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Tra razzi e retorica: il conflitto Israele-Iran (di Bepi Pezzulli)

Dopo l’alleanza Israele-Sunniti, è finalmente giunto il giorno del giudizio per l’Iran?

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Il popolo d’Israele dimorerà solo e non sarà contato tra le nazioni.”
(Numeri 23:9)

Lo Shabbat Tazria 5784 dovrà essere inciso negli annali futuri come il momento cruciale che riplasma la storia recente del Medio Oriente.

In questo fatidico giorno, la lunga guerra fredda tra Israele e Iran è esplosa in un confronto militare diretto, quando, per la prima volta dalla Rivoluzione Islamica del 1979 e dall’istituzione della Repubblica Islamica dell’Iran, Teheran ha lanciato un’azione militare sotto la propria bandiera contro il territorio israeliano.

Simultaneamente, il conflitto arabo-israeliano ha raggiunto il suo epilogo nel momento in cui una nuova alleanza strategicasi è rivelata in pubblico. Israele e i suoi vicini sunniti (Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Giordania), a lungo in contrasto nel passato, hanno svelato una convergenzapolitica meticolosamente coltivata, portando alla luce un’alleanza regionale che era stata a lungo costruita dietro le quinte. Questo sviluppo rivela l’esistenza di un fronte unificato Israelo-sunnita contro il comune avversario sciita, e mostra la determinazione di Israele e dei suoi alleati arabi di abbattere il regime teocratico dell’Iran, una volta per tutte, e, così facendo, smascherare l’inganno palestinese.

Preludio

Il 1° aprile, Israele ha colpito l’Iran in Siria, bombardando un edificio nel quartiere di Mezzeh a Damasco. Sebbene la struttura fosse adiacente al consolato iraniano, la stessa non faceva parte della rappresentanza diplomatica né godeva di immunità o extraterritorialità. L’operazione ha causato la morte di sette alti funzionari dei Pasdaran (il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane), tra cui il Brig.Gen. Mohammad Reza Zahedi, comandante in capo della Forza Quds, l’unità dei Pasdaran responsabile delle operazioni militari extraterritoriali e clandestine, insieme al suo secondo in comando, Mohammad Hadi Hajriahimi. Zahedi era un obiettivo di notevole importanza per Israele, soprattutto dopo la morte del Brig.Gen. QasemSoleimani, colpito su ordine del Presidente Donald J.  Trump in un attacco con droni USA il 3 gennaio 2020 a Baghdad, Iraq. Come comandante della Forza Quds che supervisiona Libano e Siria, Zahedi agiva da ufficiale di collegamento tra Teheran e le sue proxy locali: Hezbollah, LiwaFatemiyoun e LiwaZainebiyoun. Con l’attacco a Damasco, Israele ha mostrato di poter colpire obiettivi apparentemente inespugnabili come i rifugi segreti dell’intelligence iraniana all’estero. In risposta, l’Ambasciatore iraniano in Siria Hossein Akbari ha emesso prontamente un duro avvertimento: “La risposta [dell’Iran] sarà severa”.

 

La Risposta Iraniana

La sera del 13 aprile, è arrivata l’attesa risposta dell’Iran. L’Ayatollah Alì Khamenei ha oltrepassato una linea rossa finora mai valicata con un attacco diretto contro Israele. Impiegando una combinazione di droni e missili, l’Iran ha lanciato un’offensiva su larga scala. I sistemi di difesa aerea di Israele hanno intercettato oltre il 99% dei più di 300 attacchi provenienti dal territorio iraniano. Nonostante le prime descrizioni da parte di alcuni media occidentali che classificavano l’assalto come meramente simbolico e dimostrativo, ilV.Amm.Daniel Hagari, portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), ha rivelato l’ampiezza dell’attacco, spiegando: “L’Iran ha dispiegato 170 droni, tutti neutralizzati prima di entrare nello spazio aereo israeliano. Inoltre, 30 missili da crociera non sono riusciti a superare le difese israeliane, con 25 intercettati e 5 caduti fuori bersaglio; 120 missili balistici sono stati abbattuti, mentre 3 sono riusciti a sfuggire all’intercettazione, impattando vicino alla base aerea di Nevatim nel sud di Israele”. Hagari ha anche osservato: “Alcuni droni e missili sono stati lanciati dall’Iraq e dallo Yemen ma non sono riusciti a violare lo spazio aereo israeliano”. L’offensiva si è conclusa il 14 aprile, senza danni al territorio israeliano, ma la stessa situazione sarebbe stata indifendibile per qualsiasi nazione europea, ad eccezione del Regno Unito.

 

La Difesa Aerea di Israele

Il sistema di difesa aerea di Israele è una formidabile combinazione di competenza umana e tecnologia d’avanguardia.

Al suo nucleo si trova l’Iron Dome, una rete composta da almeno 10 batterie di fuoco posizionate strategicamente in tutto Israele. Ogni batteria dell’Iron Domesi avvale di un sofisticato sistema radar in grado di rilevare rapidamente i razzi in arrivo. Una volta identificata la minaccia, un apparato di comando e controllo ne valuta il livello, determinando se l’attacco in arrivo mette a rischio le aree popolate. Se la situazione richiede un intervento, l’Iron Dome scatena i suoi missili terra-aria, distruggendo la minaccia in volo con precisione millimetrica.

La seconda linea dell’architettura di difesa missilistica di Israele è il David’s Sling, un’arma antimissile sviluppata in joint-venture dalla Rafael Advanced Defence System di Israele e dal gigante aerospaziale USA Raytheon. Operando ad altezze superiori, il David’s Sling protegge contro minacce a corto e medio raggio. Impiegando intercettori cinetici hit-to-kill come lo Stunner e lo SkyCeptor, il David’s Sling neutralizza bersagli fino a300 chilometri di distanza, come riportato dal Missile Threat Project presso il Center for International and Strategic Studies di Tel Aviv.

Al vertice della gerarchia difensiva ci sono i sistemi Arrow 2 e Arrow 3, sviluppati in stretta collaborazione con gli USA. L’Arrow 2, con le sue testate a frammentazione, si specializza nell’intercettare i missili balistici in arrivo durante la fase terminale, mentre si dirigono verso i loro bersagli quando raggiungono l’atmosfera. Con un raggio di 90 chilometri e un’altitudine di 50 chilometri, rappresenta un significativo miglioramento rispetto ai precedenti sistemi di difesa missilistica Patriot. Parallelamente, l’Arrow 3attiva la tecnologia hit-to-kill, intercettando i missili balistici mentre attraversano lo spazio, molto prima che rientrino nell’atmosfera sul loro percorso distruttivo.

La Middle East Air Defense (MEAD)

Ancora più importante il fatto che l’attacco iraniano abbia significato l’impiego inaugurale della Middle East Air Defense (MEAD). La trasformazione del conflitto nel Medio Oriente è evidente con l’emergere della MEAD. Questa coalizione, che unisce gli USA, Israele e partner arabi, segna un profondo cambiamento nelle dinamiche di difesa regionali ed esemplifica la Mediorientalizzazione di Israele, una politica lungamente perseguita da Benjamin Netanyahu. Come osservato da Tal Schneider nel Times of Israel, Israele ha pazientemente costruito questa nuova realtà, consapevole dell’imperativo strategico di difesa collaborativa per inserire Israele nel mosaico del Medio Oriente e renderlo parte integrante della sicurezza regionale.

La genesi di MEAD deriva dalle discussioni tenute durante il Vertice del Negev, svoltosi il 27-28 marzo 2022 a SdeBoker, in Israele, dove i ministri degli esteri di Israele, USA, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco e Egitto hanno deliberato sulla prospettiva di un sistema di difesa aerea congiunto. Questa iniziativa ha guadagnato ulteriore slancio attraverso i colloqui in corso tra gli USA e l’Arabia Saudita, mirati a far aderire Riyadh agli Accordi di Abramo e a promuovere relazioni diplomatiche normalizzate Israelo-saudite.

L’efficacia della coalizione è stata dimostrata nell’intercettazione dei droni iraniani da parte degli F-35 israeliani, una missione facilitata da intelligence e dati in tempo reale elaborati da Arabia Saudita eEgitto e ricognizioni involo effettuate dalla forza aerea giordana. Il ruolo attivo di attori regionali chiave come Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto in MEAD e l’integrazione di queste nazioni in un’architettura di difesa unificata segna un cambiamento di paradigma nelle dinamiche della sicurezza regionale.

