Analisi e studi
Toghe sporche: un regolamento tra bande (di P. BECCHI e G. PALMA su Libero del 6 luglio 2019)
Articolo a firma di Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA su Libero di ieri, 6 luglio 2019:
Riccardo Fuzio, procuratore generale presso la Corte di Cassazione, finito anche lui nel vortice dell’inchiesta di Perugia, ha chiesto un incontro con il Presidente della Repubblica. Voleva chiedere a Mattarella il da farsi dopo che l’Associazione Nazionale Magistrati – unitamente alla sua corrente (Unicost) – ne aveva chiesto un passo indietro come senso di responsabilità istituzionale. Dopo l’incontro Fuzio ha deciso di lasciare la magistratura e andare in pensione. Fuori un altro.
Non si può negare che lo scandalo che ha investito il CSM e l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, abbia le sembianze di un regolamento tra bande interne alla magistratura.
Tutto ha avuto inizio con il presunto intervento di Palamara relativo alla nomina di alcune procure rimaste vacanti, tra cui la scelta del successore di Giuseppe Pignatone alla Procura di Roma. Un affare di cui si sarebbe interessato il braccio destro di Matteo Renzi, Luca Lotti, visto che è proprio la Procura di Roma ad avere in mano il caso Consip.
Il Presidente della Repubblica Mattarella, che per Costituzione presiede il CSM, si è presto adoperato per chiedere un rimpasto dell’organo di autogoverno dei giudici, in modo tale che non se ne parli più e tutto finisca come un batuffolo di polvere sotto il tappeto.
Nel frattempo i consiglieri dimissionari Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Luigi Spina e Gianluigi Morlini sono tornati in ruolo presso gli uffici giudiziari come magistrati ordinari. Al momento sono subentrati in seno al CSM Paola Braggion (Magistratura Indipendente) nella sezione disciplinare, mentre si è in attesa dell’ufficializzazione dell’ingresso di Ilaria Pepe e Giuseppe Marra (Autonomia e Indipendenza). Resta nel limbo il consigliere Paolo Criscuoli, autosospesosi ma non dimissionario. Per i posti di Lepre e Spina il Presidente Mattarella ha indetto elezioni suppletive che si terranno agli inizi di ottobre. Nessuno scioglimento quindi, ma solo un semplice rimpasto.
La cosa lascia perplessi. Qui non si tratta di qualche mariuolo impegnato a sistemare i fatti suoi, bensì di un sistema tentacolare, capace di minare le basi stesse del sistema democratico. L’impressione che si ha è quella di un regolamento di conti tra bande rivali, fazioni diverse che si contendono il potere all’interno dell’ordine giudiziario. Da un lato la corrente che fa capo a Piercamillo D’Avigo, “Autonomia e Indipendenza”, dall’altro “Magistratura Indipendente”, la corrente di destra che nel 2015 accusò il colpo di alcuni fuoriusciti che andarono a formare proprio con D’Avigo “Autonomia e Indipendenza”. Insomma, nemici giurati. In mezzo “Magistratura Democratica”, la potentissima corrente di sinistra, la più politicizzata, uscita pesantemente sconfitta alle elezioni del 2018 per la composizione del CSM ma che vorrebbe tornare alle glorie di un tempo. Non è da meno “Unicost”, la corrente di Luca Palamara e Riccardo Fuzio, che è quella a risultare perdente dal regolamento di conti in atto. E’ probabile che alla fine la spunti la corrente di D’Avigo (Autonomia e Indipendenza), che si candida così a diventare quella con maggiore influenza. Insomma, perde la fazione togata vicina a Renzi e vince quella contigua a Zingaretti. Questo il risultato del regolamento di conti.
Ma il problema è più profondo. La magistratura italiana attraversa, ormai da diversi decenni, una crisi di credibilità che ne compromette ogni giorno l’autorevolezza. Da ultimo la liberazione della Capitana tedesca che ha speronato una motovedetta della guardia di finanza e violato tutte le norme italiane e di diritto internazionale. Il tutto nel silenzio del Capo dello Stato.
Già, il Capo dello Stato. Mattarella ha smentito l’intercettazione in cui Lotti avrebbe rassicurato gli interlocutori di aver parlato col Presidente della Repubblica, ma siamo proprio sicuri che tutte le intercettazioni siano state rese pubbliche? Non è che c’è dell’altro? Non sarebbe il caso che Mattarella fugasse ogni dubbio con un comunicato più articolato? Non vorremmo che finisse come con Napolitano, quando furono distrutte le intercettazioni tra lui e l’ex ministro Nicola Mancino registrate nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.
Ancora più assordante il silenzio dei membri laici in seno al CSM, il cui ruolo sostanziale è quello di controllare che l’autogoverno dei giudici non si trasformi in auto-protezione ed impunità della magistratura. Nelle intenzioni dei Padri Costituenti, infatti, vi era la necessità di subordinare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ad un sistema di contrappesi rappresentato – in questo caso – da membri laici eletti dal Parlamento. Ma trattandosi di guerra tra bande, i “laici” stanno a guardare in attesa di decidere da che parte schierarsi, che poi sarà quella dei vincitori. E’ difficile sottrarsi alla spartizione della torta quando si è già seduti al tavolo delle nozze.
Per fortuna la stragrande maggioranza dei giudici italiani svolge con correttezza il proprio dovere e soprattutto non fa politica. Ma le mele non ammuffiscono solo col tempo, basta un verme che le divori dall’interno per renderle marce. A quel punto non è sufficiente tagliare la parte della mela ammuffita, conviene buttarla via tutta. Ma in questo caso il Presidente della Repubblica, che avrebbe potuto chiedere lo scioglimento del CSM e indire nuove elezioni generali, ha preferito tenersi la mela marcia tagliando la sola parte erosa dall’interno. Peccato.
Noi restiamo dell’idea che il CSM debba essere abolito (serve sul punto una riforma costituzionale), con una parallela riforma della giustizia che preveda anzitutto la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, in modo da evitare la continua commistione di indicibili interessi. Non è più accettabile che la magistratura continui ad auto-proteggersi in un organo capace solo di garantire qualsiasi impunità. In gioco non c’è soltanto la credibilità dell’ordine giudiziario, ma la tenuta dell’ordinamento democratico.
Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA su Libero di ieri, 6 luglio 2019
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“Europa, quo vadis? La sfida sovranista alle elezioni europee“, di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, prefazione di Antonio Maria Rinaldi, Paesi edizioni: https://www.amazon.it/Europa-vadis-sovranista-elezioni-europee/dp/8885939104/ref=mp_s_a_1_1?keywords=europa+quo+vadis&qid=1560620131&s=gateway&sprefix=Europa+quo+vadis&sr=8-1
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