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Cultura

Un’eruzione dimenticata e la “Logistica della Morte”: come il grano e il clima hanno innescato la Peste Nera

Una nuova ricerca rivela che un’eruzione tropicale causò il raffreddamento globale del 1345, spingendo le città italiane a importare grano infetto dal Mar Nero.

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L’analisi storica si arricchisce spesso di dettagli che trasformano la narrazione da “evento casuale” a “conseguenza sistemica”. Una nuova ricerca pubblicata su Communications Earth & Environment getta una luce inedita, e per certi versi inquietante, sull’origine della Peste Nera (1347-1353). Non si trattò solo di sfortuna o di ratti su navi di passaggio, ma di una perfetta tempesta macroeconomica e climatica. Un’eruzione vulcanica tropicale, una crisi dell’offerta agricola e la risposta “keynesiana” delle città-stato italiane per garantire la sicurezza alimentare crearono l’autostrada perfetta per Yersinia pestis.

La visione classica e la nuova prospettiva

Fino a ieri, la narrazione dominante sulla Peste Nera si concentrava quasi esclusivamente sull’assedio di Caffa, in Crimea, dove l’Orda d’Oro mongola avrebbe catapultato cadaveri infetti dentro le mura, contagiando i mercanti genovesi in fuga. Una storia di guerra biologica ante litteram. Sebbene suggestiva, questa visione non ha mai spiegato del tutto la tempistica perfetta e la virulenza della diffusione.

La nuova ricerca condotta da Martin Bauch e Ulf Büntgen ribalta, o meglio, integra profondamente questa visione inserendo una variabile esogena devastante: il cambiamento climatico improvviso.

Ecco come la nuova ricostruzione innova la storiografia:

  • Non solo biologia, ma clima ed economia: Il batterio non è arrivato “per caso”. È stato attratto dalla necessità economica.
  • Il paradosso della sicurezza: Le misure attuate per salvare la popolazione dalla fame (importazione di grano) sono state il veicolo della sua distruzione.
  • Il vettore nascosto: Non solo ratti vivi, ma pulci che sopravvivevano nutrendosi della polvere di grano nelle stive, permettendo viaggi più lunghi senza ospiti animali immediati.

Il fattore scatenante: Il vulcano del 1345

Tutto inizia lontano dall’Europa. I dati dendrocronologici (anelli degli alberi) e le carote di ghiaccio prelevate in Antartide e Groenlandia raccontano una storia inequivocabile. Intorno al 1345 d.C., una massiccia eruzione vulcanica, probabilmente ai tropici, immise nell’atmosfera quantità enormi di zolfo e cenere.

L’effetto fu immediato e globale: un raffreddamento atmosferico significativo e un’alterazione dei regimi delle precipitazioni.

Il risultato pratico per l’Europa meridionale e il Mediterraneo fu disastroso:

  • Estati fredde e umide tra il 1345 e il 1347.
  • Fallimenti sistemici dei raccolti in Italia, Francia meridionale e Spagna.
  • Una carestia diffusa che colpì duramente le popolazioni urbane.

La risposta delle Città-Stato: Un “Welfare” letale

Qui entra in gioco l’aspetto economico-istituzionale, caro a chi osserva le dinamiche dei sistemi complessi. L’Italia del Trecento era una delle aree più urbanizzate e sofisticate del mondo. Venezia, Genova e Pisa non potevano permettersi di lasciar morire di fame i propri cittadini; la stabilità politica dipendeva dall’approvvigionamento di grano (Annona).

Di fronte alla carestia indotta dal clima, queste repubbliche marinare attivarono i loro collaudati network logistici. La domanda di grano era anelastica e la carenza locale spinse i prezzi alle stelle (come mostrano i registri dell’epoca con picchi di prezzo mai visti negli otto decenni precedenti).

Le autorità veneziane e genovesi compirono una scelta pragmatica, facilitata dal fatto che avevano rapporti mercantili con il mondo conosciuto all’epoca :

  1. Negoziarono una tregua temporanea con i Mongoli dell’Orda d’Oro.
  2. Dirottarono le flotte verso il Mar Nero e il Mar d’Azov, dove il clima non aveva compromesso i raccolti.
  3. Importarono massicce quantità di cereali per calmierare i prezzi e sfamare le città.

È qui che si consuma l’eterogenesi dei fini. Il sistema di sicurezza alimentare, progettato per salvare vite, importò la morte.

Flussi di grano nel Mediterraneo nel 1346-47

La logistica del contagio: Le pulci nel grano

Le navi che tornarono dai porti del Mar Nero nel 1347 non portavano solo il prezioso frumento. I ricercatori suggeriscono che il carico fosse infestato da pulci infette da Yersinia pestis.

Yersinia Pestis

Il punto tecnico cruciale è la sopravvivenza del vettore. Le pulci non avevano necessariamente bisogno di ratti vivi per tutto il viaggio; potevano sopravvivere nutrendosi dei residui organici e della polvere di grano immagazzinata nelle stive. Una volta arrivate a Messina, Genova e Venezia, le operazioni di scarico e ridistribuzione del grano funsero da “hub” di smistamento per l’epidemia.

La correlazione temporale è impressionante e viene riassunta nella seguente tabella logistica:

FaseEventoConseguenza Economica/Sanitaria
1345Eruzione Vulcanica (Tropici)Raffreddamento globale, piogge eccessive nel Mediterraneo.
1346-47Fallimento dei raccoltiCarestia in Italia e Francia. Esplosione dei prezzi del grano.
1347Attivazione supply chainVenezia e Genova importano grano dal Mar Nero (Orda d’Oro).
Fine 1347Arrivo delle naviIl grano (e le pulci) sbarcano nei porti italiani. Prezzi in calo, contagio in aumento.
1348Ridistribuzione internaIl grano viene inviato nell’entroterra (es. Padova), diffondendo la peste.

Diffusione della peste in Italia

Perché le città dell’entroterra si salvarono (inizialmente)?

La ricerca evidenzia un dato che conferma la teoria “logistica”: le città che non parteciparono a questa catena di importazione marittima, come Milano o le città produttrici di grano della pianura padana (Verona, Ferrara), furono inizialmente risparmiate dalla prima ondata. Non avendo bisogno di importare grano dal Mar Nero, non importarono il vettore.

Solo successivamente, quando il surplus di grano veneziano venne esportato verso l’entroterra per riempire i granai altrui (ad esempio a Padova), il contagio seguì le merci. È la dimostrazione empirica di come i flussi commerciali siano stati i veri binari della pandemia.

Un’antica globalizzazione

Questa nuova interpretazione della Peste Nera ci offre una lezione di straordinaria attualità. Il sistema veneziano e genovese era resiliente: aveva assorbito shock precedenti grazie alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Tuttavia, proprio questa interconnessione, in presenza di uno shock climatico esogeno, ha trasformato una crisi locale in una catastrofe continentale.

L’ironia è palpabile: la struttura sofisticata creata per garantire la resilienza (il commercio a lungo raggio) è diventata il punto di vulnerabilità critica. In un mondo globalizzato e sempre più caldo, dove le zoonosi sono in agguato, l’analogia con le moderne catene di approvvigionamento e la diffusione del COVID-19 è più che un semplice esercizio accademico. La natura, quando viene stuzzicata da cambiamenti climatici repentini, presenta il conto sfruttando proprio le infrastrutture create dall’uomo.

Domande e risposte

Come facciamo a essere certi dell’eruzione vulcanica se non è stata registrata nei libri di storia europei?

Gli storici e gli scienziati utilizzano dati “proxy”. Le carote di ghiaccio estratte in Antartide e Groenlandia mostrano picchi di zolfo stratosferico databili esattamente a quel periodo. Inoltre, cronache cinesi e giapponesi dell’epoca riportano fenomeni ottici (come eclissi lunari “oscure” e cieli velati) tipici della presenza di polveri vulcaniche nell’atmosfera. Questi dati, incrociati con gli anelli degli alberi europei che mostrano una crescita ridotta per il freddo, confermano l’evento geologico.

Perché il grano è considerato il colpevole principale rispetto ai soli ratti?

I ratti erano certamente presenti, ma la teoria del grano spiega la velocità e la direzione specifica. Le pulci possono sopravvivere a lungo nella polvere di grano, anche senza un ospite. La coincidenza temporale tra l’arrivo delle navi granarie (documentato dai registri doganali e commerciali di Venezia e Genova) e i primi focolai nelle città portuali è perfetta. Le città che non importarono quel grano specifico furono inizialmente risparmiate, cosa che la sola teoria dei ratti “viaggiatori indipendenti” fatica a spiegare.

Questa scoperta cancella la storia dei Mongoli che lanciano cadaveri a Caffa?

Non la cancella, ma la ridimensiona a evento locale. L’assedio di Caffa e la presunta guerra biologica possono aver contribuito a infettare l’area portuale in Crimea, ma da soli non spiegano perché la peste sia arrivata in Italia proprio in quel momento e con quella forza. È stata la necessità economica (la carestia in Italia) a spingere le navi ad andare lì e a tornare cariche non solo di batteri, ma del substrato ideale (il grano) per trasportarli.

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