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Regno Unito: sciopero dei porti rischia di lasciare vuoti gli scaffali dei supermercati

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I lavoratori del maggior porto container del Regno Unito, Felixstowe, hanno deciso di entrare in sciopero per ottenere migliori condizioni reddituali e di lavoro. Non si tratta di un’interruzione di poche ore o di una giornata, ma di uno sciopero già programmato per durare otto giorni nel porto che gestisce la metà delle merci della Gran Bretagna.

Le ricadute delle scelte di questi 1900 lavoratori circa rischiano di essere devastanti per l’economia del Regno Unito. Merci per un valore di circa 700 milioni di Sterline, 825 milioni di Euro, non verranno scaricate e rimarranno sulle navi. Le società di navigazione possono deviare le portacontainer verso porti dell’Europa continentale e far scaricare in questi porti, ma questo creerebbe una maggiore congestione in questi porti e, soprattutto, nel passaggio della Manica, che già si presenta come un collo di bottiglia importante.

I risultati di questo sciopero sono prevedibili: scaffali vuoti nei negozi e nei supermercati, che non potranno essere riforniti in modo adeguato di prodotti che giungono per mare, dai congelati alla frutta a numerosi prodotti per la casa. Quindi vi saranno delle importanti interruzioni delle catene logistiche delle aziende industriali. Tutto questo farà esplodere i prezzi dei prodotti dando una spinta importante all’inflazione. Non solo: la soluzione alla crisi non sarà immediata perché le merci non scaricate questa settimana si sommeranno a quelle della settimana successiva, causando un sovraccarico logistico e ritardi nelle consegne che si ripercuoteranno per mesi, presumibilmente sino al periodo natalizio. Purtroppo la logistica non è qualcosa che si può accendere e spegnere con un semplice interruttore.

Gli scioperanti affermano che la società che gestisce il porto ha realizzato 61 milioni di sterline di utili nel 2021, per cui avrebbe tranquillamente le risorse per poter far fronte agli aumenti richiesti dai lavoratori. Invece si è scelta la linea dura e a pagarne gli effetti saranno le industrie e i consumatori inglesi.


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