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Trump, il “blocco totale” al Venezuela e quel balzo del petrolio: cosa sta succedendo davvero
Tensione alle stelle nei Caraibi: 11 navi USA e minacce di blocco totale fanno saltare il greggio del 3%. Ma con l’export di Caracas sotto l’1% globale e l’inverno alle porte, l’impatto reale potrebbe essere limitato.

La geopolitica torna prepotentemente a gamba tesa sui mercati energetici. In un crescendo di tensioni che sembra uscito da un manuale di strategia degli anni ’80, l’amministrazione Trump ha deciso di alzare la posta in gioco contro Caracas. L’annuncio di un “blocco” a tutte le petroliere sanzionate in entrata e uscita dal Venezuela ha provocato l’immediata reazione nervosa dei mercati, con il prezzo del greggio che ha registrato un rimbalzo tecnico significativo. Anche perché il blocco si è ampliato alle non sanzionate. e ormai siamo a tre, con la Bella 1, anch’essa fermata dagli USA perché avrebbe dovuto caricare nel paese Sud Americano.
Tuttavia, prima di correre ai ripari o temere il peggio alla pompa di benzina, è necessario analizzare i numeri reali di questa crisi, separando la retorica dalla sostanza economica.
La mossa di Washington e la risposta di Maduro
La situazione si è scaldata quando le forze statunitensi hanno fermato una seconda nave mercantile al largo delle coste venezuelane. Trump, fedele al suo stile comunicativo diretto, ha minacciato sui social un blocco navale totale, parlando della “più grande Armada mai assemblata nella storia del Sud America” per circondare il paese. Attualmente, gli Stati Uniti schierano 11 navi da guerra nei Caraibi: una presenza muscolare, la più imponente da decenni, ma tecnicamente insufficiente per sigillare ermeticamente una costa vasta come quella venezuelana senza che ciò costituisca una dichiarazione di guerra formale.
La risposta di Nicolás Maduro non si è fatta attendere. Con la consueta retorica bolivariana, ha sfidato la minaccia affermando che il commercio continuerà, rivendicando la sovranità sulle risorse naturali del paese. Anzi ha promesso di far scortare le petroliere.
La reazione dei mercati: paura o speculazione?
L’effetto sui listini è stato immediato. Il West Texas Intermediate (WTI), il riferimento per il greggio americano, è salito di circa il 3%, attestandosi intorno ai 56,50 dollari al barile.
Per comprendere questo movimento, bisogna guardare al contesto precedente:
- Fino a martedì, il petrolio era ai minimi dal 2021.
- Il calo era dovuto a una crescita economica globale rallentata (con conseguente domanda debole) e a un eccesso di offerta.
- Il sentimento di mercato era fortemente ribassista (“bearish”).
La minaccia di blocco ha scosso questo torpore, fungendo da catalizzatore per un rimbalzo. Gli analisti, tuttavia, invitano alla cautela. Christopher Tang della UCLA definisce la reazione del mercato “instintiva” (knee-jerk reaction). Se lo stallo dovesse perdurare, i prezzi potrebbero spingersi verso i 65-70 dollari, ma difficilmente toccheranno quota 100 dollari al barile, dato che i fondamentali macroeconomici restano deboli.
I numeri reali del petrolio venezuelano
Per capire l’impatto reale sull’offerta globale, è utile osservare i dati forniti da Kpler e riassunti nella seguente tabella:
| Dato | Valore | Note |
| Export Venezuela | ~749.000 barili/giorno | Media di quest’anno |
| Quota globale | < 1% | Incidenza minima sull’offerta mondiale |
| Destinazione | Cina (oltre il 50%) | Gran parte dell’export finisce a Pechino |
| Mercato | “Mercato nero” | Molto petrolio è già fuori dai circuiti ufficiali |
Essendo il Venezuela responsabile di meno dell’1% dell’offerta globale, e operando già in un regime di semi-clandestinità per aggirare le sanzioni, un blocco parziale non sconvolge l’equilibrio fisico del mercato, ma agisce solo sulla percezione del rischio.
Cosa cambia per i consumatori?
La domanda che tutti si pongono riguarda il prezzo della benzina. È vero che il greggio è il componente principale del costo del carburante, ma ci sono fattori stagionali che giocano a favore dei consumatori:
- Stagionalità: Siamo in inverno, periodo in cui la domanda di benzina cala fisiologicamente.
- Prezzi attuali: i prezzi internazionali sono stabili e sotto la media degli ultimi tre mesi un po’ in tutto il mondo, per l’abbondante domanda.
Gli esperti, come il professor Timothy Fitzgerald dell’Università del Tennessee, suggeriscono che l’impatto sui prezzi al dettaglio, per i consumatori, sarà molto limitato. Il Venezuela era già fuori dalle normali logiche di mercato, produceva meno di un milione di barili al giorno, meno di un quarto di quelli dell’Iraq, per fare un esempio, e ora meno della Guyana. Anche se fosse tagliato fuori completamente dal mercato non vi sarebbero degli shock enormi.
Inoltre il grosso del petrolio “Non ufficiale” era diretto in Cina, paese con enormi riserve cumulate nei mesi scorsi. Quindi si può dire con una certa sicurezza che il blocco navale non avrà, almeno nel breve periodo, grossi effetti sul prezzo del petrolio.
Domande e risposte
Il blocco navale americano è un atto di guerra totale?
Non formalmente, anche se la retorica è molto aggressiva. Trump parla di “blocco”, ma tecnicamente attuare un blocco navale completo richiederebbe risorse immense e costituirebbe un atto di guerra secondo il diritto internazionale. Attualmente ci sono 11 navi da guerra usa nell’area: sufficienti per creare forti pressioni e intercettare navi specifiche, ma non bastano per sigillare ogni chilometro di costa venezuelana.3 Si tratta più di una strategia di massima pressione (“maximum pressure”) per strangolare economicamente il regime di Maduro piuttosto che di un’invasione imminente.
Perché il prezzo del petrolio sale se c’è poca domanda?
I mercati finanziari, e in particolare quelli delle materie prime, non si muovono solo sui dati attuali, ma sulle aspettative future e sull’incertezza. Fino a ieri il mercato “prezzava” una crescita globale lenta e abbondanza di petrolio. L’improvvisa tensione geopolitica introduce un “premio al rischio”: gli operatori comprano ora temendo che l’offerta possa ridursi in futuro. È una reazione psicologica e speculativa a breve termine che interrompe il trend ribassista, anche se i consumi reali non sono aumentati.
Dobbiamo aspettarci forti rincari benzina in Italia e Europa?
Nell’immediato è improbabile vedere stangate significative legate esclusivamente a questo evento. Il Venezuela rappresenta meno dell’1% dell’offerta globale e il mercato è ben fornito. Inoltre, la stagione invernale riduce la domanda di carburanti per autotrazione. Tuttavia, il mercato petrolifero è globale: se il WTI sale, spesso trascina con sé anche il Brent (il riferimento europeo). Se la tensione non rientra entro la primavera, potremmo vedere qualche centesimo in più alla pompa,, ma per ora i fondamentali economici (recessione/stagnazione) spingono i prezzi verso il basso.









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