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Sud, pubblica amministrazione e giustizia: tre nodi irrisolti di cui nessuno parla. Dai partiti: zero proposte di Pietro De Sarlo

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Nel 2011 l’Italia attraversò uno dei momenti più drammatici della propria storia. Lo spread volava verso il 6% e sembrava inarrestabile, i partiti politici erano annichiliti e ammutoliti dalla propria insipienza e incapacità di individuare rimedi e soluzioni, l’Europa mostrava un volto feroce e inumano e la troika bussava con insistenza alle nostre porte. In questo contesto il Paese si affidò alle cure di Monti e della Fornero.

In quel momento la democrazia in Italia fu sospesa e mai nella storia delle democrazie occidentali ci fu un potere così assoluto e fuori da ogni controllo democratico. Il governo Monti durò circa un anno e mezzo, in questo periodo di tempo approfittò del potere enorme ottenuto per fare sostanzialmente due cose: la riforma Fornero e la tassazione sullo stazionamento delle barche da diporto. Quando finì il governo, a fronte di una ventina di milioni di nuove imposte, il settore della nautica e del turismo nautico entrò in una crisi profonda da cui solo ora inizia a riemergere e la vita cambiò per tanti aspiranti pensionati, tanti giovani in attesa di una lettera di assunzione e per tanti esodati senza più né stipendio né pensione. Quando il governo Monti chiuse i battenti lo spread sfiorava i 3 punti. Non so se gli italiani ci abbiano guadagnato, ma uno di sicuro si: Mario Monti, che accettò insieme all’incarico la nomina a senatore a vita, prebende incluse.

Tutti i liberal-rigoristi e tutti quelli che pensano che dall’angoscia di quei giorni si sia usciti grazie alla riforma Fornero possono anche evitare di continuare a leggere questo articolo e perdere tempo. Il radicamento dei loro giudizi e pregiudizi è talmente elevato che se io scrivessi per loro perderei, come chi vuol lavare la testa all’asino, l’acqua e il sapone. Purtroppo è anche elevata la loro influenza su governi, partiti e stampa.

Io invece ringrazio i sovranisti che alzarono la voce. I burocrati di Bruxelles hanno sentito tremare le loro ricche poltrone, a Berlino se la sono fatta addosso e nel 2015 san Mario Draghi poté così varare il suo quantitative easing. Tutte le mattine quando mi faccio la barba lo ringrazio insieme a tutti quei risparmiatori e quelle istituzioni (banche, assicurazioni, fondi pensione e casse di previdenza, fondazioni, ecc. ) che senza troppi proclami hanno comperato BOT e CCT sostenendo il nostro debito.
La campagna elettorale avanza e la scadenza del 2019, quando Draghi lascerà la BCE, si avvicina. Tutto a posto?

La Germania ha una incidenza di occupati sulla popolazione in età da lavoro del 74,4%, contro il 57% dell’Italia. In altri termini in Italia abbiamo circa 7 milioni di occupati in meno rispetto alla Germania.
Questo gap di 7 milioni è distribuito in misura non omogenea sul territorio nazionale. Il 57%, di media, diventa il 65% circa al nord, il 62 al centro e il 43,5% al sud. Il conteggio per il Sud pesa per più di 4 milioni di occupati in meno.
Se è vero che con i “se e con i ma” la storia, e neanche l’economia, “si fa” annoto soltanto che se avessimo la stessa incidenza di occupati della Germania e se ipotizzassimo una correlazione diretta PIL occupati avremmo un PIL superiore del 30% di quello attuale. Conseguenza: fine di ogni problema sul deficit e sul debito.
Tutto questo, a mio modo di vedere, dimostra quale sia il vero problema del Paese: il livello di occupazione drammaticamente basso e, soprattutto, il mancato sviluppo del Sud che dopo quasi 160 anni dall’Unità di Italia rimane lì, anche se, anche in questa campagna elettorale, nessuno ne parla.

Forse perché tutto ciò si è risolto con il Job Act? Con gli 80 euro? Oppure perché si pensa di risolverlo con il reddito di cittadinanza o con quello di inclusione? Oppure con la flat tax? Pensate che staremo meglio con una crescita dell’1% o del 2% del PIL? Oppure pensate che la soluzione sia in un allungamento dell’età pensionabile?
Sempre per confrontarci con l’economia più forte che c’è oggi in Europa e per dare una misura semplice e intuitiva del gap che c’è tra l’Italia e questa economia, rilevo che in Germania ci sono 36 Km di autostrade ogni mille kmq di superficie. In Italia 23! Al nord ovest la densità di autostrade è simile a quella tedesca con 34 km su mille kmq, al nord est 25, al centro 20 e al sud 17.
E’ possibile che il sud si sviluppi con questo gap? E’ giustificabile l’irritazione del nord est nei confronti dello stato centrale? Al centro Italia sono contenti?

