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Sofia Brucia: il Governo Zhelyazkov si arrende prima della sfiducia. Addio Euro e bilancio congelato?
Il governo Zhelyazkov cade tra le proteste: Sofia verso nuove elezioni. A rischio il Bilancio 2026 e l’addio definitivo all’Euro, mentre Borisov tenta l’ultima carta per salvare il GERB dal disastro.

La Bulgaria è, ancora una volta, l’epicentro di un sisma politico che minaccia di avere ripercussioni ben oltre i confini balcanici. In una giornata che definire convulsa è un eufemismo, il governo guidato da Rosen Zhelyazkov ha gettato la spugna. Non è caduto in battaglia, ma ha preferito il suicidio assistito pochi minuti prima che il plotone d’esecuzione parlamentare — sotto forma di un sesto voto di sfiducia — potesse premere il grilletto.
Siamo di fronte all’ennesimo capitolo della cronica instabilità di Sofia, ma questa volta le conseguenze economiche rischiano di essere pesantissime. Tra un bilancio statale che svanisce nel nulla e l’ingresso nell’Eurozona che diventa un miraggio, analizziamo cosa è successo, perché è successo e, soprattutto, chi pagherà il conto.
La Cronaca di una Resa Tattica
Il primo ministro Rosen Zhelyazkov è ormai storia passata. La sua uscita di scena è stata teatrale, degna della migliore tradizione della realpolitik balcanica. La votazione sulla mozione di sfiducia era prevista per le 13:30, esattamente 24 ore dopo i dibattiti in aula. Tutto sembrava pronto per la conta finale.
Tuttavia, il partito “There Are Such People” (ITN) ha chiesto una pausa strategica di 30 minuti. Al rientro, il colpo di scena: Zhelyazkov annuncia che l’esecutivo si assume la “responsabilità politica” e presenta le dimissioni richieste dalla piazza. Tecnicamente, la votazione in aula non è passata perché il governo si era già dimesso, rendendo l’atto formale nullo. Ma la sostanza politica è inequivocabile: la richiesta di dimissioni era sostenuta da 106 parlamentari, un blocco monolitico senza astensioni né opposizioni interne.
Zhelyazkov diventa così il quarto premier dal 1991 a cadere sotto la spinta diretta del malcontento civile, unendosi a una lista che comprende Filip Dimitrov, Zhan Videnov, Plamen Oresharski e il suo stesso mentore, Boyko Borisov.
Il Grande Burattinaio: La mossa di Borisov
Perché dimettersi un attimo prima di essere sfiduciati? La risposta ha un nome e un cognome: Boyko Borisov. Il leader del GERB, veterano della politica bulgara, ha capito che restare aggrappati alla poltrona mentre fuori il palazzo la protesta montava sarebbe stato un errore fatale.
Borisov è stato cristallino, con quel suo stile diretto che piace al suo elettorato: “Ho insistito su queste dimissioni affinché GERB non venisse spazzato via”.
È una mossa di sopravvivenza. Sacrificare Zhelyazkov oggi per salvare il partito domani. Borisov ha paragonato i manifestanti ai propri figli: “Quando ho un problema con i figli o i nipoti, la cosa più facile è picchiarli e rimproverarli, ma rimani incompreso. Quando ti siedi e spieghi, ti capiscono. Questi bambini in piazza sono i nostri figli”.
Una narrazione paternalistica che serve a mascherare la ritirata. Borisov rivendica i successi economici (o presunti tali) della sua area politica, citando la riscossione di 8,6 miliardi di leva in più grazie alla lotta alla corruzione e al contrabbando, contrapponendoli alla gestione dell’ex ministro delle finanze Assen Vassilev. Ma i numeri, si sa, in campagna elettorale diventano opinabili.
Il Fronte delle Opposizioni: “Vittoria della Piazza”
Se il GERB tenta di gestire la sconfitta, l’opposizione esulta, ma in ordine sparso.
- PP-DB (Continuiamo il Cambiamento): Assen Vassilev leader del partito centrista, ma di opposizione, parla di “primo passo verso la normalizzazione”. Per loro, le dimissioni sono una vittoria della cittadinanza attiva. Chiedono elezioni libere e giuste, promettendo un monitoraggio capillare contro la compravendita di voti.
- MECH: Radostin Vassilev è più duro. Definisce le parole del premier uscente una “provocazione e vendetta” contro i manifestanti. Il suo partito chiede il voto automatico e la fine del sistema cartaceo, rifiutando qualsiasi alleanza futura con Borisov o Peevski.
- Vazrazhdane (sovranisti duri): I nazionalisti di Kostadin Kostadinov celebrano il fatto che “il popolo ha mostrato a chi detiene il potere che non si scherza più”.
- DPS-Nuovo Inizio (alternativi): Delyan Peevski, figura controversa e sanzionata, punta il dito contro la “coalizione di Soros” (riferendosi ai riformisti), accusandoli di aver affossato uno stato sociale per meri interessi politici.
Il Disastro Economico: Bilancio e Euro a rischio
Al di là del teatrino politico, la caduta del governo ha un costo immediato e salato: il blocco del bilancio 2026.
Senza un governo nel pieno delle funzioni, il Parlamento difficilmente approverà la legge di bilancio entro la fine di dicembre. Questo significa entrare nel regime dei dodicesimi provvisori (bilancio prorogato). In termini pratici, è un disastro per la domanda aggregata.
