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RECOVERY FUND: fondi condizionali e poco per il 2021. Rischi di forti contenziosi politici

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Il documento relativo al Recovery Fund, o meglio Next Generation EU, reso pubblico nella primissima mattina di oggi, si presenta molto complesso perchè mescola il piano di ripresa dai danni del COVID-19 stesso con una serie di misure rilevanti legate al Quadro Finanziario Pluriennale, cioè al bilancio complessivo 2021-27 dell’Unione. Questo, se da un lato fornisce una visione complessiva dei vantaggi e degli svantaggi ottenuti da ogni paese relativamente ai singoli programmi dell’Unione, dall’altro non rende semplice comprenderne i vantaggi e gli svantaggi.  Cerchiamo ora di fornirvi una descrizione omogenea delle misure.

RECOVERY FUND: QUANTO FRA PRESTITI E FONDO PERDUTO. Il Recovery Fund, o meglio Next generation EU (NGEU) come viene spesso chiamato nel documento, seguendo la definizione della presidente della Commissione Von der Leyen, conferma le sue dimensioni delle ultime bozze di 390 miliardi in contributi e 360 in prestiti. Sui prestiti si dice assai poco, a parte che il rimborso annuo sarà proporzionato alle dimensioni dei contributi a fondo perduto ottenuti, sino ad un massimo del 7,5% stesso. Il tutto verrà finanziato con dei titoli il cui pagamento degli interessi viene a  comportare un aumento del bilancio comunitario per lo 0,6% del PIL complessivo annuo. Dato che i titoli dovrebbero avere scadenza al 2058 questo calcolo viene a significare o che si emetteranno solo titoli a lunghissimo termine per la sua copertura, o che la UE si sta prendendo un buon rischio sui tassi di interesse che, proprio se le politiche avessero successo, potrebbero crescere.

DOVE ANDRANNO I FONDI DEL NGEU?  Queste risorse è previsto confluiscano in una serie di programmi, in parte esistenti, in parte da creare. La parte più consistente andrà nel Recovery and Resiliance Facility, (RRF), che assorbirà bel 310 miliardi di fondi perduti e 360 miliardi di prestiti, mentre il resto viene diviso fra diversi programmi che variano dalla ricerca all’intervento diretto contro il COVID-19 al settore agricolo. Dal punto di vista della distribuzione spaziale si calcola che circa il 20% dovrebbero arrivare all’Italia in quanto paese più danneggiato dal Covid-19, seguiti a pochissima distanza da Spagna e Francia.

QUANDO SARANNO SBORSATI. Per quanto riguarda i tempi bisogna distinguere fra “Impegni” ed effettiva erogazione. L’impegno avverrà entro il 2023 per la totalità dei contributi e solo successivamente per i prestiti. Questo implica che i progetti devono, o dovranno, essere già pronti ed in tempi brevissimi. Per quanto riguarda l’erogazione per i tempi non saranno così brevi, in quanto solo il 10% del totale è previsto venga erogato nel 2021. Facendo un caso pratico l’Italia, nella seconda metà del prossimo anno, potrebbe ricevere 7,8 miliardi, pari a circa lo 0,4% del PIL.

IL CONTROLLO. Il controllo nell’impiego dei fondi è a tre livelli:

  • un primo livello preventivo sui piani di intervento da parte della Commissione sui progetti presentati dai singoli stati per il RRF. Questa fase preventiva impiegherà almeno due mesi e verificherà che i piani siano coerenti con le linee guida relative al Green Deal e quindi alla Digitalizzazione;
  • quindi vi sarà una seconda approvazione a maggioranza da parte del Consiglio, cioè dei singoli paesi;
  • viene introdotto il cosiddetto “Freno a mano”. Il Consiglio o ogni singolo stato  può segnalare l’inadempienza di un altro paese al Consiglio che quindi si deve pronunciare a maggioranza e può bloccare l’erogazione dei fondi. Questo però rischia di scatenare veti incrociati, contenziosi ed incrementare a livelli ancora più elevati la litigiosità nella UE;
  • quindi vi è comunque il controllo ex post della Commissione, anche per quanto riguarda le indicazioni del semestre europeo, cioè i vincoli di bilancio posti dai patti europei. Ricordiamo che il commissario Dombrovskis ha più volte affermato che, a partire dall’autunno, torneranno i vincoli di Maastricht e del Two Pack, quindi tutto dovrà essere coerente con questi limiti;

COME SARANNO RIPAGATI I FONDI PERDUTI. Se i prestiti, in quanto tali, prevedono già le modalità per il loro rimborso bisogna valutare come verranno finanziati i titoli previsti per i contributi a fondo perduto. Alla fine tutto il Recovery Fund si basa su debiti che quindi, in un modo o nell’altro, dovranno essere rimborsati. Per questo la Commissione prevede di innalzare i contributi degli stati sino ad 1,4% del Prodotto Nazionale Lordo di ogni paese. Inoltre verranno ad essere introdotti nuovi “Mezzi propri” cioè tasse europee, la prima delle quali è un’imposta, pagata dagli Stati che poi si rivarranno sui cittadini, per 0,8 euro a kg di plastica non riciclata, ma a questo si aggiungeranno altre misure. Possiamo notare come il successo delle politiche ambientali per l’economia circolare rischia di avere come effetto il taglio della base imponibile della UE: infatti se il riciclo giungesse ad un teorico 100% non ci sarebbe nessuna tassa da incassare, ma i debiti devono essere ripagati, per cui la Commissione dovrebbe affidarsi a qualche altro strumento.

QUALCUNO HA AVUTO DEI FORTI SCONTI. Permangono i cosiddetti “Rebate”, cioè gli sconti sui contributi che quattro paesi, Germania,  Paesi Bassi, Svezia, Austria e Danimarca, ottengono uno sconto consistente su quello che dovrebbero versare all’Unione.  In totale questi sconti sono pari a 7,6 miliardi all’anno, per un totoale di oltre 50 miliardi nel settennato previsto dal bilancio comunitario.

CONCLUDENDO. Il Recovery Fund è più che altro un qualcosa di simbolico, almeno sino al 2023, e la ricaduta sull’economia delle singole nazioni, perfino per chi, come l’Italia, dovrebbe avvantaggiarsene maggiormente, è secondario. Potrà essere un aiuto nel momento in cui la stessa Commissione verrà a reintrodurre i vincoli di bilancio che potrebbero esserne alleggeriti. nello stesso tempo l’Italia e i paesi che lo utilizzassero rinuncerebbero alla gestione di una fetta della politica economica ed industriale: infatti le decisioni di come e dove investire verrebbero fatte a Bruxelles, e sotto il controllo di tutti gli altri stati. Questo potrebbe portare e delle forti distorsioni ed a scelte non ottimali. con il Recovery Fund, o NGEU, rinunciamo ulteriormente ad una fetta di democrazia e ci abbandoniamo maggiormente alla tecnocrazia eterodiretta, che non è detto che sappia fare meglio.


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