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Svolta Migranti: L’Europa adotta il “Modello Italia”. Lista Paesi Sicuri e Hub esterni, ecco cosa realmente cambia 

Bruxelles capitola sulla linea Meloni: via libera agli Hub esterni e stretta sui rimpatri. Ma c’è l’accordo con la Germania sui “dublinanti”.

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Era nell’aria, ma ora è nero su bianco. Il Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’Unione Europea, in questo dicembre 2025, ha deciso di compiere una vera e propria inversione a U. Dimenticate le esitazioni, le lezioni di morale e i “non si può fare” che per anni hanno ingessato Bruxelles: il Modello Italia è diventato, sostanzialmente, legge europea.

Quella che per l’esecutivo Meloni e il Ministro Piantedosi è una vittoria politica innegabile, per l’architettura dell’Unione rappresenta un cambio di paradigma. Si passa dalla gestione dell’accoglienza alla gestione dei respingimenti. Ma attenzione, come sempre accade nei corridoi di Bruxelles, il diavolo si nasconde nei dettagli e nei compromessi. Analizziamo i testi approvati per capire cosa cambia per le nostre frontiere e, soprattutto, per i nostri tribunali.

I tre pilastri della nuova fortezza Europa

L‘accordo raggiunto dai 27 Ministri degli Interni smantella la discrezionalità che ha spesso paralizzato i rimpatri. Ecco i punti salienti, schematizzati per chiarezza:

  • Lista Europea dei Paesi Sicuri (Vincolante) Finisce l’era del “fai da te” giudiziario. Fino a ieri, un giudice di Catania o Roma poteva disapplicare la lista nazionale dei Paesi sicuri; oggi è l’Europa a fornire l’elenco.

    • I Paesi: Bangladesh, Egitto, Colombia, India, Kosovo, Marocco e Tunisia.

    • La novità: Viene introdotto il principio di flessibilità. Un Paese è “sicuro” anche se ha problemi localizzati in alcune aree. Cade il dogma della “sicurezza assoluta”, permettendo di processare rapidamente le domande di chi proviene da nazioni che, statisticamente, generano la gran parte dei flussi economici verso l’Italia.

  • Hub di Ritorno in Paesi Terzi È la legittimazione formale del Protocollo Albania. L’UE autorizza la creazione di centri off-shore per il trattenimento e l’esame delle domande d’asilo. Gjader e Shëngjin non sono più un’anomalia italiana, ma il prototipo del nuovo standard comunitario per bloccare i migranti prima che mettano radici nel continente. Del resto molti paesi europei erano pronti a seguire l’esempio.

  • Stop ai ricorsi sospensivi Questa è forse la norma più tecnica ma devastante per l’immigrazione illegale. Il ricorso contro l’espulsione non blocca più automaticamente il rimpatrio. Chi vede respinta la propria domanda potrà essere trattenuto o rimpatriato anche mentre aspetta il verdetto d’appello. Si chiude il rubinetto dei ricorsi strumentali usati per guadagnare tempo, e questo farà male a molti avvocati che avevano fatto di questo strumento mestiere.

Una vittoria politica (e la sconfitta dei “No Borders”)

Bisogna ammetterlo: l’Italia ha dettato la linea. L’approccio che solo un anno fa veniva guardato con sospetto da Parigi e Berlino, oggi è condiviso. Ursula von der Leyen parla di “sicurezza e responsabilità”, mentre l’isolamento delle frange più radicali della sinistra europea e del premier ungherese Orban (per motivi opposti) certifica che il baricentro dell’Unione si è spostato sulle posizioni di Roma.

La narrazione dell’accoglienza diffusa, cara alle ONG e a certa sinistra, è stata archiviata come un pull factor (fattore di attrazione). Se oltre il 50% dei migranti sbarcati nel 2025 proviene da Paesi ora “bollinati” come sicuri (Bangladesh ed Egitto in testa), il sistema di asilo viene liberato da una mole immensa di pratiche inutili. Inoltre, il nuovo Provvedimento di rimpatrio europeo (ERO) impedisce il “turismo dell’asilo”: se l’Italia ti espelle, sei espulso da tutta l’UE.

Il rovescio della medaglia: il “conto” tedesco

Tutto bene dunque? Calma. In Europa non si ottiene nulla senza dare qualcosa in cambio. Il prezzo di questa svolta si chiama “Dublino” e movimenti secondari. La Germania ha ottenuto quello che voleva: il rientro dei cosiddetti “dublinanti”. Parliamo di quei migranti che, sbarcati in Italia, si sono poi spostati al Nord. L’intesa prevede che Roma (e Atene) si facciano carico di riaccoglierli, con procedure che potrebbero partire da giugno 2026. Piantedosi sostiene che l’Italia compensa questo onere con il suo nuovo ruolo di “controllore efficace” delle frontiere esterne, ma resta un dato di fatto: dovremo gestire il rientro di chi era già “scappato” verso la Germania. Comunque, a questo punto, chi sbarca in Italia può scordarsi di poter andare in Germania.

Un quadro ancora parziale

Siamo di fronte a una svolta storica. L’Europa ha scelto la deterrenza e l’esternalizzazione. L’Italia ha fornito il manuale d’istruzioni, ma non era isolata: ad esempio la Danimarca aveva già implementato una normativa simile e molto dura verso i migranti irregolari. Ora la palla passa dall’aula legislativa alla logistica: fare i rimpatri costa e richiede accordi bilaterali solidi. Ma per la prima volta, i giudici avranno meno margini per interpretazioni creative e il governo avrà gli strumenti giuridici che chiedeva.

Immagine illustrativa

Domande e risposte

I giudici italiani potranno ancora bloccare i rimpatri verso l’Egitto o il Bangladesh? Sarà molto più difficile. Con l’adozione di una lista europea vincolante dei Paesi sicuri, viene meno la discrezionalità del magistrato nazionale nel disapplicare la norma interna. La certificazione di sicurezza arriva direttamente da Bruxelles, rendendo giuridicamente debole l’opposizione basata su interpretazioni locali.

Cosa succede ai migranti che sono riusciti ad arrivare in Germania passando dall’Italia? In base al compromesso raggiunto, dovranno tornare in Italia. La Germania ha ottenuto l’applicazione rigida delle regole sui movimenti secondari (“dublinanti”). Questo significa che l’Italia, come Paese di primo approdo, dovrà riaccogliere e gestire le procedure di chi si è spostato irregolarmente verso nord.

Il modello Albania verrà replicato altrove? Il nuovo regolamento lo permette esplicitamente. Gli Stati membri possono ora istituire “Hub di ritorno” in Paesi terzi. È probabile che altri governi europei cerchino accordi simili a quello italo-albanese con nazioni africane o dell’Est Europa per esternalizzare la gestione delle domande d’asilo e i rimpatri.

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