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UBS: cataclisma retail, 50 mila negozi chiuderanno negli USA entro il 2026

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Secondo un recente rapporto dell’analista retail di UBS Michael Lasser, negli ultimi 12 mesi sono stati chiusi oltre 2.000 negozi in tutti i settori della vendita al dettaglio USA, e questo è solo l’inizio. “Nel terzo trimestre del 22 (ultimi dati disponibili), i dettaglianti hanno chiuso -1.500 negozi netti. Questo numero è già aumentato in modo significativo nel ’23, con la chiusura recente di negozi del calibro di Bed Bath & Beyond, Foot Locker, Tuesday Morning e altri“, scrivono gli economisti di UBS.

Riteniamo che questa tendenza dovrebbe continuare negli anni a venire, con i consumatori che consolidano i loro spostamentii e si spostano verso i canali online. La chiusura dei negozi al dettaglio meno performanti dovrebbe favorire la produttività dei punti vendita sopravvissuti“, hanno affermato gli autori del rapporto, prevedendo che nei prossimi 5 anni “altri 50.000 negozi chiuderanno sull’attuale base di ~940.000 negozi negli Stati Uniti (esclusi gas e ristorazione)”.

Questo implica semplicemente che ci sarà un -5% di negozi in meno entro la fine del ’27. Riteniamo che questa tendenza avvantaggerà i grandi rivenditori ben capitalizzati  e quelli con differenziazioni uniche E) che potranno conquistare una quantità sproporzionata di quote di mercato“. In altre parole, come nel caso delle banche statunitensi, i grandi operatori diventeranno sempre più grandi, mentre i piccoli scompariranno.

Per mettere tutto ciò in prospettiva, UBS calcola che, supponendo che 50.000 negozi chiudano nei prossimi cinque anni e che le vendite medie per negozio siano di 5,7 mm di dollari, ciò si tradurrebbe in 285 miliardi di dollari di vendite al dettaglio “in palio”.

La buona notizia per i grandi retailer è una cattiva notizia per i piccoli:

  • le catene più piccole e i negozi di famiglia sono i più esposti al rischio di chiusura, dato che queste aziende hanno in genere meno accesso al capitale necessario per investire nello sviluppo di una solida offerta omnicanale. Nel 2020, il 57% dei negozi al dettaglio è gestito da aziende con meno di 20 dipendenti e il 68% dei negozi è gestito da catene con meno di 500 dipendenti. Queste catene più piccole hanno perso 40.000 negozi negli ultimi 10 anni, mentre le catene con più di 500 dipendenti hanno aggiunto 17.000 negozi.
  • La situazione potrebbe anche peggiorare: lo scenario di base ipotizza che la crescita delle vendite al dettaglio continui al 4% annuo, in linea con la tendenza di lungo periodo. Tuttavia, in caso di scenario negativo, il protrarsi della recessione negli Stati Uniti eserciterebbe una pressione al ribasso sulle previsioni di chiusura dei negozi di UBS: se le vendite al dettaglio crescessero solo del 3,0-3,5%, si avrebbero 70.000-90.000 chiusure.

UBS ha evidenziato diversi fattori che stanno portando alla chiusura dei negozi al dettaglio. Tra questi, i costi più elevati, che alzano l’asticella per mantenere i negozi aperti; il calo delle unità per negozio nella maggior parte dei settori della vendita al dettaglio; e la probabilità che le chiusure dei negozi colpiscano in modo sproporzionato le catene più piccole.

Dal 2007 al 2019, le aziende con meno di 500 dipendenti hanno chiuso circa 40.000 negozi, pari al 5% della loro base, mentre i rivenditori con più di 500 dipendenti hanno aggiunto 17.000 negozi. Il costo complessivo delle attività commerciali è aumentato significativamente negli ultimi 12 mesi, in parte a causa dell’aumento dei salari. Secondo gli analisti, le retribuzioni orarie del commercio al dettaglio, che di solito rappresentano la componente più importante dei costi di gestione di un negozio, sono aumentate di circa il 5% negli ultimi anni.

Inoltre, i rivenditori dovranno aumentare la produttività dei negozi del 4,5% all’anno, dato che gli affitti al dettaglio per piede quadrato aumentano per i centri di quartiere e le comunità. “È probabile che questi costi continuino a salire, aumentando il tasso di ostacolo per mantenere i negozi aperti”, ha affermato UBS.

UBS prevede che i grandi magazzini e i dettaglianti specializzati continueranno a chiudere negozi. Mentre i retailer con una forte presenza nei centri commerciali continueranno a chiudere negozi, c’è un tenue lato positivo per i retailer off-price che dovrebbero aumentare le unità.

Queste chiusure avranno delle ricadute economiche e sociali molto forti:

  • il settore degli immobili commerciali vedrà un’ulteriore spinta al ribasso nei valori, con quello che ne conseguen a livello di affidabilità bancaria. Sappiamo quanto i mutui sul CRE pesino nei bilanci delle banche medio-piccole che sono state al centro della recente crisi bancaria USA;
  • le società che gestiscono spazi commerciali come le mall, fenomeno già in crisi negli USA, vedranno assottigliarsi ulteriormente la propria clientela potenziale con la chiusura di punti vendita;
  • la polarizzazione del settore del dettaglio avrà delle conseguenze sociali pesanti, con un’ulteriore indebolimento delle classi medie che economicamente si appoggiano a questo tipo di attività. Avremo più poveri commessi da un lato, e ricchi capitalisti sall’altro. La stabilità sociale ne risentirà ampiamente.

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