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Stelle Oscure: Il JWST potrebbe aver riscritto la storia dell’universo primordiale

Il Telescopio Spaziale James Webb potrebbe aver individuato le prime “stelle oscure” dell’universo, giganti cosmici alimentati non da fusione nucleare ma da materia oscura, che potrebbero finalmente risolvere il mistero dei buchi neri supermassic

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Il telescopio spaziale James Webb (JWST) non smette di regalarci sorprese che mettono in discussione le nostre certezze sull’universo. L’ultima è di quelle che potrebbero costringere a riscrivere i primi capitoli della storia cosmica. Immaginate le prime luci dell’universo, circa 300 milioni di anni dopo il Big Bang: secondo i modelli standard, dovremmo vedere le prime stelle, alimentate dalla fusione nucleare. E se invece alcuni di quegli oggetti luminosissimi non fossero affatto stelle normali?

Un team di ricercatori guidato da Cosmin Ilie della Colgate University, in collaborazione con Katherine Freese dell’Università del Texas ad Austin, ha pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista PNAS che avanza un’ipotesi affascinante: potremmo aver scoperto le prime “Stelle Oscure”.

Non si tratta di oggetti invisibili, anzi. Sono corpi celesti teorizzati da tempo, ma mai osservati: giganti gassosi composti principalmente da idrogeno ed elio, ma la cui energia non proverrebbe dalla fusione nucleare, bensì dall’annichilazione della materia oscura al loro interno. La materia oscura, questa grande e sfuggente componente dell’universo, potrebbe finalmente aver trovato un ruolo più… “attivo” del semplice esistere e pesare.

Cosa sono le Stelle Oscure e perché sono importanti?

Secondo la teoria, sviluppata originariamente dalla stessa Freese nel 2008, queste stelle sarebbero oggetti colossali, “gonfi” e straordinariamente luminosi. Una stella oscura supermassiccia potrebbe avere una massa un milione di volte superiore a quella del nostro Sole ed essere luminosa quanto un’intera galassia primordiale.

Questa caratteristica le renderebbe candidate perfette per risolvere due dei più grandi grattacapi dell’astronomia moderna, emersi proprio grazie alle osservazioni del JWST:

  • Il problema delle galassie “troppo” luminose: Il JWST ha individuato galassie estremamente brillanti e compatte a distanze enormi, quando l’universo era ancora un neonato. La loro esistenza è difficile da spiegare con i modelli attuali, che richiederebbero un’efficienza di conversione del gas in stelle incredibilmente alta. Se alcuni di questi oggetti fossero in realtà singole stelle oscure, il puzzle si risolverebbe elegantemente.
  • Il mistero dei buchi neri supermassicci: Osserviamo buchi neri con masse di miliardi di soli in un’epoca in cui, secondo la logica, non avrebbero avuto il tempo materiale per crescere così tanto partendo dai “semi” lasciati dalle stelle convenzionali. Una stella oscura, una volta esaurito il suo combustibile di materia oscura, collasserebbe direttamente in un buco nero di massa intermedia o addirittura supermassiccia, fornendo i “semi pesanti” necessari per spiegare la rapida crescita di questi mostri cosmici.

Le prove: indizi promettenti ma non definitivi

I ricercatori hanno analizzato i dati spettroscopici di quattro oggetti estremamente distanti, tra cui JADES-GS-z14-0, osservato quando l’universo aveva appena 300 milioni di anni. Questo è stato possibile perché l’oggetto è incredibilmente lontano e la sua luce ha quasi impiegato l’età dell’universo per arrivare a noi. L’analisi ha rivelato che le loro caratteristiche sono compatibili con il modello di una stella oscura supermassiccia.

Il vero colpo di scena, la potenziale “pistola fumante”, sarebbe una specifica firma spettrale: una linea di assorbimento dell’elio ionizzato () alla lunghezza d’onda di 1640 Ångström. Ebbene, proprio nello spettro di JADES-GS-z14-0 è stata individuata una debole traccia di questa firma. Come sottolinea Ilie, “sebbene il rapporto segnale/rumore sia relativamente basso, è la prima volta che troviamo una potenziale firma inequivocabile di una stella oscura”.

Tuttavia, la scienza è cauta per definizione. Un’osservazione successiva con il telescopio ALMA ha rilevato la presenza di ossigeno nello stesso oggetto. L’ossigeno è un elemento “pesante”, prodotto dalle stelle convenzionali, e non dovrebbe trovarsi in una stella oscura primordiale isolata, formata da gas puro. Questo non invalida l’ipotesi, ma la complica: potrebbe trattarsi di una stella oscura “immersa” in una galassia ricca di metalli, magari formatasi in seguito a una fusione tra aloni di materia oscura.

La ricerca, quindi, è appena iniziata. La conferma definitiva dell’esistenza delle stelle oscure non solo risolverebbe alcuni enigmi cosmologici, ma aprirebbe una finestra completamente nuova sulla natura stessa della materia oscura, permettendoci di studiarne le proprietà osservando gli effetti della sua annichilazione. Potremmo essere alle soglie di un nuovo campo di studi: l’astronomia delle stelle alimentate a materia oscura.

Domande e Risposte

 

1) Qual è la differenza fondamentale tra una stella normale e una “stella oscura”? La differenza principale risiede nel “motore”. Una stella normale, come il nostro Sole, brilla grazie alle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel suo nucleo caldissimo, trasformando idrogeno in elio. Una stella oscura, invece, sarebbe alimentata dal calore prodotto dall’annichilazione di particelle di materia oscura (come le WIMP, Weakly Interacting Massive Particles) catturate dalla sua stessa gravità. Questo processo la renderebbe molto più grande, “gonfia” e diffusa rispetto a una stella tradizionale di pari massa, ma ugualmente molto luminosa.

2) Perché questa scoperta è così importante per la comprensione dei buchi neri? I buchi neri supermassicci osservati nell’universo primordiale sono troppo grandi per essersi formati così in fretta partendo dai resti di singole stelle normali. La teoria delle stelle oscure offre una soluzione: queste stelle possono raggiungere masse milioni di volte superiori a quella del Sole. Quando il loro “carburante” di materia oscura si esaurisce, collassano direttamente in buchi neri di massa molto elevata. Questi “semi pesanti” avrebbero poi avuto tutto il tempo necessario per crescere, tramite accrescimento di gas e fusioni, fino a diventare i giganti che osserviamo oggi.

3) Le prove presentate sono definitive? Possiamo dire con certezza che le stelle oscure esistono? No, le prove non sono ancora definitive. I ricercatori hanno trovato quattro candidati le cui proprietà osservate dal JWST sono compatibili con i modelli teorici delle stelle oscure. In uno di questi candidati è stata trovata una traccia debole della “pistola fumante” spettrale che le identificherebbe. Tuttavia, il segnale è debole e la presenza di altri elementi come l’ossigeno complica il quadro. La scoperta è estremamente promettente, ma serviranno ulteriori osservazioni e dati più precisi per confermare con certezza l’esistenza di questa nuova, affascinante classe di oggetti celesti.

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