Seguici su

EnergiaFinanzaRussia

Sanzioni USA sul petrolio russo: i mercati la stanno prendendo male. Quali saranno gli effetti a medio termine?

Le nuove sanzioni USA contro Rosneft e Lukoil colpiscono i principali acquirenti asiatici. Mercati volatili con il Brent oltre i 64$, ma un surplus di greggio potrebbe attutire il colpo. Ecco cosa rischiano davvero Pechino e Delhi.

Pubblicato

il

Logo di Rosfnet

Gli Stati Uniti hanno deciso di sferrare un nuovo colpo (o almeno, un tentativo) alle finanze di Mosca, prendendo di mira non solo la Russia ma anche i suoi principali clienti asiatici. L’amministrazione USA ha infatti annunciato sanzioni contro Rosneft e Lukoil, i due maggiori colossi energetici russi, nel tentativo di prosciugare i fondi destinati allo sforzo bellico in Ucraina.

Questa mossa, che si aggiunge ai pacchetti già varati dall’UE, è progettata per mettere in enorme difficoltà India e Cina, i Paesi che, di fatto, continuano a iniettare centinaia di milioni nelle casse del Cremlino acquistando greggio, ma intanto sta scaldando i mercati del petrolio.

La reazione dei mercati

Come prevedibile, i mercati energetici hanno reagito con nervosismo. Il greggio Brent, il benchmark europeo, ha registrato un balzo del 3,75% giovedì, portandosi a 64,94 dollari al barile sul mercato futures di Londra.

Allo stesso modo, il West Texas Intermediate (WTI) americano è salito, in questo momento (CET 11.45) di oltre il 5,00%, raggiungendo i 61,70 dollari. Ecco il relativo grafico:

Non è un movimento da poco, considerando che la Russia produce oltre 9,5 milioni di barili al giorno, quasi il 10% dell’offerta globale. Ostacolare questo flusso è vitale per colpire le entrate di Mosca, ma genera inevitabili turbolenze.

Tuttavia, va fatta una considerazione tecnica: attualmente il mercato registra un eccesso di produzione (surplus) di greggio. Questo surplus potrebbe, almeno parzialmente, fare da cuscinetto e attutire l’impatto delle sanzioni, evitando un’esplosione incontrollata dei prezzi.

Intanto anche il Brent è in equivalente crescita:

Il vero incubo: le sanzioni secondarie

Se la Russia, come è probabile, cercherà modi creativi per aggirare l’ostacolo, il vero dilemma ora è sul tavolo di Pechino e Delhi. La Cina, in particolare, riceve dalla Russia fino al 20% delle sue importazioni totali di greggio (circa 2 milioni di barili al giorno).

Il rischio che incombe su India e Cina non è tanto l’acquisto in sé, quanto le sanzioni secondarie con cui Washington minaccia chiunque faccia affari con Rosneft e Lukoil. Per le aziende indiane e cinesi, questo si traduce in minacce molto concrete:

  • Esclusione dal sistema bancario occidentale: il rischio più grande è la perdita dell’accesso al dollaro USA, fondamentale per quasi tutte le transazioni internazionali.
  • Accesso ai servizi globali: commercianti, compagnie di navigazione e, soprattutto, assicuratori occidentali (che dominano il mercato) potrebbero rifiutarsi di coprire le spedizioni.
  • Emarginazione da altri progetti: le aziende cinesi e indiane che continuano a collaborare con i russi sanzionati rischiano di essere escluse da futuri progetti energetici in Medio Oriente o Africa, dove la presenza di partner e tecnologie occidentali è imprescindibile.

Per darvi un’idea dei progetti in cui sono coiuvolte Rosfnet e Lukoil elenchiamo:

  • Rosfnet sta realizzando una grande raffineria in Indonesia da 24 miliardi di dollari;
  • Rosftnet in India ha diversi accordi con raffinerie indiane;
  • Rosfnet ha un accordo a lungo termine con CNPC in Cina;
  • Lukoil ha grossi progetti in Iraq, Egitto, Azerbaigian e perfino Messico

Quindi un mondo di legami nel settore petrolifero viene messo in crisi e deve essere completamente ridefinito, con possibili impatti sulle forniture.

La mossa di Washington, quindi, mette i principali partner di Mosca di fronte a una scelta drastica: continuare a beneficiare del petrolio russo a sconto o salvaguardare la propria integrazione nel sistema finanziario e commerciale globale.

Domande & Risposte

1. Perché queste sanzioni colpiscono India e Cina più della Russia stessa? La Russia troverà probabilmente canali alternativi o “flotte ombra” per spedire il suo petrolio. Il vero problema è per chi compra. India e Cina hanno bisogno di assicurazioni, spedizioni e, soprattutto, di accesso al dollaro USA per pagare. Le sanzioni secondarie minacciano di tagliare fuori le banche e le aziende indiane e cinesi da questi sistemi globali se continuano a fare affari con Rosneft e Lukoil. È un ricatto finanziario.

2. Se c’è un surplus di petrolio, perché i prezzi sono aumentati? I mercati finanziari reagiscono non solo all’offerta e alla domanda reali di oggi, ma anche alle aspettative future e all’incertezza. Sanzionare il 10% della produzione globale (Russia) crea panico e incertezza logistica. Anche se c’è petrolio “in più” (il surplus), il timore che possa mancare in futuro, o che diventi difficile trasportarlo e assicurarlo, fa salire i prezzi immediatamente. È una reazione guidata più dalla paura che dalla scarsità fisica immediata.

3. Perché Rosneft e Lukoil sono così importanti? Non sono aziende qualunque. Rosneft è il gigante petrolifero statale russo, il braccio energetico del Cremlino, fondamentale per le entrate del bilancio pubblico. Lukoil è la più grande compagnia petrolifera privata (almeno formalmente) del Paese. Colpire entrambe significa mirare al cuore dell’industria energetica russa, coprendo sia la produzione controllata dallo Stato sia quella gestita privatamente, rendendo molto difficile per chiunque comprare greggio russo senza incappare nelle sanzioni.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento