Energia
Sanzioni USA: la Serbia resta a secco? Stop alla raffineria NIS, l’inverno si avvicina
Serbia, l’unica raffineria si ferma: le sanzioni USA bloccano il petrolio. Rischio caos carburanti.

La società russa Naftna Industrija Srbije (NIS) ha interrotto la lavorazione del greggio a causa delle sanzioni statunitensi che bloccano i flussi di petrolio verso la Serbia, scatenando timori di una carenza di carburante in vista dell’inverno. Una spedizione di circa un milione di barili di greggio kazako KEBCO, arrivata al terminal croato di Omisalj il 9 ottobre, rimane bloccata dopo la sospensione delle consegne attraverso l’oleodotto JANAF l’8 ottobre, secondo diverse fonti del settore citate venerdì da Reuters.
L’Ufficio del Tesoro degli Stati Uniti per il controllo dei beni stranieri ha permesso che l’esenzione dalle sanzioni sulla NIS scadesse il 9 ottobre, tagliando formalmente fuori la società dagli acquisti internazionali di greggio. La NIS, controllata al 56% da Gazprom Neft, gestisce l’unica raffineria serba a Pan?evo, che lavora circa 4,8 milioni di tonnellate di greggio all’anno e soddisfa oltre l’80% della domanda di benzina e diesel del Paese. Senza nuovi carichi, le operazioni di raffinazione potrebbero interrompersi all’inizio di novembre, secondo quanto dichiarato da funzionari e trader.
Il governo serbo ha minimizzato il rischio immediato. Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che le scorte attuali sono sufficienti fino alla fine dell’anno, ma gli analisti hanno avvertito che un’interruzione prolungata costringerebbe il Paese a dipendere dalle importazioni di prodotti attraverso i vicini Stati dell’UE.
Il gasdotto JANAF dalla Croazia era la principale linea di approvvigionamento della Serbia per il greggio russo e kazako dal 2022. La sua chiusura sottolinea la limitata flessibilità della logistica energetica dei Balcani, dove esistono poche rotte alternative e la capacità di stoccaggio interna rimane limitata.
All’inizio di questo mese, gli analisti regionali hanno affermato che le misure statunitensi potrebbero colpire duramente il settore downstream serbo, definendo l’esposizione di NIS “una vulnerabilità critica” per lo Stato balcanico.
La Serbia sta ora cercando carichi sostitutivi attraverso l’Ungheria e valutando scambi temporanei attraverso le raffinerie regionali. La possibilità che questi arrivino abbastanza rapidamente da mantenere in funzione Pancevo determinerà se la Serbia riuscirà a evitare una crisi energetica su vasta scala.
Domande e Risposte (FAQ)
Ecco tre domande che un lettore potrebbe porsi, con relative risposte:
1. Perché gli Stati Uniti hanno sanzionato la raffineria serba? Tecnicamente, l’obiettivo non è la Serbia, ma la proprietà russa. La raffineria NIS è controllata al 56% da Gazprom Neft, una sussidiaria del colosso energetico statale russo Gazprom. Gli Stati Uniti hanno semplicemente lasciato scadere un’esenzione che permetteva alla NIS di operare nonostante le sanzioni contro la Russia. La Serbia si trova così “presa in mezzo” nel conflitto sanzionatorio tra Washington e Mosca.
2. La Serbia rimarrà davvero senza benzina questo inverno? È un rischio concreto. Il presidente Vučić afferma che le scorte durano fino a fine anno, ma la raffineria di Pančevo (l’unica del paese) soddisfa l’80% della domanda. Se si ferma a novembre, le scorte si esauriranno rapidamente. La Serbia sarà costretta a importare carburanti finiti (diesel, benzina) dai paesi vicini, probabilmente a prezzi molto più alti, ammesso che riesca a coprire l’intera domanda nazionale.
3. Non ci sono altre rotte per far arrivare il petrolio? Poche e complicate. L’oleodotto JANAF via Croazia era la rotta principale e la più efficiente. Ora la Serbia sta cercando alternative, come far arrivare greggio via Ungheria o negoziare “scambi” con raffinerie regionali. È una corsa contro il tempo: la logistica energetica nei Balcani è rigida, con poche alternative e capacità di stoccaggio limitate. Bisogna vedere se queste nuove rotte saranno operative e sufficienti prima che la raffineria esaurisca il greggio.








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