Economia
Tradimento e Ribellione nel PSOE: “Era un delinquente”. Audio, faide interne e l’ombra di elezioni anticipate su Sánchez
Lo scandalo corruzione travolge il governo spagnolo. Le testimonianze interne contro Cerdán, le lotte di potere, e le richieste di un congresso straordinario. La credibilità di Sánchez al collasso.

Lo shock iniziale si sta trasformando in una lenta e corrosiva agonia. L’impatto del devastante rapporto della Guardia Civil sulla presunta “triade corrotta” del PSOE non accenna a placarsi. Anzi, ogni ora che passa svela nuove crepe, faide interne e un senso di tradimento che sta scuotendo il partito dalle fondamenta. I nomi di José Luis Ábalos, Santos Cerdán e Koldo García, i due ex segretari di Organizzazione e il loro faccendiere, sono ormai sinonimo di uno scandalo la cui portata, secondo molti, era prevedibile. La vera sorpresa non è la corruzione, ma la sfacciataggine con cui sarebbe stata perpetrata.
La narrazione, semplice e brutale, è quella di centinaia di migliaia di euro in commissioni illecite provenienti da appalti pubblici, spartite tra uomini al vertice del potere. Ma dietro la fredda indagine della UCO emerge un ritratto umano e politico ancora più oscuro. “È che era un tipo molto losco (un tío muy chungo)”, confida chi ha visto da vicino Cerdán all’opera, descrivendo la sua gestione come un’era di “cacicadas” (prepotenze) e “scandali organici”. La conclusione a cui giungono molti dirigenti è amara: chi inizia corrompendo su piccola scala – come istigare Koldo ad aggiungere voti falsi per Pedro Sánchez nelle primarie del partito – è destinato a salire i gradini di quella pericolosa scala.
La Ribellione Silenziosa e le Voci di Dissenso
Il potere, si sa, è un collante formidabile. Ma anche il collante più forte non può sigillare una frattura così profonda. All’interno del PSOE è in atto un tentativo di ribellione, per ora sommesso ma inequivocabile. Fonti interne confermano che l’ex presidente andalusa Susana Díaz ha avviato contatti con altri membri di peso per esigere da Sánchez spiegazioni più convincenti.
“Nel PSOE, a volte, i silenzi parlano”, osserva un dirigente di lungo corso. E il silenzio più assordante è quello di Adriana Lastra, ex numero due del partito, che per anni ha combattuto una dura lotta di potere interna prima con Ábalos e poi con Cerdán, uscendone sconfitta. Ma se lei tace, i suoi alleati alzano la voce. Il presidente delle Asturie, Adrián Barbón, ha espresso il suo “disgusto” parlando di una “secchiata d’acqua fredda terribilmente deludente”.
Queste parole riflettono il malessere diffuso nei territori, che si sentono traditi e danneggiati. La gestione di Cerdán è descritta, con iperbole, come una “pulizia etnica” nelle liste elettorali del 2023, epurando sistematicamente figure non allineate a Valladolid, Ávila e Madrid. Luis Tudanca, ex leader di Castiglia e León, ha rinunciato alla rielezione dopo aver denunciato le manovre “tossiche” e “torbide” di Cerdán, che includevano l’alterazione dei calendari delle primarie.
La Responsabilità di Sánchez e il Crollo della Credibilità
Inevitabilmente, tutti gli occhi sono puntati sul Presidente. È stato Pedro Sánchez a nominare prima Ábalos e poi Cerdán ai vertici del partito. Non ha mai spiegato perché licenziò Ábalos nel 2021, per poi ricandidarlo quando già le ombre si addensavano. Ha difeso Cerdán fino all’ultimo, dichiarandosi ora “sorpreso” e “triste”. Un atto di contrizione che a molti appare tardivo e insufficiente, minando la sua credibilità. Mesi di dinieghi e di difesa ostinata hanno lasciato il segno. Ora è necessaria una trasparenza assoluta e immediata sui conti del PSOE, gestiti per un decennio da due presunti delinquenti.
L’impatto va oltre il partito e investe il governo. Il denaro, secondo l’accusa, proviene da appalti pubblici del Ministero dei Trasporti. Il modus operandi è quello della “corruzione di sempre”, un manuale di scandali che la Spagna sperava di aver archiviato. La promessa di rigenerazione dei primi anni di Sánchez sembra ora una beffa, polverizzata da Ábalos e Cerdán.
Un Futuro Incerto: Tra Congresso Straordinario e Questione di Fiducia
L’atmosfera nel PSOE è descritta come quella di un funerale, non di una trincea da cui resistere. E dai territori arrivano gli avvertimenti più duri. L’alcalde di Mérida, Antonio Rodríguez Osuna, una figura di peso in Estremadura, ha dichiarato che se fosse in Sánchez “convocherebbe un congresso straordinario, non si candiderebbe e non aspetterebbe il 2027”. Una richiesta che, insieme a quella di elezioni anticipate del dissidente ufficiale Emiliano García-Page, si fa strada nel partito.
Persino gli ex presidenti pesano le loro parole. José Luis Rodríguez Zapatero, che aveva pubblicamente elogiato Cerdán (“Santos, così si comporta un socialista”), ora è trincerato in un silenzio rivelatore. Al contrario, Felipe González, in piena tempesta, ha colto l’occasione per sostenere pubblicamente Eduardo Madina, lo sfidante di Sánchez nelle primarie del 2014, sentenziando: “Fu il mio candidato, e lo è ancora nel mio cuore e nella mia testa”. Una stoccata letale.
Prima che il buco di credibilità diventi una voragine, Sánchez ha bisogno di dimostrare di avere ancora una maggioranza per governare. L’ipotesi che circola negli ambienti politici è quella di una questione di fiducia in Parlamento. Potrebbe essere l’unico modo per superare la crisi e governare per i prossimi due anni, ma il sogno di rigenerazione è ormai infranto per sempre.
A questo punto, comunque, siamo al redde rationame per il socialismo spagnolo. Magari sanchez potrà sopravvivere in un parlamento che si vede condannato in caso di elezioni anticipate, ma siamo ormai agli sgoccioli. Prima o poi si dovrà andare al voto e le accuse di corruzione avranno il loro effetto sull’elettorato. A guadagnare saranno il PPE, ma soprattutto VOX, il partito più anti sistema.
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