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Umiliante schiaffo di Pechino alla Germania: il ministro degli esteri Wadepul cancella il viaggio in Cina
La Cina umilia il ministro degli Esteri tedesco: concesso un solo incontro, visita annullata. Dietro lo schiaffo di Pechino, le tensioni su Taiwan e la dipendenza economica di Berlino, che rendono la Germania politicamente debole.

La politica estera tedesca, spesso così assertiva e moralizzatrice quando si tratta di bacchettare i partner europei (come l’Italia), mostra tutta la sua fragilità quando si confronta con le vere potenze globali. L’ultimo episodio arriva da Pechino e ha il sapore di un’umiliazione diplomatica in piena regola.
Il Ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, esponente del nuovo governo di Grosse Koalition guidato da Friedrich Merz, è stato costretto a “posticipare” (leggi: annullare) una visita programmata in Cina.
Il motivo? Semplicemente, Pechino non aveva tempo per lui.
Nonostante il viaggio fosse pianificato da tempo, con incontri previsti per lunedì e martedì, la Cina ha confermato un solo appuntamento: quello con l’omologo cinese, il Ministro degli Esteri Wang Yi. Per il resto, agenda vuota. Un chiaro segnale di irritazione e, francamente, di irrilevanza.
Il gigante economico trattato da comprimario
Questo “schiaffo” diplomatico è particolarmente rumoroso se si considera il peso della relazione economica tra i due Paesi. La Germania ha investito miliardi in Cina e dipende da Pechino in modo quasi vitale:
- Mercato chiave: La Cina è un mercato di sbocco fondamentale per l’industria tedesca, specialmente per il settore automobilistico.
- Primo fornitore: Pechino è il principale fornitore di merci importate dalla Germania.
- Investimenti: Giganti come BASF e Volkswagen hanno legami profondissimi con la produzione cinese.
Eppure, questa simbiosi economica non si traduce affatto in peso politico. Anzi. Proprio perché Berlino è così dipendente, Pechino sa di poter tirare la corda.
Perché la Cina alza la voce (e sbatte la porta)
L’irritazione cinese non nasce dal nulla. Ci sono almeno due dossier che scottano e su cui la Germania (e l’Europa) sta giocando una partita che Pechino non gradisce:
- La questione Taiwan: Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha criticato apertamente la posizione tedesca. Berlino chiede di “preservare lo status quo” senza però rifiutare esplicitamente l’indipendenza dell’isola. Per Pechino, questo equivale a sostenere le “attività indipendentiste”. Le critiche di Wadephul alla politica “aggressiva” cinese nell’Indo-Pacifico hanno fatto il resto.
- La guerra tecnologica: Le tensioni sui semiconduttori (con il caso dell’acquisizione di Nexperia nei Paesi Bassi) e, soprattutto, la recente decisione cinese di imporre controlli sull’export di tecnologie legate alle terre rare, stanno già colpendo l’industria europea, in primis quella tedesca.
La Cina, in sintesi, sta usando la leva diplomatica per mandare un messaggio economico: se l’Europa (guidata dalla Germania) si accoda agli USA su Taiwan o sulla tecnologia, ne pagherà le conseguenze.
Come prevedibile, Berlino “deplora” lo sviluppo, ma difficilmente andrà oltre. Data la cronica mancanza di spina dorsale della politica estera tedesca quando sono in gioco gli interessi dell’export, è facile scommettere che la Germania, dopo la delusione, troverà il modo di umiliarsi per ricucire i rapporti. Trump, di fronte ad una posizione aggressiva della Cina, ha imposto dazi del 100%, ma Merz non è della stessa stoffa, e si piegherà.
Domande e Risposte (FAQ)
1) Perché la Cina ha reagito in modo così duro proprio con la Germania, suo partner economico chiave?
Proprio perché la Germania è un partner economico chiave, la sua posizione politica è cruciale per Pechino. Snobbando il ministro degli Esteri, la Cina manda un doppio messaggio: primo, che le critiche tedesche su Taiwan o sull’Indo-Pacifico non sono tollerate e avranno conseguenze. Secondo, dimostra alla Germania (e all’UE) che la dipendenza economica di Berlino da Pechino è un’arma che la Cina intende usare. È un modo per ricordare alla Germania chi ha più da perdere da un peggioramento delle relazioni.
2) Quali sono i settori tedeschi più a rischio se le tensioni con Pechino dovessero aumentare?
Il settore più esposto è senza dubbio l’automotive (Volkswagen, BMW, Mercedes), che vede nella Cina il suo più grande mercato singolo. Segue l’industria chimica (come BASF, che ha investimenti enormi in Cina) e quella dei macchinari. Inoltre, l’industria tedesca dipende dalle terre rare e da altri materiali lavorati provenienti dalla Cina: se Pechino dovesse usare la leva delle forniture, come sta già iniziando a fare, la produzione industriale tedesca, già in crisi per i costi energetici, subirebbe un colpo durissimo.
3) Questo episodio dimostra che la strategia “critica” del nuovo governo Merz verso la Cina è fallita?
Dimostra che è estremamente difficile da attuare. Il governo Merz, almeno a parole, intendeva essere più assertivo e meno puramente “mercantilista” di Angela Merkel. Tuttavia, questo schiaffo diplomatico evidenzia i limiti di tale approccio. La Cina sta costringendo Berlino a scegliere tra la difesa dei principi (Taiwan, diritti umani) e la protezione della propria economia. Dato che l’intero modello economico tedesco si basa sull’export, è molto probabile che, al di là delle dichiarazioni formali, la Germania tornerà a un approccio più pragmatico (e sottomesso) per non perdere il treno cinese.








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