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THERESA MAY NON PUO’ PIU’ PERMETTERSI DI BLUFFARE QUANDO PARLA DI HARD BREXIT

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Si avvicina il redde rationem per il Brexit: la UE ha raggiunto un accordo per un protocollo di base comune, e questo non piace al Primo Ministro inglese May.

Parliamoci chiaro: Bruxelles ha fatto un buon lavoro riuscendo ad ottenere l’unanimità. Del resto quando c’è da chiedere un ricco riscatto è difficile che i rapitori litighino fra loro. La  richiesta varia fra i 40 ed i 60 miliardi di euro, cioè la cifra, al netto dei contributi in senso contrario, che il Regno Unito avrebbe dovuto versare per i budget europei sino al 2020, e questo alla faccia di chi dice che il Regno Unito riceveva soldi dalla UE. Per l’Unione non è un problema secondario: attualmente i paesi contributori netti sono pochi e l’acquiescenza del’est è comprata a suon di contributi. Se sparisce la fetta che veniva versata dal Regno Unito o si rivede tutto, riducendolo, oppure si aumenta il carico sulle spalle di Germania, Italia e Francia. Ecco che potete comprendere facilmente come sia stato facile raggiungere, in questa fase, l’unanimità dei 27, dato che bisognava presentare il conto della spesa.

Alla quantità dei soldi richiesti si accompagna un secondo problema: il malloppo deve essere sganciato prima della conclusione degli accordi sul libero mercato. Una conditio sine qua non per avere un accordo di partecipazione sul mercato unico e questi sono solo i temi principali, ignorando aspetti tutt’altro che secondari quali: i diritti dei cittadini comunitari nel Regno Unito e il problema dell’Irlanda del Nord e dei suoi rapporti con l’Irlanda indipendente.

Insomma la prospettiva di un’uscita concordata si allontana sempre più. Theresa May si trova di fronte ad un bivio piuttosto chiaro: o paga o si prepara ad un Brexit Hard, non concordato, dove gli accordi fra i due blocchi saranno regolati, almeno in una fase iniziale, solo dagli accordi internazionali come il WTO  e l’OCSE. Una soluzione non facile dal punto di vista diplomatico che spiega anche la necessità della May di vedere confermata la propria autorevolezza da una tornata elettorale. Se il Regno Unito rifiuta un accordo complessivo con al UE si apre però la via ad una serie di trattative bilaterali nelle quali Londra ha molte frecce al proprio arco: ad esempio la Germania non può permettere di veder punito eccessivamente il proprio export e l’Italia ha 600 mila concittadini che sono emigrati in Inghilterra. Queste istanze, ora rimaste in secondo piano, non potranno restarci nel caso Londra rifiuti l’accordo con Bruxelles.

Insomma, siamo alle prime schermaglie diplomatiche e c’è una lunga strada ancora da fare. Da un lato la May non tratterà prima delle sue elezioni ed in Europa ci saranno diversi importanti tornate elettorali da qui al 2018. Vedremo cosa succederà

 

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