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Tripoli: tensione alle stelle dopo l’assassinio di Abdel Ghani, leader del clan al-Kikli

Assassinato Abdel Ghani al-Kikli “Gheniwa”, capo della milizia SSA, a Tripoli. L’evento scatena violenti scontri in città mentre ambasciate, parlamento e ONU chiedono calma, ma siamo a una situazione vicina alla guerra civile

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La tensione sale a Tripoli dopo l’assassinio del capo miliziano Abdel Ghani al-Kikli, noto come “Gheniwa”, leader dell’Apparato di Supporto alla Stabilità (Ssa). Secondo quanto riportato dai media libici, al-Kikli è stato ucciso nel campo militare Tekbali, situato a sud della capitale, un evento che ha rapidamente innescato scontri armati in diverse aree della città. L’uccisione di una figura così prominente nel panorama delle milizie libiche rischia di destabilizzare ulteriormente il fragile equilibrio della Libia.

Abdel Ghani al-Kikli era una figura controversa e temuta nell’ovest della Libia. Secondo il profilo tracciato da Refugees in Libya, Gheniwa era accusato da diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, di gravi violazioni, tra cui torture, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali. La sua recente apparizione in Italia con un visto Schengen rilasciato da Malta aveva sollevato indignazione, considerando le gravi accuse a suo carico che potrebbero configurarsi come crimini contro l’umanità.

Subito dopo la diffusione della notizia della morte di Gheniwa, residenti di Ain Zara hanno testimoniato di aver udito intensi colpi di arma da fuoco nei pressi del quartier generale della 444a Brigata di combattimento, affiliata alla regione militare di Tripoli. La situazione è degenerata rapidamente, con resoconti che parlano di scontri intensi in diverse zone della capitale, tanto che gli ospedali sono stati posti in stato di allerta d’emergenza.

Fonti della sicurezza libica hanno indicato la predisposizione di piani per evacuare gli aerei civili dall’aeroporto internazionale di Mitiga a Tripoli, trasferendoli all’aeroporto di Misurata, una misura precauzionale volta a prevenire potenziali rischi per la sicurezza. Il Ministero dell’Interno libico ha esortato i cittadini di Tripoli a rimanere nelle proprie abitazioni in seguito alle crescenti tensioni. Esistono immagini dai Social media che confermano questa misura

La comunità internazionale e le istituzioni libiche hanno reagito con preoccupazione all’escalation. L’ambasciata americana a Tripoli ha lanciato un appello alla calma, sottolineando la necessità di moderazione in un momento di crescente tensione. Anche il fronte politico libico ha espresso forte preoccupazione.

Un gruppo di tredici Membri del Parlamento libico ha rilasciato una dichiarazione congiunta mettendo in guardia contro l’escalation militare e il suo impatto devastante sulla vita dei civili e sulla stabilità nazionale. I parlamentari hanno descritto Tripoli come un campo di battaglia per gruppi armati allineati a fazioni politiche rivali, sottolineando come gli scontri mettano a repentaglio la vita dei residenti, destabilizzino la capitale e ostacolino ogni sforzo verso la formazione di un governo unificato capace di porre fine ad anni di divisioni istituzionali.

Hanno condannato l’ingresso di ulteriori rinforzi armati in città e lo scoppio di violenti scontri, avvertendo che tali sviluppi segnalano il crollo degli attuali sforzi di consenso politico e rappresentano una seria minaccia per il fragile tessuto sociale della Libia. Hanno infine chiesto la formazione immediata di un governo nazionale competente e inclusivo e hanno esortato tutte le fazioni a cessare immediatamente la violenza e a rispettare gli impegni presi nell’ambito dell’accordo del Comitato Militare Congiunto 5+5, in particolare la rimozione di tutte le formazioni armate dalla capitale.

Anche le Nazioni Unite hanno invitato tutte le parti alla calma e alla de-escalation, riconoscendo la gravità della situazione e il rischio di un’ulteriore spirale di violenza in un paese già provato da anni di conflitto. L’assassinio di Abdel Ghani al-Kikli e gli scontri che ne sono seguiti rappresentano un serio setback per gli sforzi volti a stabilizzare la Libia e a costruire un futuro di pace per i suoi cittadini.

Poco più di due settimane fa era stato ucciso nella sua abitazione il brigadiere generale Ali Ramadan al-Rayani,, altro segno della grande tensione, a livello di semi-guerra civile, che cta vivendo il paese. .


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