Ecco cosa comporta lo scenario attuale:
- Congelamento della Spesa: Si potrà spendere ogni mese solo 1/12 di quanto speso l’anno precedente. In un contesto inflattivo, significa tagli reali.
- Stop agli Investimenti: Niente nuovi fondi per infrastrutture, energia o sanità. Tutto ciò che non era già contrattualizzato si ferma.
- Welfare bloccato: Dimenticate gli aumenti di pensioni e salari pubblici che erano stati promessi. Questo deprimerà i consumi interni proprio quando l’economia ne avrebbe bisogno.
- Fondi Europei: Molti programmi che richiedono cofinanziamento nazionale rischiano lo stallo burocratico.
E l’Euro?
L’obiettivo di adottare la moneta unica il 1° gennaio è tecnicamente morto, anche se nessuno ha ancora il coraggio di staccare la spina pubblicamente.
Per entrare nell’Eurozona serve stabilità dei prezzi e, soprattutto, un deficit sotto il 3%. Con un bilancio provvisorio e un’instabilità politica cronica, Bruxelles non darà mai il via libera. Inoltre, il vuoto finanziario invia ai mercati un segnale terribile: la Bulgaria non è in grado di rispettare i propri impegni. Borisov, ironicamente, sostiene che “tra 5-7 mesi tutti apprezzeranno l’euro”, ma sembra più una speranza che una previsione basata sui fatti.
Tabella: Scenari a confronto
| Scenario | Probabilità | Conseguenze Economiche | Conseguenze Politiche |
| Elezioni Anticipate (Inverno/Primavera) | Alta (90%) | Blocco investimenti fino al nuovo governo. Deficit incontrollato. | Frammentazione del parlamento. Possibile ascesa dei partiti anti-sistema. |
| Governo Tecnico/Di Scopo | Bassa (10%) | Approvazione bilancio “minimo”. Tentativo disperato per l’Euro. | Accordi sottobanco tra GERB e PP-DB (improbabili al momento). |
| Intervento Presidenziale (Partito di Radev) | Media | Incertezza sui mercati. Possibile svolta sovranista/sociale. | Radev si dimette da Presidente, Yotova subentra. Terremoto nei sondaggi. |
Il Fattore Radev e il futuro incerto
Cosa succederà ora? Gli analisti sono concordi: la palla passa al Presidente Rumen Radev. Secondo gli analisti di Trend e Alpha Research, se si andasse al voto subito, l’energia della protesta potrebbe trasformarsi in partecipazione elettorale.
Ma c’è l’incognita del “Partito del Presidente”. Se Radev decidesse di scendere in campo direttamente, dovrebbe dimettersi, lasciando la presidenza alla vicepresidente Iliyana Yotova. Un simile scenario scompaginerebbe i piani sia di Borisov che dei riformisti del PP-DB, catalizzando il voto di protesta e quello degli astenuti.
I sondaggi attuali (Market LINKS) vedono ancora il GERB primo, ma in calo, con 6 partiti pronti a entrare in Parlamento. Una frammentazione che rende difficile immaginare una maggioranza stabile.
Il Caos come nuova normalità
La Bulgaria ci insegna, ancora una volta, che l’austerità e i vincoli esterni (come quelli per l’Euro) possono essere potenti detonatori sociali se non gestiti con intelligenza politica. Il governo Zhelyazkov non è caduto per un voto parlamentare, ma perché la distanza tra i palazzi del potere e la realtà della strada era diventata incolmabile.
Ora ci attendono mesi di campagna elettorale velenosa, con un’economia in stand-by e un bilancio fantasma. Per i cittadini bulgari, l’inverno si preannuncia freddo, e non solo per le temperature. Per l’Europa, è l’ennesima prova che l’integrazione dei Balcani è un percorso tutt’altro che lineare.
Domande e Risposte
Perché il governo si è dimesso proprio un attimo prima del voto di sfiducia?
È stata una mossa di pura tattica politica orchestrata da Boyko Borisov, leader del GERB. Anticipando la sfiducia formale con dimissioni “volontarie”, il partito di maggioranza tenta di controllare la narrazione, presentandosi come responsabile di fronte alle proteste popolari piuttosto che come “sconfitto” dall’opposizione in Parlamento. Questo serve a limitare i danni d’immagine in vista delle inevitabili elezioni anticipate e a preservare il nucleo duro del proprio elettorato.
Quali sono le conseguenze immediate per le tasche dei cittadini bulgari?
Le conseguenze sono serie e immediate. Senza l’approvazione della legge di bilancio per il 2026, lo Stato entra in “esercizio provvisorio”. Ciò significa che non ci saranno i fondi per gli aumenti programmati di pensioni e stipendi pubblici. Inoltre, il blocco degli investimenti statali potrebbe rallentare l’economia reale. In pratica, si congela la spesa pubblica ai livelli dell’anno precedente, ignorando l’inflazione e le nuove necessità sociali, riducendo il potere d’acquisto delle famiglie.
Che ruolo gioca il Presidente Rumen Radev in questa crisi?
Radev è la variabile impazzita. Gode di un forte consenso personale e potrebbe decidere di capitalizzare il malcontento fondando un proprio movimento politico. Se lo facesse, dovrebbe dimettersi dalla Presidenza, lasciando il posto alla sua vice, Yotova. Un suo ingresso nell’agone elettorale ruberebbe voti sia ai socialisti che ai riformisti, e persino agli astenuti, rendendo la formazione di un futuro governo ancora più complessa e spostando l’asse politico verso posizioni più critiche nei confronti dell’establishment attuale.








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