Economia
Catastrofe elettorale, sfiducia e malumori interni: il dramma della SPD che mette in crisi il governo tedesco
Una rielezione con appena il 64,5% dei voti: Lars Klingbeil, ministro delle Finanze e leader della SPD, subisce una “schiaffo” politico. I malumori interni al partito, tra leva obbligatoria e spese militari, mettono a rischio la stabilità della grande coalizione con la CDU di Merz. Scopri i retroscena di una crisi che scuote la Germania.

Il volto di Lars Klingbeil si è incupito all’annuncio del risultato. Non c’era trionfo, solo l’ombra di una profonda umiliazione. Al congresso del partito socialdemocratico (SPD) a Berlino, il vice-cancelliere e ministro delle Finanze è stato rieletto alla co-presidenza del partito con un misero 64,9% dei voti. Un risultato che sa di “débâcle”, di uno schiaffo sonoro in faccia al leader. La cifra è così bassa che bisogna tornare al lontano 1995 per trovare un punteggio così scarso per un leader della SPD. Ma a differenza di allora, Klingbeil non aveva alcun avversario. La sua rielezione segna un crollo di oltre 20 punti percentuali rispetto all’85,6% del 2023.
“È un risultato difficile per me,” ha ammesso Klingbeil, il cui potere nel partito è stato ribattezzato “House of Lars” in riferimento alla serie TV “House of Cards”. Questa rielezione con il sapore di una sconfitta è un sintomo inequivocabile della profonda crisi che attanaglia la SPD, un partito al minimo storico, appena il 15% nei sondaggi, costretto a governare in una Grande Coalizione con la CDU di Friedrich Merz.
La lacerazione interna e il paradosso del potere
La “schiaffo” politico è ancora più evidente se si considera che la nuova co-presidente, la ministra del Lavoro Bärtel Bas, è stata eletta con un plebiscitario 95% dei voti. Una differenza abissale che evidenzia la frattura tra un’ala sinistra in ascesa, rappresentata da Bas, e la leadership di Klingbeil, associata all’ala più di destra.
Ma come si spiega questo clamoroso voto di sfiducia? La risposta affonda le radici nella catastrofica performance del partito alle ultime elezioni, dove la SPD ha ottenuto il suo peggior risultato dal 1887, con un misero 16,4% dei voti, che comunque è superiore a quanto gli assegnino ora i sondaggi. Un esito “catastrofico” e “brutale” che ha lasciato il partito frustrato e inquieto.
Klingbeil, però, paga anche il prezzo della sua “abilità politica”, che molti vedono come pura sete di potere. Soprannominato ironicamente “House of Lars”, il leader 47enne è riuscito a rafforzare la sua posizione nonostante la disfatta elettorale, assumendo la guida del gruppo parlamentare per negoziare l’accordo di coalizione con la CDU e poi ottenendo la carica di vice-cancelliere e ministro delle Finanze. Un “colpo da maestro” che ha irritato molti militanti, soprattutto perché Klingbeil ha sostenuto la candidatura di Olaf Scholz, inviso a buona parte della base. Il paradosso di un leader che accresce il suo potere dopo una sconfitta è stato un boccone amaro da ingoiare.
Klingbeil ha cercato di disinnescare la bomba, ammettendo di aver commesso degli errori e di non aver visto i segnali di allarme legati alla situazione economica. Ha anche giustificato la sua concentrazione di poteri come una mossa necessaria per negoziare “alla pari con Friedrich Merz”. Ma le sue parole non hanno convinto i delegati, che hanno punito la sua leadership con un’umiliante rielezione. Alla fine appare per quello che è: un arrivista che cerca il potere, quasi a quasiasi costo. Il personaggio perfetto per interpretare la sinistra europea attuale, capace di sostenere qualsiasi posizione pur di avere una sedia, soprattutto se ben remunerata e ricca di poteri.
Le spaccature sulla Difesa e la Leva Obbligatoria
Il dissenso all’interno del partito si manifesta in modo drammatico su due questioni cruciali che minacciano la stabilità della coalizione: la spesa militare e la coscrizione obbligatoria.
Sul fronte della difesa, il dibattito si è acceso sulla proposta di Klingbeil di aumentare la spesa militare fino al 5% del prodotto economico. L’iniziativa, che si distanzia dalla tradizionale ala pacifista del partito, ha creato una profonda spaccatura. Sebbene la dirigenza abbia prevalso con una maggioranza, il “breve momento di shock” ha rivelato un partito diviso al suo interno, che supporta un cambiamento di politica di sicurezza, ma è in aperto conflitto con i propri principi.
Ancor più infuocato è il dibattito sulla leva obbligatoria. Il ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD) vuole introdurre un “meccanismo automatico” che attivi la coscrizione in caso di insufficiente numero di volontari. Questa proposta si scontra frontalmente con l’opposizione dei Giovani Socialisti (Jusos), che la rifiutano categoricamente. In un acceso scontro che ha quasi portato a uno scontro fisico sul palco, i Jusos e Pistorius hanno trovato un compromesso dell’ultimo minuto, ma la ferita rimane aperta. La risoluzione finale stabilisce dei limiti a Pistorius, ma include anche elementi di coscrizione obbligatoria, come l’obbligo di registrazione e monitoraggio militare per i giovani uomini.
Il destino della Grande Coalizione in bilico
Il voto punitivo contro Klingbeil non è un semplice affare interno. L’analisi politica di Uwe Jun, politologo dell’Università di Treviri, suggerisce che “il risultato mostra che la SPD non vuole essere un partner di coalizione accomodante per la CDU/CSU e che vuole porre dei limiti alla volontà di potere di Lars Klingbeil.” Questa crisi interna potrebbe rendere i socialdemocratici più esigenti e intransigenti nei confronti di Merz e della CDU, mettendo a rischio la già fragile stabilità della coalizione.
Il destino della SPD e del governo è indissolubilmente legato al rimbalzo dell’economia tedesca. Ma con due co-presidenti che sono anche ministri, si pone un’altra domanda: come può un partito trovare il tempo e l’energia per riflettere sulla sua strategia quando i suoi leader sono impegnati con l’agenda del governo? La sfida è immensa. Come ha ammonito il leader dei Giovani Socialisti, Philipp Türmer, di fronte a un’assemblea sempre più vuota, il più grande nemico della SPD in questa “crisi più grave della sua storia” è la “normalità”. Una normalità che non sembra più bastare a nessuno.
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