Inoltre, la prospettiva che Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti considerino l’acquisizione di sistemi di difesa aerea di fabbricazione israeliana rappresenta un passo significativo verso l’operazionalizzazione di MEAD. Sistemi come il Barak 8, il Barak ER e il Rafael Spyder dell’Israel Aerospace Industry, progettati per intercettare missili da crociera, promettono di rafforzare una alleanza strategica duratura sotto la guida di Israele.

In sostanza, MEAD simboleggia una convergenza storica di interessi e capacità, che supera le tradizionali divisioni geopolitiche per il miglioramento della sicurezza regionale. Questa alleanza strategica Israelo-araba contro l’Iran è un momento cruciale nell’evoluzione del Medio Oriente.

 

L’Attacco all’Iran e le deliberazioni sulla rappresaglia

L’Iran ha esortato Israele ad astenersi dal rispondere al suo attacco diretto con droni e missili, citandolo come una risposta giustificata e obbligatoria alla incursione contro il consolato di Damasco. “La questione può essere considerata risolta,” ha dichiarato la Missione dell’Iran alle Nazioni Unite. Tuttavia, l’Ambasciatore iraniano SaedIravani ha avvertito: “Se il regime israeliano ripetesse le sue trasgressioni, la risposta sarebbe significativamente più dura,” sottolineando questo punto in una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza ONU e al Segretario Generale Antonio Guterres, affermando il diritto dell’Iran alla autodifesa ai sensi dell’Articolo 51 della Carta ONU. “Ho detto al Primo Ministro Netanyahu che Israele ha dimostrato una notevole capacità di difendersi e sconfiggere anche attacchi senza precedenti – inviando un chiaro messaggio ai suoi nemici che non possono minacciare efficacemente la sicurezza di Israele,” ha detto il Presidente USAJoseph R. Biden in una dichiarazione. Secondo le rivelazioni del Washington Post, “Hai ottenuto una vittoria. Prendila,” Biden ha anche detto a Netanyahu in privato, ribadendo al Primo Ministro israeliano che “gli USA non sosterranno alcun contrattacco israeliano contro l’Iran.”

Il gabinetto di guerra israeliano, non impressionato dall’ammonimento del POTUS, ha annunciato che ci sarebbe stata una “risposta militare,” con metodi e tempistiche da determinare dalla leadership israeliana. Israele ha anche richiesto “tutte le sanzioni possibili” contro l’Iran dalle Nazioni Unite. “Se Israele intraprendesse una nuova azione contro l’Iran, affronterebbe certamente una risposta molto più forte,” ha avvertito il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian.

Israele ha finalmente agito il 18 aprile. “[La risposta] era probabilmente intesa sia come misura di rappresaglia sia come messaggio diavvertimento,” ha detto il Mag.Gen.Mark MacCarley citato da CNN. “Israele deve mantenere la sua vigilanza” nel caso l’Iran decida di rispondere con un altro show di forza, ha avvertito il veterano di guerra. Mirando alla provincia iraniana di Isfahan – sede di significative installazioni nucleari – Israele stava probabilmente avvertendo che poteva facilmente sopraffare le difese dell’Iran, penetrare in Iran indisturbato e colpire chirurgicamente, ha suggerito MacCarley.

Contrariamente alla narrazione dei media occidentali, sono stati il Capo di Stato Maggiore dell’IDF Gen. Hertzi Halevi e gli ex generali nel gabinetto – il Ministro della Difesa Yoav Gallant e i ministri Benjamin Gantz e GadiEizenkot – a spingere per una risposta. Secondo le rivelazioni di Axios, Netanyahu e Aryeh Deri, leader del partito ultra-ortodosso Shas, sono stati più cauti sulla posizione verso l’Iran, ma alla fine hanno ceduto ai generali.

