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Energia

Trump apre alle trivellazioni in Alaska: via libera a petrolio e gas in un’area quasi grande come il il Nord Italia

L’amministrazione Trump abolisce le restrizioni dell’era Biden, aprendo 23 milioni di acri in Alaska a nuove trivellazioni di petrolio e gas. Una mossa strategica per il “dominio energetico” che favorisce grandi compagnie e mira a nuovi investimenti infrastrutturali.

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L’amministrazione Trump ha formalmente abolito una serie di ordini amministrativi che imponevano nuove limitazioni allo sviluppo di petrolio e gas nella Riserva petrolifera nazionale dell’Alaska (NPR-A), ha dichiarato lunedì il Dipartimento degli Interni, aprendo la strada a una nuova ondata di trivellazioni in un’area di oltre 23 milioni di acri, 93.000 km quadrati, poco meno del Nord Italia, che misura 120.000 km,

Si tratta dell’ultima mossa nella strategia aggressiva di Trump per il dominio energetico e di un’inversione di rotta rispetto agli sforzi dell’era Biden per escludere circa 10,6 milioni di acri dalla futura concessione in leasing.

Al centro della mossa c’è un cambiamento di potere: togliere il potere discrezionale dalle mani dei regolatori e dei pianificatori ambientali e rimetterlo nelle mani dell’industria. Il Dipartimento degli Interni afferma che le politiche revocate, due emanate a gennaio e una a luglio 2024, erano prive di fondamento giuridico, ignoravano le voci locali e minavano lo scopo fondamentale della NPR-A, che il Congresso aveva designato come riserva energetica strategica nazionale quasi un secolo fa.

Il segretario degli Interni Doug Burgum ha definito l’approccio dell’amministrazione Biden “un ostacolo alla produzione”, aggiungendo che la nuova misura allinea le politiche del BLM alla missione originaria della riserva. La revoca soddisfa anche l’Ordine Esecutivo 14153 e l’Ordine del Segretario 3422, due pietre miliari dell’iniziativa di Trump “Unleashing Alaska’s Extraordinary Resource Potential” (Liberare lo straordinario potenziale delle risorse dell’Alaska).

Il ripristino della politica ha implicazioni immediate per le grandi compagnie petrolifere come ConocoPhillips, che sta portando avanti il suo progetto Willow da 600 milioni di barili, che dovrebbe entrare in funzione nel 2029. Segnala inoltre ad altri operatori, come Santos Ltd., Repsol e Armstrong Oil & Gas, che l’Alaska è nuovamente aperta agli affari.

La Trans – Alaska Pipeline, l’infrastruttura necessario allo sviluppo di Alaska LNG

Il team di Trump sta gettando le basi per uno sfruttamento più ampio delle risorse. Uno che non solo aumenterà la produzione di petrolio nell’Artico, ma potenzialmente raddoppierà la portata dell’oleodotto Trans-Alaska e getterà le basi per un progetto di esportazione di GNL dall’Alaska a lungo ricercato.

Le recenti visite dell’amministrazione a Prudhoe Bay con funzionari commerciali asiatici lasciano intravedere un’ambizione molto più grande: garantire investimenti stranieri per nuove infrastrutture che finalmente monetizzerebbero il gas intrappolato dell’Alaska.

Gli ambientalisti stanno già lanciando l’allarme per questo passo indietro. Ma la Casa Bianca vede un’opportunità: barili, BTU e miliardi di dollari in progetti a lungo rinviati, che, tra l’altro, dovrebbero essere pagati da altri operatori, soprattutto giapponesi, taiwanesi e sud-coreani.  Questa volta non aspetteranno il consenso di nessuno.


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