Economia
Svizzera in Scacco: Dazi USA al 39% colpiscono la Federazione, ma il vero dramma è un altro
L’amministrazione USA impone dazi senza precedenti alla Svizzera per colpire l’enorme surplus commerciale. Tuttavia, la misura rischia di essere inefficace: gran parte dell’export (oro e farmaci) non viene scalfita. L’analisi di una crisi paradossale e di una possibile, audace via d’uscita.

La Svizzera è entrata in una fase storica e drammatica delle sue relazioni commerciali. Negli ultimi giorni, è diventata la nazione occidentale più colpita dai dazi statunitensi, con un’aliquota record del 39%. Una cifra sbalorditiva, più che doppia rispetto al 15% imposto all’Unione Europea e quasi quadrupla in confronto al 10% del Regno Unito.
Alla radice di questa misura senza precedenti ci sono due fattori principali: il fallimento dei negoziati diretti tra Berna e Washington e l’enorme surplus commerciale che la Svizzera vanta nei confronti degli Stati Uniti. Le cifre del 2024 parlano chiaro: l’attivo commerciale elvetico ha raggiunto la cifra di 38.5 miliardi di dollari, a fronte di esportazioni statunitensi verso la federazione per soli 25 miliardi. Questa discrepanza ha scatenato la reazione dell’amministrazione Trump, che il governo elvetico non è riuscito a mitigare.
Tuttavia, il vero paradosso di questa guerra commerciale è che i dazi al 39% potrebbero rivelarsi sorprendentemente inefficaci nel ridurre il surplus. Il motivo risiede nella peculiare composizione delle esportazioni svizzere verso gli USA, dominate da tre categorie di prodotti: oro, farmaci e orologi.
L’oro, sotto forma di lingotti o monete, è esente da dazi commerciali all’importazione negli Stati Uniti; deve essere solamente dichiarato a livello finanziario. Il settore farmaceutico, pur essendo al centro di un’altra dura trattativa sui prezzi, coinvolge l’intera industria globale e non solo le aziende svizzere, rendendo i dazi specifici meno incisivi.
Di conseguenza, le tariffe punitive andranno a colpire principalmente due settori: gli orologi di lusso e il cuore dell’industria manifatturiera svizzera, la meccanica di precisione. Per i beni di lusso come gli orologi, l’impatto potrebbe essere limitato, dato che la clientela di riferimento è meno sensibile alle variazioni di prezzo. Il vero danno lo subirà quindi l’export industriale “tradizionale”.
Il problema, sia per Washington che per Berna, è che i dazi difficilmente scalfiranno il surplus commerciale. Anzi, in un clima di crescente incertezza economica, la domanda di oro come bene rifugio potrebbe addirittura aumentare, gonfiando ulteriormente l’attivo svizzero.
Per risolvere questo stallo, la Svizzera potrebbe avere una sola, audace via d’uscita: Vietare le esportazioni dirette d’oro destinate agli USA e deviarle , facendole transitare attraverso un paese terzo, come la Germania o meglio la Francia, in deficit commerciale. Sebbene questa triangolazione comporterebbe un leggero aumento dei costi, permetterebbe di “scaricare” su un altro partner commerciale l’onere di un surplus che, in termini di valore aggiunto reale per l’economia svizzera, è relativamente modesto. Questo sanerebbe gran parte del deficit di Washington, rendendo più semplice la conclusione di un trattato su basi più equilibrate.
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