Seguici su

EconomiaEnergia

Serbia al buio? Washington nega la deroga alle sanzioni, la raffineria NIS si ferma. Vucic: “Una catastrofe economica”

Sanzioni USA, la Serbia ferma la raffineria: Washington nega la deroga. Vucic: “Disastro economico in arrivo, riserve fino a gennaio”.

Pubblicato

il

Dagli Stati Uniti arriva una doccia fredda per Belgrado, che rischia di trasformarsi in un inverno gelido. Nonostante la Serbia sia considerata un partner chiave nei Balcani e abbia, seppur sottotraccia, fornito armi all’Ucraina, l’amministrazione americana ha deciso di non fare sconti. La richiesta di una deroga di 90 giorni alle sanzioni contro la Russia, necessaria per permettere il passaggio di proprietà della raffineria NIS (Naftna Industrija Srbije) agli arabi di ADNOC, è stata respinta.

Il risultato? La Serbia, per evitare sanzioni secondarie che devasterebbero il suo sistema bancario, è costretta a fermare la sua unica raffineria. Un paradosso geopolitico e un disastro economico che colpisce un paese già in equilibrio precario.

Il “No” di Washington e lo stop a Pancevo

La situazione è precipitata rapidamente. NIS, controllata a maggioranza dalla russa Gazprom Neft, è finita nel mirino dell’OFAC (Office of Foreign Assets Control) statunitense. Le sanzioni bloccano le transazioni in dollari e le importazioni di greggio che arrivano via Croazia tramite l’oleodotto JANAF.

Il governo serbo aveva chiesto una semplice esenzione temporanea: tre mesi per finalizzare la vendita della quota russa alla Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC). Una soluzione di mercato che avrebbe salvato capra e cavoli, togliendo l’asset ai russi e garantendo l’energia ai serbi.

La risposta americana è stata negativa.

Il Presidente Aleksandar Vucic, visibilmente frustrato, ha dichiarato:

“Non abbiamo ricevuto una decisione positiva dagli Stati Uniti. Non sono solo deluso, ma anche sorpreso, perché non vedo cosa ci abbiano guadagnato”.

Di conseguenza, la raffineria di Pancevo ha avviato le procedure per la sospensione totale delle attività. I dipendenti verranno impiegati in attività di manutenzione, in attesa di tempi migliori o di un cambio di proprietà che, a questo punto, diventa una corsa contro il tempo con una scadenza fissata da Belgrado al 15 gennaio.

La raffineria NIS di Pacevo , l’unica in Serbia

Un doppio standard che brucia

L’ironia della sorte, che non sfuggirà ai nostri lettori più attenti, è che Washington ha concesso deroghe simili, e talvolta più ampie, a membri dell’UE come Ungheria, Romania e Bulgaria. La Serbia, che pure ha allineato la sua politica verso l’Ucraina a quella occidentale inviando munizioni, viene invece lasciata a secco. Evidentemente, le “vecchie amicizie” slave pesano ancora più delle attuali azioni politiche.

L’impatto economico rischia di essere devastante. Non si tratta solo di benzina alla pompa:

  • Rischio bancario: La Banca Nazionale di Serbia e le banche commerciali rischiano sanzioni secondarie se operano con NIS. Vucic ha avvertito che questo sarebbe una “catastrofe” per il rating degli investimenti.

  • Costi logistici: Il greggio non arriverà più via tubo, ma dovrà essere trasportato con metodi alternativi (chiatte, autocisterne) verso depositi come Smederevo, aumentando inevitabilmente i costi finali per via dell’inflazione da costi.

  • Produzione industriale: NIS copre l’80% del fabbisogno di prodotti raffinati del paese.

Le riserve: quanto può resistere la Serbia?

Per ora, il governo assicura che non ci saranno razionamenti immediati, ma si naviga a vista. Le scorte sono sufficienti fino a fine gennaio. MOL, la slocietà petrolifera ungherese, sta inviando più carburante in Serbia, ma non può soddisfare completamente il mercato. Ecco la situazione delle riserve delineata dal governo:

Tipo di RiservaQuantità (Tonnellate)Note
Diesel (Riserve Operative)53.900Situate a Pancevo, Kovin, Požega
Diesel (Riserve Obbligatorie)150.000Scorta strategica
Totale Diesel> 200.000Sufficiente fino a fine gennaio
Ordini Aggiuntivi49.000 (Diesel)In arrivo
Benzina38.000Ordine aggiuntivo
Cherosene5.000Per aviazione

Politica o Denaro?

Secondo Vucic, la Russia non vorrebbe vendere NIS, e la questione è puramente politica, non finanziaria. Tuttavia, se entro il 15 gennaio non si troverà un accordo per la vendita delle quote russe (con lo Stato serbo pronto a intervenire come compratore di ultima istanza), la crisi potrebbe diventare strutturale. Lo stato serbo potrebbe intervenire direttamente ed espropriare, come “ponte”, la raffineria, prima della sua vendita da ADNOC.

Ancora una volta, le sanzioni pensate per colpire Mosca finiscono per fare danni collaterali enormi sulle economie più fragili e interconnesse, mentre i grandi attori globali giocano la loro partita a scacchi sulla pelle (e sulle bollette) dei cittadini.

La raffineria NIS di Pacevo , l’unica in Serbia

Domande e risposte

Perché gli USA hanno negato la deroga alla Serbia mentre l’hanno concessa ad altri paesi?

È la domanda centrale che solleva dubbi su un approccio punitivo selettivo. Mentre paesi UE come Ungheria e Bulgaria hanno ottenuto esenzioni per proteggere le loro economie, la Serbia, pur essendo un partner, rimane fuori dall’ombrello protettivo UE e NATO. Washington potrebbe voler forzare la mano per recidere definitivamente i legami storici ed economici tra Belgrado e Mosca, o semplicemente applicare una pressione politica maggiore su Vucic, nonostante il suo allineamento recente sulla questione ucraina.

La Serbia rimarrà senza carburante domani?

No, nell’immediato non ci sarà un “blackout” dei distributori. Come evidenziato dai dati, la Serbia dispone di riserve operative e strategiche (oltre 200.000 tonnellate di diesel) che coprono il fabbisogno fino alla fine di gennaio. Tuttavia, il problema è logistico e di prezzo: una volta esaurite le scorte locali prodotte a basso costo via oleodotto, l’approvvigionamento tramite metodi alternativi farà impennare i costi di trasporto e, di conseguenza, l’inflazione interna.

Cosa succederà se la raffineria NIS non viene venduta entro gennaio?

Se entro il 15 gennaio i russi di Gazprom Neft non cederanno le quote (probabilmente agli emiratini di ADNOC o allo stato serbo), il governo di Belgrado ha annunciato che interverrà direttamente. Lo scenario più probabile è una nazionalizzazione forzata o un acquisto ponte da parte dello Stato per rimuovere l’azienda dalla lista delle sanzioni. Tuttavia, questo comporterebbe tensioni diplomatiche con Mosca e un esborso finanziario notevole per le casse pubbliche serbe già sotto stress.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento