Attualità
Sánchez, l’incubo dei messaggi segreti: “Cosa pensa davvero di Puigdemont?”. Ora la polizia sa la verità.
Il governo Sánchez appeso a un filo. I messaggi privati e velenosi su Puigdemont sono nelle mani della polizia. Un nuovo scandalo di corruzione minaccia di far crollare tutto: ecco cosa sta succedendo in Spagna.

Il potere, a volte, non trema per le grandi manovre politiche o per le crisi economiche, ma per qualcosa di molto più banale e umano, anche in Spagna: dei messaggi scambiati su un telefono. E in questo momento, il Capo del Governo spagnolo, Pedro Sánchez, sta guardando al telefono del suo negoziatore, Santos Cerdán, come a una bomba a orologeria pronta a esplodere e a far saltare il suo esecutivo. La domanda che tiene sveglio il premier non è se i messaggi privati su Carles Puigdemont verranno fuori, ma quali e quando.
La situazione, con una leggerissima ironia, è degna di una commedia degli equivoci con conseguenze potenzialmente drammatiche. Durante le tesissime e complicate negoziazioni per l’investitura di Sánchez, che hanno portato alla controversa legge di amnistia, il suo fedelissimo Santos Cerdán scambiava con lui messaggi continui. Il tono, a quanto pare, era quello che ci si aspetta da conversazioni private e informali, condite da un “linguaggio mordace e dal marcato accento militaresco”.
Facciamo un salto indietro: la concessione dell’amnistia al leader catalano Puigdemont, ex deputato europeo, ha impedito il suo arresto per il referendum separatista del 2017. Si è trattata di una trattativa molto contestata dalla magistratura e dall’opposizione di centrodestra, ma necessaria per dar a Sanchez i numeri necessari alla nascita del governo. Cerdán ha condotto le trattative, ma ora è stato arrestato, e tutti i suoi telefoni e computer sono stati sequestrati, nell’ambito dello scandalo Koldo, che sta smascherando la profonda corruzione all’interno del Partito Socialista Spagnolo.
Se per descrivere la Ministra della Difesa, Margarita Robles, sono volate espressioni colorite come «pájara» (un termine dispregiativo, tipo furbetta) o «credo che vada a letto con l’uniforme», si può solo immaginare il tenore delle battute riservate al leader indipendentista catalano, Carles Puigdemont, dopo estenuanti ore di trattativa. Il problema? Quei messaggi sono ora nelle mani della UCO, l’Unità Centrale Operativa della Guardia Civil spagnola, e il rischio che vengano filtrati alla stampa o consegnati a un giudice è altissimo.
Qui si apre lo scenario che fa tremare il governo. L’esecutivo di Sánchez si regge su un equilibrio fragilissimo, un castello di carte in cui il sostegno del partito di Puigdemont, Junts, è fondamentale. Sebbene sia nell’interesse di entrambi (PSOE e Junts) che la legislatura prosegua, la politica moderna è un campo di battaglia emotivo. Come potrebbe reagire Puigdemont, e soprattutto il suo elettorato, nello scoprire di essere stato oggetto di epiteti e iperboli non esattamente lusinghiere da parte di coloro con cui ha siglato un patto storico?
In una politica così instabile, un “incidente” di questo tipo, un’offesa personale, potrebbe avere “conseguenze imprevedibili”. Potrebbe essere la scintilla che, andando oltre la convenienza politica, fa saltare il banco per una questione di orgoglio. Anche perché il governo Sanchez viene ogni gionro fatto a pezzi da nuovi casi di corruzione che fanno sembrare “Mani Pulite” una questione di marachelle.
La beffa, per Sánchez, è doppia. Solo pochi giorni fa, liquidava le voci sul suo amico Cerdán come “mere chiacchiere della destra fascistoide” (facherío). Oggi, si ritrova a sperare che la proverbiale freddezza e il pragmatismo di Puigdemont prevalgano sulla prevedibile irritazione. Il premier si è affrettato a incontrare Salvador Illa, leader dei socialisti catalani e suo uomo di fiducia, per sondare il terreno, per capire fino a che punto la corda possa essere tesa prima di spezzarsi.
La speranza di Sánchez è che l’interesse oggettivo a mantenere in vita il governo – e i relativi accordi su investimenti e riconoscimento della lingua catalana in UE – sia un collante più forte di qualche insulto sfuggito in una chat privata. Ma resta appeso a un filo, in attesa di scoprire se i suoi messaggi, nati per cementare un accordo di potere, non diventino invece il suo epitaffio politico.
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