Ci sono molti paesi in Italia e nel mondo che hanno un ordinale nel nome. Settimo Torinese, Settimo Milanese, Quarto Oggiaro e Quarto Miglio, Quinto Stampi solo per fare degli esempi. Questi paesi nacquero intorno alle stazioni di cambio dei cavalli situati a sette, quattro o cinque miglia da Torino, Milano o Roma. Non sono nati prima i paesi e poi le strade! Spero che ai liberal – rigoristi il concetto sia chiaro. Nella storia dell’umanità lo sviluppo economico e sociale c’è sempre stato dove c’erano le vie di commercio e il massimo splendore del Mediterraneo è avvenuto quando le vie di commercio tra l’estremo oriente e l’occidente passavano dal Mediterraneo oppure, in epoca romana, quando il Mediterraneo era al centro di tutti i traffici.
Ci sono oggi delle vie di commercio che andrebbero sviluppate e potenziate per cogliere opportunità nel commercio mondiale?

Non so più quante volte ho scritto e parlato delle nuove vie della seta che, unicamente per insipienza di tutti i governi che si sono succeduti dal 2009 a oggi e quindi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, passano oggi ovunque tranne che in Italia. Perché parlo del 2009? Perché nel 2009 i cinesi arrivarono in Italia e ci proposero di fare di Taranto il terminale dei commerci con la Cina di tutto quello che passava da Suez. Solo degli stupidi non capiscono il potenziale di Taranto, un potenziale che avrebbe potuto invertire la storia di gran parte del sud Italia. Mal contati parliamo di un paio di milioni di posti di lavoro veri nello sviluppo della logistica integrata e delle relative infrastrutture. Pensate solo a cosa passa oggi nel distretto portuale di Rotterdam – Anversa che dà da vivere a due stati: Belgio e Olanda e a buona parte della Germania. Peccato che Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni insieme a De Filippo e Pittella (governatori lucani del periodo) e Vendola e Emiliano (governatori pugliesi) li abbiano fatti scappare al Pireo tanta è stata l’inazione e il perdere tempo intorno agli psicodrammi del PD e a tutte le riforme inessenziali, se non dannose, come il Job Act e gli ottanta euro. Nel mentre si è proceduto al raddoppio del canale di Suez.

Qualcuno obietterà che per fare infrastrutture mancano i quattrini. Quanto si è speso con gli ottanta euro? Vogliamo lasciare gli ottanta euro nelle tasche delle persone? Bene. Ma abbiamo 70 miliardi di euro di fondi europei inutilizzati o utilizzati in minima parte e solo per fare clientele. 70 miliardi di euro di risorse pubbliche sono in grado di muovere altri 70 miliardi di risorse private e altri settanta miliardi di finanziamenti bancari. Ci sono montagne di quattrini, oltre a tutta la liquidità che c’è in giro e che non sa dove orientarsi. C’è un intero mondo che vorrebbe investire nell’economia reale e non sa come e dove farlo! Allora quale è il punto?
La pubblica amministrazione in Italia ha più o meno la stessa incidenza di addetti in rapporto alla popolazione della Germania. Il punto è però che mentre in Germania solo il 20% dei pubblici dipendenti ha più di 55 anni da noi questa percentuale sale al 50,3%. Sarebbe troppo lungo esporre i motivi di tale differenza che risalgono agli anni dell’esplosione del debito pubblico della fine degli anni 70 e i primi degli anni 80, ma questa incidenza diversa mostra nel modo più evidente possibile la inadeguatezza culturale e strutturale del pubblico impiego. C’è in questo anche una opportunità. Lo svecchiamento della pubblica amministrazione e l’inserimento di forze nuove e con skill finalizzati alla modernizzazione degli apparati anticipando il pensionamento dei dipendenti pubblici che non ricoprono ruoli chiave. Una vera scossa al sistema e opportunità di lavoro per i giovani. Qui occorre spiegare però ai liberal-rigoristi che, tenendo conto di una pensione pari al 75% dell’ultima retribuzione e che i neo assunti hanno mediamente una retribuzione pari al 60% di chi è a fine carriera, si potrebbe assumere un giovane per ogni due dipendenti pubblici mandati anticipatamente in pensione con una guadagno netto per i conti pubblici.

