Attualità
Spesa fondi Pnrr un confronto può essere utile a spiegare la situazione reale

Si fa un gran parlare in questi giorni delle difficoltà che sta incontrando il nostro paese alla messa a terra dei fondi del Pnrr, in buona sostanza della capacità di spendere effettivamente le risorse che stanno arrivando copiose dalla Europa. L’Italia è certamente indietro ma questo lo si sapeva, primo perché i tempi sono davvero stretti e sia perchè di certo il nostro paese non può essere annoverato tra i più virtuosi in quanto a capacità di spesa dei fondi comuni europei. Basti pensare che per i fondi di coesione del programma 2014-2020 il nostro paese ha speso solo 36 miliardi sui 116 assegnati, circa il 31,5%. Intoppi burocratici, incapacità nella gestione dei programmi, frodi e lentezze nelle aggiudicazioni, sono le zavorre che hanno limitato da sempre la spesa dei fondi strutturali, che spesso sono tornati indietro alla comunità europea per essere sfruttato da chi come i paesi dell’est europeo si sono mostrati più virtuosi nella spesa.
Stante questa situazione atavica, è troppo semplicistico allora adesso addossare le colpe al governo o al ministro Fitto prima e Foti adesso, in merito alle evidenti difficoltà a spendere tutte le risorse a disposizione nei tempi previsti. Anzi è stato grande merito proprio del ministro Raffaele Fitto, quando due anni fa, si impose per riscrivere in toto il vecchio piano, preparato da Conte e Draghi, che avrebbe comportato ancora più ritardi e anche bocciature dalla stessa commissione. Proprio grazie a questo, dopo il positivo avvallo della commissione europea, il nostro paese è il primo in quanto a raggiungimento di obiettivo e al pagamento di rate ( ben sei con la settima in arrivo). Fitto ha anche deciso di accentrare nella cabina di regia di Palazzo Chigi tutti i progetti del piano, proprio per evitare quella inevitabile dispersione di risorse e di tempi burocratici che si verificano da decenni quando si gestiscono i fondi europei da parte dei vari enti locali.
Ma se non bastasse ciò, potrebbe essere utile guardare com’è la situazione della seconda nazione che ha ricevuto la maggior quota di fondi, dopo l’Italia, e cioè la Spagna, paese che ha tassi di crescita tra i più alti di Europa da tempo, grazie anche agli aiuti arrivati e spesi bene dalla comunità europea negli anni 90 e primi anni 2000. Ebbene la Spagna che ha ricevuto una 30 di miliardi in meno circa di quanto assegnato all’Italia ( 163 miliardi di euro circa contro i 194 del nostro paese), sarebbe in ben maggiore ritardo del nostro paese, e avrebbe ricevuto anche una tirata d’orecchie da parte della Commissione alla fine dello scorso anno. Quando il governo spagnolo ha elaborato il piano di ripresa dalla pandemia del 2021 per raccogliere fino a 160 miliardi di euro dal meccanismo europeo Next Generation EU, ha proposto, come altri paesi, un calendario in base al quale avrebbe ricevuto due pagamenti all’anno. Tuttavia, ad oggi il paese è in attesa della erogazione da parte della Commissione Europea della quinta rata. L’ultima è stata nel giugno 2024, quando è stata pagata la quarta, anche in questo caso con un ritardo considerevole rispetto al piano iniziale.
Dopo la quarta, il governo ha impiegato sei mesi per richiedere la quinta, nel dicembre 2024, ma la Commissione europea non ha ancora risposto, in attesa che il governo ottemperi. Bruxelles ha prorogato la scadenza per la valutazione della richiesta della Spagna perché è stata negoziata dallo stesso governo, data la sua incapacità di rispettare gli impegni a cui è subordinato questo esborso. Per quanto riguarda la spesa invece il paese ha fino ad ora impiegato il 39,8% dei fondi ( contro il 59% circa dell’Italia). E comunque il nostro paese risulterebbe anche se di poco al di sopra della media europea ( circa il 51,8%) in quanto ad assorbimento dei fondi del piano.
La Spagna a novembre del 2024 non avrebbe ancora implementato ben l’85% dei progetti legati al Next generation Eu. Questo per dire che il disastro che qualcuno vorrebbe far credere stia avvenendo in Italia in quanto alla gestione del Pnrr non tiene in conto delle difficoltà che stanno avendo anche altri paese, che in passato sono stati invece assai virtuosi, al contrario del nostro, nella spesa dei fondi comuni di coesione. Insomma spesso si guarda all’estero per trovare modelli da seguire, ma altrettanto bisognerebbe fare anche nel senso contrario. Altrimenti si commette sempre il medesimo errore tafazziano di vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto.
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

You must be logged in to post a comment Login