 

Un conflitto dalle radici profonde

L’animosità tra Iran e Israele è profondamente radicata, in decenni di manovre geopolitiche e lotte di potere regionali. Questa guerra fredda trova espressione attraverso le proxy iraniane nella regione, con Hamas a Gaza, Hezbollah nel Libano, gli Houthi nello Yemen e Hashd al-Shaabi in Iraq che servono come strumenti fondamentali del calcolo strategico dell’Iran contro Israele. La retorica dell’Iran include spesso appelli alla distruzione di Israele, sottolineando un confronto ideologico di lunga data. Dopo l’attacco del 13 aprile, i Pasdaran hanno giustificato le loro azioni come risposta alle ingiustizie commesse dal “malvagio regime sionista,” citando incidenti come l’attacco al consolato a Damasco e l’uccisione di personale militare iraniano. Gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le azioni di Israele, dagli attacchi mirati in Libano alla interruzione dei flussi di armi tra Iraq e Siria, sottolineano i suoi sforzi per contrastare l’influenza iraniana e il sostegno alle proxy regionali. Pertanto, mentre l’attacco a Damasco potrebbe aver catalizzato la risposta dell’Iran, il contesto rivela tutti gli elementi del complesso confronto strategico che ha scatenato il conflitto in corso.

 

Le prossime mosse

Nelle prossime settimane, Israele dovrà persistere nei suoi sforzi per indebolire le capacità militari dell’Iran, in cooperazione con i suoi partner arabi. Tra le varie opzioni strategiche disponibili, una è la possibilità di attacchi mirati alle installazioni nucleari dell’Iran. Sebbene una mossa del genere possa interrompere il programma nucleare dell’Iran, potenzialmente ostacolando il suo progresso verso l’acquisizione di armi nucleari, i rischi intrinseci di tali attacchi non possono essere sottovalutati, poiché potrebbero innescare un conflitto regionale più ampio e alimentare reazioni internazionali. In alternativa, Israele potrebbe optare per un approccio più clandestino, sfruttando la guerra informatica come mezzo di rappresaglia. Con un track record di sofisticati attacchi informatici  contro l’infrastruttura nucleare dell’Iran, Israele potrebbe impiegare questa tattica per infliggere danni significativi a Teheran mantenendo al contempo una negazione plausibile. Questa strategia occulta offre il vantaggio di minimizzare il rischio di escalation mentre esercita pressioni sull’Iran. Infine, Israele potrebbe intensificare le sue azioni militari contro le proxy iraniane in Siria e Libano, degradando così l’influenza dell’Iran nella regione senza impegnarsi direttamente in un conflitto contro gli Ayatollah. Questa strategia di guerra per procura si allinea con la politica di lunga data di Israele di contrastare l’aggressione iraniana evitando il confronto diretto.

In ogni caso, l’escalation è ora un fatto acquisito. “L’Iran è un problema globale e regionale non solo una minaccia per Israele,” ha dichiarato Gantz. “Per questo motivo, il mondo dovrebbe intraprendere azioni militari contro Teheran e imporre sanzioni per fermare la sua aggressione.” La determinazione di Israele metterà ulteriormente sotto pressione le relazioni con la Casa Bianca mentre Biden affronta una rielezione molto problematica a novembre. In un editoriale per Atlantico Quotidiano, Federico Punzi accusa il Presidente USA di essere il punto debole nella situazione attuale. “Teheran sta costringendo gli USA ad accettare una nuova normalità che include non solo i lanci quotidiani di razzi da parte di Hezbollah, dei ribelli Houthi nel Mar Rosso e altre fazioni dell’Asse della Resistenza in Siria e Iraq, ma anche un attacco diretto iraniano.” Secondo Punzi, “questo non è solo inaccettabile ma estremamente pericoloso.” In tal misura è eroso il deterrente USA che il regime iraniano, subito dopo aver ignorato il patetico “don’t” di Biden, ha prontamente tracciato la sua linea rossa, avvertendo Israele di non reagire. “Quando Biden dice ‘don’t,’ non farlo, è proprio in quel momento che [i nemici degli USA] decidono di farlo,” ha osservato Gerard Baker nel Wall Street Journal, “Se continuiamo a blandire anziché dissuadere i nostri avversari, Pechino, Mosca, Pyongyang e ora Teheran continueranno ad avanzare finché non sarà troppo tardi.”

In un editoriale per L’Informale, Niram Ferretti, un analista di Medio Oriente, è ancora più severo, “la guerra di Gaza è in stallo solo perché è convenuto [a Biden] assicurarsi che il suo esito rimanga incerto.” Ma – afferma Ferretti –”il futuro di Israele, che si tratti dell’Iran o di Gaza, non può essere soggetto a una rielezione nella Casa Bianca.”

Cioè, si può cambiare cavallo durante il guado.


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