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Serbia: “Niente panico”, ci sono riserve di carburante, ma le sanzioni alla Russia rischiano di paralizzare l’unica raffinria, la NIS

Serbia, allarme benzina? Il governo apre le riserve mentre la raffineria russa NIS è stretta nella morsa delle sanzioni USA. Spunta l’ipotesi ungherese per evitare il blocco totale.

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Tutto va bene, madama la marchesa? Le autorità serbe si sono affrettate a rassicurare i cittadini: il Paese ha riserve di carburante sufficienti per alimentare il mercato interno. Un messaggio necessario, quasi vitale, mentre il destino dell’unica raffineria della nazione, la Naftna Industrija Srbije (NIS), è appeso a un filo sottilissimo che collega Belgrado, Mosca e Washington.

Il governo, per bocca del Ministro dell’Energia Dubravka Djedovic Handanovic, afferma che “l’economia e i cittadini non hanno motivo di preoccuparsi”. Tuttavia, dietro la facciata delle dichiarazioni ufficiali, si cela un problema strutturale e geopolitico di non poco conto: la maggioranza di NIS è in mano a Gazprom Neft (e affiliate), mentre lo Stato serbo detiene solo una quota di minoranza del 29,9%. In un mondo diviso dalle sanzioni, questa è la ricetta perfetta per il disastro logistico.

Il nodo scorsoio delle sanzioni USA (OFAC)

La situazione è precipitata tecnicamente, non solo politicamente. Dopo che l’ultima deroga statunitense è scaduta l’8 ottobre, le banche hanno smesso di processare i pagamenti di NIS e, come colpo di grazia, l’oleodotto croato JANAF ha interrotto le consegne di greggio alla raffineria. JANAF è l’arteria vitale della Serbia, avendo trasportato greggio russo e kazako negli ultimi tre anni.

Oleodotto JANAF

La scorsa settimana, l’OFAC (Office of Foreign Assets Control del Tesoro USA) ha concesso una licenza a NIS valida fino al 13 febbraio 2026. Una buona notizia? Solo in apparenza. Questa licenza non è un “liberi tutti”, ma autorizza specificamente le negoziazioni tra azionisti e parti interessate per modificare la struttura proprietaria di NIS. In parole povere: gli americani hanno dato tempo ai russi per vendere e ai serbi per trovare un nuovo partner, non per continuare a fare business come se nulla fosse.

I numeri della crisi e l’intervento statale

Mentre la diplomazia cerca una via d’uscita, l’economia reale deve fare i conti con le scorte fisiche. Il Ministro Djedovic Handanovic è stato chiaro: senza nuovo greggio, la NIS non potrebbe operare oltre il 25 novembre. Per evitare il collasso, lo Stato ha dovuto mettere mano al portafoglio e alle riserve strategiche.

Ecco la situazione attuale delle scorte rivelata domenica:

  • Riserve attuali in raffineria:

    • 53.648 tonnellate di benzina.

    • 89.825 tonnellate di diesel.

  • Intervento Statale (Importazioni approvate per le riserve):

    • 66.000 tonnellate di diesel.

    • 38.000 tonnellate di benzina.

Uno sguardo al futuro: MOL o Pace?

La Serbia si trova ora di fronte a un bivio temporale. Deve risolvere l’imbarazzante (per l’Occidente) partecipazione russa nella NIS prima che i serbatoi si prosciughino definitivamente, oppure deve sperare in un’accelerazione improvvisa delle trattative di pace tra Occidente e Russia e la fine delle sanzioni.

Voci di corridoio sempre più insistenti suggeriscono una terza via, molto pragmatica: l‘ungherese MOL sarebbe vicina all’acquisto di una quota di minoranza dai proprietari russi. Sarebbe una soluzione “mitteleuropea” che potrebbe placare Washington e mantenere operativo l’impianto. Per ora, la rassicurazione governativa regge. Ma la domanda che ogni analista attento si pone è: quanto può durare l’equilibrio tra riserve fisiche in calo e pressione diplomatica in aumento?

Domande e risposte

Perché la raffineria NIS è a rischio chiusura nonostante le rassicurazioni? Il problema non è la mancanza immediata di prodotto, ma la struttura proprietaria. Essendo la NIS controllata a maggioranza dalla russa Gazprom Neft, è soggetta alle sanzioni occidentali. Questo ha portato al blocco dei pagamenti bancari e, fattore critico, all’interruzione delle forniture di greggio tramite l’oleodotto croato JANAF. Senza greggio in entrata, la raffineria non può produrre, costringendo il Paese a vivere di scorte.

La licenza USA fino al 2026 risolve il problema operativo? Non direttamente. La licenza concessa dall’OFAC non è un permesso per operare normalmente indefinitamente, ma serve principalmente a permettere le transazioni necessarie per negoziare un cambio di proprietà. Gli Stati Uniti stanno sostanzialmente dando tempo a NIS di “de-russificare” il proprio azionariato (vendendo le quote di Gazprom), non di continuare a finanziare Mosca tramite i profitti energetici.

Chi potrebbe subentrare a Gazprom nella gestione della raffineria serba? Le indiscrezioni più accreditate puntano verso l’Ungheria. Il gruppo petrolifero MOL sarebbe in trattativa per acquisire una quota dai russi. Questa mossa avrebbe senso geopolitico ed economico, mantenendo l’asset in una sfera “amica” ma tecnicamente conforme alle richieste occidentali, permettendo così la riapertura dei rubinetti dell’oleodotto JANAF e la normalizzazione finanziaria.

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