Economia
Tutte le crisi aziendali risolte dal ministero del Made in Italy

Al ministero guidato da Adolfo Urso, quello del Made in Italy, sono ancora 34 i tavoli di crisi industriali aperti. Ma quando il nuovo ministro si è insediato a Palazzo Piacentini, sede del ministero del Mimt in via Veneto, i tavoli erano quasi il doppio, 55. Anche se, come ha più volte ribadito il ministro, il numero esatto nemmeno si conosceva, dal momento che solo con lui al ministero è stato avviato quel processo di trasparenza, che prima era sempre mancato da parte dei precedenti ministri, quando si parlava di crisi aziendali.
Non solo grandi realtà industriale come quelle di Ilva o di Stellantis, ma anche realtà più piccole ma inserite strettamente nel contesto territoriale in cui operano, come Beko, La Perla, Diageo, e che sono state risolte brillantemente, con la salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro, e il mantenimento di realtà industriale che sono marchi storici del made in Italy.
Di questo ha parlato il ministro Urso, presente al meeting di Rimini. La prima caratteristica che è emersa con tutta evidenza nelle imprese italiane, “con sorpresa da parte di tanti attori internazionali, è stata la loro resilienza, cioè la capacità di non perdere la speranza: le imprese italiane sono quelle che hanno meglio saputo reagire alla crisi internazionale in atto”. Ha affermato Adolfo Urso, durante il suo intervento al Meeting di Rimini.
Tanti dati “dimostrano che le imprese italiane sono più resilienti e nel contempo hanno saputo evidenziare la principale caratteristica del Paese, la creatività”. Per cui, ha detto ancora, “se devo enucleare alcuni termini che caratterizzano le nostre imprese, resilienza, creatività, quindi identità e innovazione, non perdere mai la speranza”. Urso ha voluto poi rivendicare il ruolo che il suo ministero ha svolto come mediatore dei tanti tavoli di crisi aperti”Tutti i casi di crisi nazionali- ha sottolineato il ministro- che sono giunti al ministero in tre anni sono stati avviati a soluzione positiva senza licenziamenti.
Non c’è stato un caso di licenziamento collettivo ma un accordo, dopo un confronto, talvolta dopo scioperi, sottoscritto dai lavoratori che ci ha permesso di portare a soluzione crisi endemiche del Paese. I licenziamenti collettivi non ci sono più nel vocabolario di questo Paese”, ha aggiunto. Ora, ha spiegato, “la svolta è il patto sociale” con imprese e lavoratori “che ci servirà a caratterizzare al meglio questa seconda parte della legislatura”.
Nei primi tre anni abbiamo garantito coesione dell’azione di governo, unità intenti, coesione, che ci ha permesso di raggiungere risultati importanti”, ha detto ancora Urso. In effetti guardando i freddi numeri, il lavoro svolto dal ministero di Urso si può definire più che soddisfacente: Da Beko a La Perla, da Berco a Diageo, passando per Piombino: sono stati 16 gli accordi di reindustrializzazione o i percorsi strutturati di rilancio produttivo messi a segno nei primi sette mesi del 2025 al ministero delle Imprese e del Made in Italy che hanno portato alla salvaguardia o alla stabilizzazione di circa 11.500 posti di lavoro. Un numero questo non affatto scontato solo pochi mesi fa.
L’ultimo punto realizzato da palazzo Piacentini in ordine di tempo è di poche settimane fa con il gruppo Saxa, azienda italiana attiva nella produzione di piastrelle in gres porcellanato, che ha annunciato la sottoscrizione di un accordo per la vendita al gruppo Dr Automobiles delle attività dello stabilimento di Anagni. E poi c’è il fresco accordo con tutte le parti in causa per la decarbonizzazione dell’Ilva. Un percorso che dovrebbe non solo salvare il più grande polo siderurgico, ma anche renderlo il primo e più grande impianto per la produzione sostenibile di acciao. Un mese fa al Mimit è stata raggiunta l’intesa per i lavoratori del polo siderurgico di Piombino con l’accordo quadro che ha sancito le condizioni per il passaggio della forza lavoro tra Jsw Steel Italy Piombino e Metinvest Adria, assicurando tutele occupazionali e continuità lavorativa a tutti i 1.456 dipendenti coinvolti.
Molto importante anche il colpo messo a segno dal ministero di Adolfo Urso dell’aprile scorso con l’accordo quadro Beko, azienda in crisi da un decennio, per il rilancio e lo sviluppo produttivo degli stabilimenti italiani del gruppo che ha visto coinvolti 4500 lavoratori. E poi il piano di risanamento e rilancio del Gruppo Coin, con la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, 1.300 in totale, grazie anche all’ingresso di Invitalia nel capitale societario. Sempre nel mese di aprile, l’accordo sottoscritto presso il Mimit per il rilancio industriale per Berco, storica azienda italiana con oltre mille dipendenti, specializzata nella produzione di componenti per macchine movimento terra e da costruzione, parte del gruppo tedesco Thyssenkrupp.
Nello specifico, tra gennaio e luglio 2025, il Mimit ha convocato 126 tavoli plenari e condotto 270 incontri tecnici ristretti o istruttori. A oggi, i tavoli attivi a Palazzo Piacentini sono 37, in calo rispetto ai 55 del 2022, con un coinvolgimento complessivo di 33.174 lavoratori, contro gli 80 mila occupati diretti interessati di tre anni fa.

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