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Trump Alza la Voce: “NATO, basta petrolio russo!”. Turchia, Ungheria e Slovacchia ascolteranno?

Trump chiede lo stop totale al petrolio russo, ma mezza NATO si oppone. Ecco chi sono i Paesi che, per non restare al freddo, preferiscono continuare a fare affari con Mosca, svelando le crepe dell’Alleanza.

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Donald Trump, con il suo stile diretto e senza fronzoli, torna a scuotere gli equilibri geopolitici. Attraverso un post su Truth Social,  il Presidente USA ha lanciato un messaggio forte e chiaro: i paesi NATO devono smettere di acquistare petrolio russo se vogliono che Washington inasprisca le sanzioni contro Mosca. Una dichiarazione che suona come un ultimatum, ma che si scontra con una realtà economica e politica piuttosto complessa.

La richiesta, infatti, non è rivolta a tutti, ma colpisce dritto al cuore degli interessi di tre membri specifici dell’Alleanza: Turchia, Ungheria e Slovacchia. Sono loro gli unici, attualmente, a importare greggio da Mosca. E se per Budapest e Bratislava si tratta di una dipendenza storica, per Ankara è soprattutto un affare colossale.

Il nodo turco: il grande affare sul greggio scontato

La Turchia non è un importatore qualsiasi. Secondo i dati del Center for Research on Energy and Clean Air (CREA), è il terzo acquirente mondiale di petrolio russo. Il motivo? Semplice, quasi banale: il prezzo. “La Turchia compra petrolio russo principalmente perché è fortemente scontato”, spiega l’analista Petras Kanitas.

Ma il vantaggio per Ankara non finisce qui. Il paese guidato da Erdoğan ha messo in piedi un meccanismo tanto semplice quanto redditizio:

  • Acquista greggio russo a basso costo.
  • Lo raffina nei suoi impianti.
  • Rivende i prodotti derivati, come benzina e diesel, al resto d’Europa, che invece ha imposto sanzioni dirette.

Un gioco di sponda che fa bene alle casse turche e che rende la minaccia di Trump un vero rompicapo. Perdere un fornitore così vantaggioso sarebbe un colpo durissimo per l’economia turca, con alcune raffinerie che dipendono dalla Russia per il 90% del loro greggio. Un cambio di rotta non potrebbe avvenire dall’oggi al domani.

Oleodotto Druzbha

L’asse dell’Est: la dipendenza dalla “Druzhba”

Se per la Turchia è convenienza, per Ungheria e Slovacchia la questione è più strutturale. Entrambi i paesi hanno sempre giustificato le loro importazioni con la dipendenza dall’oleodotto Druzhba (“Amicizia”, un nome che oggi suona quasi ironico). Il primo ministro ungherese Viktor Orbán e quello slovacco Robert Fico hanno più volte ribadito che senza quel flusso, l’approvvigionamento energetico nazionale sarebbe a rischio.

Eppure, gli analisti smontano in parte questa narrazione. Esiste un’alternativa concreta: l’oleodotto Adria, che passa per la Croazia. “La diversificazione non è un problema tecnico insormontabile, ma una questione di volontà politica ed economica”, ha affermato Tamas Pletser, analista di Erste Bank. Certo, il carburante diventerebbe più caro, ma non ci sarebbe penuria.

Il caso della Repubblica Ceca, che è riuscita a liberarsi completamente dal petrolio russo, dimostra che, volendo, si può fare. Ma qui entra in gioco la politica: i noti buoni rapporti tra Trump e Orbán potrebbero portare a una sorta di “esenzione” per l’amico ungherese.

Non solo petrolio: dazi fino al 100% sulla Cina?

La sfuriata di Trump non si è fermata al petrolio. Nel suo post ha anche esortato i paesi NATO a considerare dazi dal 50% al 100% sulla Cina, per punirla del suo sostegno alla macchina da guerra russa. Una proposta che, se possibile, è ancora più difficile da realizzare.

L’Europa, già alle prese con le tensioni commerciali con Washington, ha un disperato bisogno di mantenere aperti i canali con Pechino. Imbarcarsi in una guerra commerciale totale con il gigante asiatico è un lusso che nessuno, a Bruxelles come nelle altre capitali europee, può permettersi. Pechino, dal canto suo, ha già fatto sapere che risponderebbe con “decise contromisure”.

Alla fine, la grande dichiarazione di Trump potrebbe ridursi a ciò che molti analisti sospettano: non tanto una nuova strategia dell’Alleanza, quanto una serie di conversazioni private che “Mr. Trump dovrà avere con i suoi amici Orbán, Fico ed Erdoğan”. Un gioco di pressioni personali, più che un cambio di rotta strategico.

Petroliera russa

Petroliera russa

Domande e Risposte

1) Qual è il nucleo centrale della proposta di Trump e chi sono i destinatari principali?

La proposta di Donald Trump è un ultimatum ai paesi membri della NATO: cessare completamente l’importazione di petrolio russo. L’obiettivo è tagliare una delle principali fonti di reddito per il Cremlino, costringendolo a negoziare la fine della guerra in Ucraina. Sebbene la richiesta sia rivolta a tutta l’Alleanza, i destinatari diretti e unici sono i tre paesi che ancora acquistano greggio da Mosca: la Turchia, che ne è il terzo importatore globale per convenienza economica, e l’Ungheria e la Slovacchia, che dichiarano una forte dipendenza strutturale dall’oleodotto Druzhba.

2) Perché questa notizia è importante per gli equilibri geopolitici ed economici?

La notizia è cruciale perché mette in tensione la coesione interna della NATO, contrapponendo la linea dura degli Stati Uniti agli interessi economici nazionali di alcuni suoi membri chiave. Sul piano economico, un eventuale stop forzato alle importazioni turche, ungheresi e slovacche potrebbe far salire i prezzi dell’energia in quei paesi e costringere la Russia a svendere ulteriormente il suo petrolio ad altri acquirenti, come India e Cina, alterando i flussi commerciali globali. È un test sulla reale capacità di influenza di Washington sui suoi alleati quando si toccano interessi economici vitali.

3) Quali potrebbero essere le ricadute concrete se Turchia, Ungheria e Slovacchia accettassero la richiesta?

Per i tre paesi, le ricadute sarebbero immediate. Affronterebbero un aumento dei costi energetici, dovendo cercare fornitori alternativi a prezzi di mercato, senza più lo sconto russo. La Turchia perderebbe anche i profitti derivanti dalla raffinazione e rivendita di prodotti petroliferi all’Europa. Per la Russia, sarebbe un colpo significativo, costringendola a trovare nuovi sbocchi per il suo greggio e probabilmente a concedere sconti ancora maggiori. Per l’Ucraina, rappresenterebbe una vittoria diplomatica e un indebolimento economico del suo avversario. Per la NATO, sarebbe una dimostrazione di unità, seppur ottenuta con forti pressioni.

E tu cosa ne pensi?

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