Attualità
Rapporto Confcommercio-Censis: 30 anni di errori hanno distrutto il benessere, ma ancora non capiamo che la cura è un’altra
Ieri è stato presentato il rapporto Confcommercio-Censis e i dati sono impressionanti. Con 30 anni di errori economici e politici abbiamo distrutto le radici del nostro benessere nazionale, avviato tutti in un circolo vizioso di calo dei consumi e di povertà, e la cosa ancora più tragica è che non è stata ancora capita la soluzione.
Cosa ha detto il responsabile dell’ufficio stampa di Confcommercio, Mariano Bella? “Nel 2022, a prezzi costanti, non abbiamo recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo. Siamo addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, cioè quasi trent’anni fa. Tanto per dire che i trent’anni di bassa crescita si sentono nelle nostre tasche e nei temi di disagio sociale e crescita della povertà assoluta che ogni giorno dibattiamo”. “Grazie alla crescita della propensione al consumo, “nel lungo periodo la spesa reale è andata un po’ meglio del reddito: abbiamo recuperato quasi i livelli del 2019 ma siamo sotto i massimi del 2007 ancora di 800 euro a testa”. Quindi quel poco di consumi in più che abbiamo vissuto sono derivati non da un reddito maggiore delle famiglie, ma solo da un po’ di aiuti di Stato.
Questo fatto incontrovertibile che tangibilmente toccano gli ultra-quarantenni si può vedere nel seguente grafico offerto da confcommercio:
Non solo il reddito pro capite reale attuale è inferiore a quello del 1995, ma quello DISPONIBILE è estremamente più basso. Questo vuol dire che da un lato non c’è spazio per espandere ulteriormente i consumi privati, dall’altro che non c’è spazio per il risparmio, quindi per l’accumulo di risparmio. Se non c’è nuovo risparmio non ci sono risorse per investire, o almeno non ci sono risorse prodotte internamente. Tutto il discorso sulla “Scarsa produttività” va a ramengo se non c’è capitale accumulato tramite il risparmio da investire.
Il problema è che la soluzione presentata da Confcommercio non esiste: “Nel frattempo dobbiamo scegliere la strada giusta: che non può che essere quella delle riforme e degli investimenti del Pnrr” ha concluso Bella “per rendere attuale il potenziale di fiducia che c’è tra le famiglie, come abbiamo visto, e costruire una nuova fase di crescita robusta e duratura, dopo il boom del biennio 2021-2022 e il periodo di transizione costituito da questo complesso 2023”.
Sono proprio trent’anni di riforme sbagliate che ci hanno portato a questo punto. Le privatizzazioni hanno tagliato soltanto le risorse per la ricerca, che precedentemente era basata soprattutto sui grandi complessi pubblici. La precarizzazione del lavoro ha fatto cadere la crescita demografica. La stessa precarizzazione dei servizi, di cui Confcommercio dovrebbe essere esperta, ha danneggiato un settore importante, spezzato la struttura sociale dei centri urbani per cosa? Per vedere poi le grandi mall, i grandi centri commerciali, a loro volta in crisi a causa dell’esplosione del commercio online, con sempre più spazi vuoti? Come si può pensare di ricostruire l’economia con dei prestiti come quelli del PNRR che, per la propria natura e i propri vincoli, sono poco produttivi e costosi quasi come il debito pubblico?
La strada per la ripresa non può essere quella indicata da Confcommercio, che appare solo la ripetizione di idee generate da chi idee non ne ha. Bisogna ridiscutere la base di quanto successo negli ultimi trenta anni, non continuare a confermarlo.
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