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Serbia: esercito in massima allerta per proteggere i serbi nel Kosovo
I funzionari serbi hanno annunciato questa settimana che l’esercito nazionale è stato messo al massimo livello di allerta, in seguito alle tensioni al confine con il Kosovo, paese separatista, che hanno raggiunto il punto di ebollizione e ai blocchi stradali istituiti dalla minoranza serba che vive all’interno del Kosovo, che non riconosce come Stato legittimo.
Dopo settimane di scontri, a volte anche con toni accesi, tra manifestanti serbi e polizia kosovara, la Serbia ha dichiarato lunedì che le sue forze sono state messe in “pieno stato di prontezza al combattimento”, dopo che il presidente Aleksandar Vučić ha ordinato di “prendere tutte le misure per proteggere il popolo serbo in Kosovo”..
“Il presidente della Serbia… ha ordinato all’esercito serbo di essere al massimo livello di preparazione al combattimento, cioè al livello dell’uso della forza armata”, ha annunciato il ministro della Difesa serbo Milos Vucevic a proposito dell’innalzamento del livello di allerta.
Il presidente ha anche ordinato il rafforzamento di una speciale unità di risposta alla sicurezza serba, che porterà migliaia di truppe d’élite a posizionarsi vicino al confine con la regione.
In risposta, mercoledì le autorità del Kosovo hanno chiuso il più grande valico di frontiera. I manifestanti serbi lo stavano già bloccando, anche con grandi camion, lasciando aperti solo tre punti di ingresso tra le due parti. Alcuni punti di ingresso sono bloccati dall’inizio di dicembre.
Di conseguenza, migliaia di kosovari che lavorano altrove in Europa non hanno potuto tornare a casa e sono bloccati al confine. Dall’altra parte, all’interno del Kosovo settentrionale, ci sono circa 50.000 persone di etnia serba che dicono di essere perseguitate dalle autorità di Pristina, compreso il tentativo di imporre loro targhe automobilistiche e documenti statali del Kosovo.Secondo quanto riferito, i serbi sul lato serbo hanno aiutato i manifestanti sul lato kosovaro del confine a creare posti di blocco, impedendo di fatto alla polizia di frontiera del Kosovo di stabilire un controllo.
Il catalizzatore di quest’ultima fiammata di tensioni al confine è iniziato all’inizio del mese, con l’arresto da parte del Kosovo del popolare ex poliziotto serbo Dejan Pantic. Il Kosovo ha accusato l’ex poliziotto serbo, ora in carcere, di “aver commesso atti terroristici e di aver attaccato l’ordine costituzionale”, facendo infuriare la popolazione di etnia serba.
Nel frattempo, come in molti punti geopolitici dell’Europa orientale e dei Balcani, sono state avanzate accuse di tentativi di destabilizzazione da parte della Russia, visto il suo storico sostegno a Belgrado:
Il ministro degli Interni del Kosovo ha accusato la Serbia, sotto l’influenza della Russia, di tentare di destabilizzare il suo Paese attraverso le proteste.
La Serbia nega di voler destabilizzare il suo vicino e afferma di voler solo proteggere la minoranza serba che vive in quello che ora è territorio kosovaro, ma che non è riconosciuto da Belgrado come stato indipendente, in conformità del trattato di pace concluso con la NATO.
Durante il Consiglio di sicurezza nazionale serbo tenutosi due settimane fa, il Presidente Vucic ha dichiarato che avrebbe valutato la richiesta di inviare forze nazionali in Kosovo per proteggere la minoranza serba. Sebbene sia improbabile, un simile confronto scatenerebbe inevitabilmente una guerra. Allo stesso modo azioni repressive kosovare potrebbero accendere ulteriormente gli animi, rendendo il conflitto sempre più vicino.
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