagliare il personale paga, a volte anche più che fatturare. Ecco il relativo grafico:

L’Amministratore Delegato, Carol Tomé, ha definito l’operazione come “il cambiamento strategico più significativo nella storia della nostra azienda”, progettato per “fornire valore a lungo termine a tutti gli stakeholder”. Una fraseologia che, tradotta dal “corporate-se”, significa stringere la cinghia in modo massiccio.

Il caso UPS non è isolato. L’occupazione, secondo gli ultimi dati governativi statunitensi, sta mostrando segni di stallo in diversi settori. Anche Amazon, per fare un esempio, ha in programma 14.000 tagli di posti impiegatizi per “ridurre la burocrazia”.

Cosa sta succedendo (oltre ai tagli)?

Per capire la situazione di UPS, i soli licenziamenti non bastano. Bisogna guardare ad altri fattori che stanno colpendo il business della società:

  • Il fronte sindacale: Molti dipendenti UPS sono iscritti al potente sindacato dei Teamsters, che ad aprile aveva avvertito l’azienda che avrebbe combattuto i tagli non conformi al contratto di lavoro. Martedì, la signora Tomé ha assicurato che UPS è “conforme ai termini del nostro contratto”.
  • Il problema Cinese (Dazi): L’attività di UPS è stata colpita direttamente dalle tensioni commerciali. Il volume dei pacchi spediti negli Stati Uniti dalla Cina è crollato di quasi il 30% nel terzo trimestre. Questo richiede una rimodulazione della dimensione del servizio.
  • La “scappatoia” Trump: Un fattore chiave è stata la chiusura, voluta dal presidente Trump, della scappatoia “de minimis”. Questa permetteva a un numero enorme di spedizioni (soprattutto cinesi) di valore pari o inferiore a 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza dazi. Dopo lo stop, il flusso di pacchi giornalieri è crollato da circa quattro milioni a circa un milione.
  • Il rapporto con Amazon: UPS ha ridotto volontariamente il business con Amazon. L’azienda ha dichiarato di aver ridotto le consegne per il colosso dell’e-commerce (registrando un -21% nel terzo trimestre) perché quell’attività, semplicemente, non era ritenuta redditizia. Una chiara scelta di margine contro volume.

Nonostante il rimbalzo azionario di martedì, la strada per UPS resta in salita. Da inizio anno, le azioni della società hanno perso quasi un quarto del loro valore (-25%), mentre la rivale FedEx è scesa “solo” dell’11%. Nello stesso periodo, l’indice S&P 500 (che misura la performance delle grandi aziende USA) è salito del 17%. La “cura” dei tagli basterà a invertire la rotta?

Questa è solo l’ultima della grandi multinazionali ad annunciare licenziamenti. Pochi gionri fa Amazon ha effettuato 14000 licenziamenti, dopo che le prime voci parlavano di ben 30000, ma in generale pensa di ridurre, nel tempo, l’occupazione di 600.000 persone. Perfino le società petrolifere  stanno licenziando. Il colosso delle spedizioni taglia 48.000 posti per recuperare profittabilità. Ma la mossa è influenzata anche dal crollo dei volumi dalla Cina e dalla riduzione strategica del business (non redditizio) con Amazon.

Domande e risposte

Perché UPS sta licenziando così tanto se ha comunque fatto 1,3 miliardi di utili?

Sebbene UPS sia in utile, i profitti e i ricavi sono in calo rispetto all’anno scorso. Il mercato azionario penalizza le aziende che non crescono o che crescono meno delle attese. Il titolo UPS era molto indietro rispetto all’indice S&P 500. I licenziamenti sono una misura drastica di riduzione costi per migliorare i margini (profittabilità) e dimostrare agli investitori che la gestione è focalizzata sull’efficienza, sperando di far risalire il valore delle azioni.

Questi licenziamenti sono un segnale di recessione imminente?

Non necessariamente da soli, ma sono parte di un quadro di rallentamento. Il testo nota che l’occupazione sta “ristagnando” e anche Amazon sta tagliando posti di lavoro. UPS soffre anche di fattori specifici: la riduzione dei pacchi dalla Cina (dovuta ai dazi e alla chiusura della scappatoia “de minimis”) e la scelta strategica di ridurre il business (meno profittevole) con Amazon. È un mix di problemi macroeconomici e scelte aziendali specifiche.

Perché UPS sta riducendo le consegne per Amazon?

La motivazione è puramente economica: l’azienda ha dichiarato che quell’attività “non è redditizia”. Amazon ha un enorme potere contrattuale e spesso spunta prezzi molto bassi per le spedizioni. UPS ha deciso di privilegiare i margini di profitto piuttosto che i volumi di vendita. Preferisce consegnare meno pacchi (infatti nel T3 ha consegnato il 21% in meno di pacchi Amazon) ma guadagnare di più su ciascuna consegna, piuttosto che lavorare in perdita o con profitti minimi per il colosso dell’e-commerce.

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