Spazio
Sorpresa! C’è una forma di vita terrestre che può sopravvivere alle condizioni estreme di Marte, e non ci è nemica
Sopravvivenza estrema: il lievito di birra resiste a impatti e veleni marziani, in modo stupefacente. Questo perchPé riesce a rioganizzare la propria cellula. Avrà un futuro nella colonizzazione del pianeta ?

C’è un organismo vivente terrestre che, secondo i ricercatori, potrebbe sopravvivere nell’ostile ambiente marziano, e non si tratta di qualcosa di estremamente piccolo e perfino amichevole. Il comune lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae), un microrganismo che diamo per scontato nelle nostre cucine, birrifici e panifici, potrebbe diventare un protagonista inaspettato nella ricerca astrobiologica.
Uno studio recente, condotto da un team di ricercatori indiani dell’Indian Institute of Science (IISc) e del Physical Research Laboratory (PRL), ha scoperto che questo umile organismo unicellulare può sopravvivere a condizioni estreme che simulano l’inospitale ambiente di Marte. Il risultato della ricerca è stato pubblicato sulla rivista scientifica PNAS Nexus.
I ricercatori hanno esposto le cellule di lievito a un doppio “stress test” marziano, progettato per imitare due delle minacce più significative presenti sulla superficie del Pianeta Rosso.
Il “Stress Test” Marziano: Onde d’Urto e Perclorati
Per testare la resilienza del lievito, gli scienziati hanno simulato condizioni che sarebbero letali per la maggior parte delle forme di vita conosciute. Hanno utilizzato uno speciale tubo d’urto ad alta intensità (HISTA) per colpire le cellule con:
- Onde d’urto estreme: Le cellule sono state sottoposte a onde d’urto che hanno raggiunto la velocità di Mach 5.6. Questo livello di stress meccanico è comparabile alla forza generata dall’impatto di un meteorite sulla superficie marziana.
- Sali tossici (Perclorati): Il lievito è stato trattato con una concentrazione di 100 mM di perclorato di sodio. Questi sali sono noti per essere tossici per la vita e sono abbondanti nel suolo marziano (regolite).
Il Meccanismo di Sopravvivenza: I “Condensati RNP”
Come ha fatto il lievito a resistere a un ambiente così ostile? La chiave della sua resilienza, secondo lo studio, risiede nella sua capacità di produrre condensati di ribonucleoproteine (RNP).
Questi condensati sono minuscole strutture senza membrana che si formano all’interno della cellula in risposta a uno stress severo. Il loro compito è proteggere e riorganizzare l’mRNA (l’RNA messaggero, che trasporta le istruzioni per costruire proteine). In pratica, la cellula “mette in pausa” le sue attività non essenziali, proteggendo il suo “software” operativo fino a quando il pericolo non è passato.
I ricercatori hanno osservato che:
- Le onde d’urto hanno innescato l’assemblaggio di due tipi di RNP: i granuli da stress (Stress Granules) e i P-bodies.
- L’esposizione ai perclorati ha indotto la formazione dei soli P-bodies.
Implicazioni per l’Astrobiologia
Questa scoperta non è una semplice curiosità da laboratorio. Sottolinea come il lievito di birra possa servire da eccellente organismo modello per gli sforzi dell’India (e del mondo) nella ricerca astrobiologica.
Comprendere come una cellula eucariote (complessa, come la nostra) riorganizzi le sue proteine e il suo RNA sotto stress meccanico e chimico estremo fornisce indizi fondamentali sulla potenziale sopravvivenza di forme di vita oltre la Terra. Si parla spesso di “Terraformare” corpi celesti esterni, cioè di trasformare climi inadatti alla finta in ambienti più accogliente, e questo può passare anche tramite forme di vita unicell
Inoltre, i condensati RNP potrebbero agire come “biomarcatori” universali dello stress cellulare in condizioni extraterrestri. Un metrro per capire quanto un ambiente sia
“Siamo rimasti sorpresi nell’osservare il lievito sopravvivere alle condizioni di stress simili a Marte”, ha affermato Purusharth I Rajyaguru, autore corrispondente dello studio. “Speriamo che questo studio stimoli gli sforzi per avere il lievito a bordo nelle future esplorazioni spaziali”.
Domande e Risposte per i Lettori
1. Perché i ricercatori hanno usato proprio il lievito di birra e non, ad esempio, un batterio? Il lievito di birra (S. cerevisiae) è un organismo eucariote, proprio come le piante e gli animali (inclusi gli esseri umani). La sua biologia cellulare è quindi molto più complessa di quella dei batteri e più simile alla nostra. Poiché è robusto, facile da coltivare e i suoi meccanismi di stress sono già ben studiati, rappresenta un “modello” ideale per capire come la vita complessa potrebbe adattarsi a condizioni estreme, un passo fondamentale per l’astrobiologia.
2. Cosa sono esattamente i “condensati RNP” e come funzionano? I condensati RNP (Ribonucleoproteine) non sono organi veri e propri, ma “goccioline” dinamiche che si formano e si dissolvono nella cellula. Quando la cellula subisce uno stress (calore, tossine, shock), questi condensati agiscono come centri di smistamento: catturano l’mRNA (le “istruzioni” per costruire proteine) e lo immagazzinano. Questo mette in pausa la produzione di proteine non essenziali, conservando energia e proteggendo le istruzioni vitali dal danneggiamento. Una volta passato lo stress, i condensati si dissolvono e la cellula riprende le normali attività.
3. Questa scoperta significa che c’è vita, o che ci può essere vita, su Marte? No, questa scoperta non dimostra che c’è vita su Marte. Dimostra, però, qualcosa di molto importante: che alcune condizioni marziane che consideravamo completamente sterilizzanti (come gli impatti di meteoriti e il suolo tossico) potrebbero non esserlo per forme di vita sufficientemente resilienti. Questo studio allarga la nostra comprensione di cosa definisce un ambiente “abitabile” e suggerisce che meccanismi di sopravvivenza cellulare come i condensati RNP potrebbero essere cruciali nella ricerca di vita passata o presente altrove.








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