Non solo ma sarebbe una occasione per ridistribuire le risorse non rimpiazzando quelle che non servono. Ma si sa i liberal rigoristi ragionano per capitoli di spesa e urlerebbero all’aumento insensato della spesa pensionistica … lasciamo perdere!

Un altro fattore che limita la capacità di spesa in Italia è l’eccessivo affollamento delle aule di giustizia. Calamandrei nel 1921 scriveva un prezioso saggio: “Troppi avvocati”. In Italia abbiamo 4 avvocati ogni mille abitanti. Ci batte solo la Spagna che ne ha 5. La Germania ne ha 2, il Regno Unito 3 e la Francia 1. Nel mezzogiorno del Bel Paese sono 7.
Una truppa considerevole di questi risiede in parlamento e promulga leggi atte a fare ricorsi, a qualsiasi autorità, denunce e querele e a ritardare ogni causa e dibattimento. Se pensate che sia agevole concludere in tempi ragionevoli un bando di gara, un recupero crediti, una controversia con il fisco o qualsiasi altra cosa non vi è chiaro uno dei motivi principali per cui le aziende estere hanno difficoltà a investire in Italia. Se pensate che sia semplice fare l’amministratore pubblico senza incappare in qualche violazione di legge allora non potete capire perché la politica sia così mal frequentata e perché, chi ci tiene al proprio nome, scappa dalla politica. Si è messi in croce e nel tritacarne mediatico indifferentemente e in modo indifferenziato per aver rubato miliardi e per ave dimenticato una triplice copia o un bollo in un atto pubblico. Avanti tutta a chi non ha nulla da perdere e a chi ha nulla da offrire. Vale per tutti i partiti e per tutti gli schieramenti.

A mio modo di vedere la campagna elettorale dovrebbe servire per discutere come risolvere i nodi strutturali che impediscono al Paese di crescere. A mio modo di vedere tre di questi nodi sono la carenza di infrastrutture utili allo sviluppo, la scarsa qualità della PA e un sistema giudiziario che blocca il Paese. In aggiunta a questo andrebbe fatta qualche riflessione sulla disuguaglianza nelle opportunità e del lavoro invece che del reddito. Ancora una volta si confonde la causa con l’effetto. L’elevato debito pubblico è l’effetto del mancato sviluppo, non la causa. Dall’introduzione dell’euro a oggi il PIL cumulato del Regno Unito è cresciuto del 30%, il nostro sostanzialmente 0. Decenni di politiche liberal rigoriste hanno avuto l’unico effetto di far peggiorare i conti pubblici e di far andare il Paese verso il baratro diffondendo nei governi l’illusoria convinzione che tagliando spese e pensioni si costruisca un futuro migliore, che la macelleria sociale mettesse a posto le cose. Il danno più grave fatto dai liberal rigoristi è che hanno distolto l’attenzione dai veri nodi strutturali che impediscono lo sviluppo del Paese. Le disuguaglianze sociali a loro volta sono la conseguenza e non la causa della mancanza di opportunità e di lavoro. Occorrerebbero politiche per ridistribuire il lavoro perché è inconcepibile avere buchi generazionali nell’occupazione, vedi P.A., che si generano con la visione che una società possa prosperare tenendo inchiodata alcune generazioni al lavoro dai 14 fino ai 67 anni e per 40 ore settimanali e intere generazioni fuori per sempre dal mercato del lavoro. E’ vero che l’abbassamento dell’età pensionabile non genera nuovi posti di lavoro ma li ridistribuisce più equamente nella società e tra le generazioni.

Nei modelli macroeconomici 1000 euro in tasca ai sessantenni pesa nello stesso modo di quelli nelle tasche dei trentenni e un posto di lavoro pesa nello stesso modo se è precario o garantito ma la realtà è molto diversa. Un giovane con un posto ragionevolmente certo investe sul futuro, mette su famiglia e compra casa e muove i consumi. Un precario sotto pagato spende il salario per sopravvivere e un anziano mette sotto il materasso la pensione per far fronte alle minacce dei liberal – rigoristi che vogliono togliergliela e prepararsi al peggio.
Invece che di tutto questo vogliamo parlare di come distribuire una ricchezza che non siamo in grado di produrre? Di tagli alla spesa? Di Job act? Di flat tax? Di assistenza clientelare e umiliante?
Prepariamoci il 2019 è vicino e abbiamo poco tempo prima che finisca il Q.E. di Draghi. Continuiamo con gli psicodrammi della sinistra e le proposte elettorali dei partiti. Siamo prossimi a rivivere lo stesso incubo del 2011 e i liberal – rigoristi si stanno preparando e a volte ritornano.

Pietro De Sarlo


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