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Rame in allarme rosso: la IEA prevede un deficit del 30% entro il 2035. La transizione energetica rischia il blackout?
L’Agenzia Internazionale dell’Energia avverte: l’offerta non copre la domanda di IA ed elettrico. La Cina domina la raffinazione mentre l’Occidente rincorre.

Il mondo ha fame di energia pulita, di intelligenza artificiale e di elettrificazione totale. Ma c’è un piccolo, trascurabile problema di “economia reale” che rischia di rovinare i piani dei tecnocrati: manca la materia prima.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha lanciato un avvertimento che suona come una doccia fredda: la domanda globale di rame potrebbe superare l’offerta fino al 30% entro il 3035. Se non si accelera drasticamente l’attività estrattiva, l’intero castello della transizione energetica e dell’espansione dell’IA potrebbe scricchiolare paurosamente.
Il collo di bottiglia fisico
Non è questione di stampare moneta, questa volta. È questione di geologia e capacità industriale. Shobhan Dhir, analista dei minerali critici della IEA, è stato chiaro: l’espansione dell’IA e la spinta verso le rinnovabili stanno divorando rame a ritmi insostenibili.
Il settore minerario si trova di fronte a una “tempesta perfetta” fatta di tre elementi critici:
- Qualità del minerale in calo: si scava di più per trovare di meno.
- Costi di capitale alle stelle: aprire una miniera costa sempre di più.
- Tempi biblici: i permessi e lo sviluppo dei progetti richiedono anni, se non decenni.
Dhir ha sottolineato che, a differenza di altri minerali che si possono scalare rapidamente, il rame è “quello che ci preoccupa davvero”. È il vero collo di bottiglia globale.
I numeri della crisi
La situazione non è rosea nemmeno nel breve termine. L’International Copper Study Group ha dovuto rivedere le sue stime: se prima si prevedeva un surplus, ora ci si attende un deficit di 150.000 tonnellate metriche già nel 2026.1
Ecco una prospettiva sulla crescita del valore del mercato del rame, che spiega la corsa all’oro rosso:
| Anno | Valore Mercato Rame (Miliardi $) | Note |
| 2024 | 9,24 | Valore attuale |
| 2035 | 13,93 | Previsione |
| CAGR | 3,8% | Tasso di crescita annuo |
Intanto, dopo il crollo di agosto, i prezzi hanno ripreso a crescere rapidamente come mostra Tradingeconomics:
Il Drago cinese domina (ancora)
Mentre l’Occidente si preoccupa, la Cina agisce, consolidando una posizione dominante che fa tremare le cancellerie occidentali. Attualmente, Pechino controlla oltre la metà della produzione globale di rame raffinato.
La strategia cinese è aggressiva:
- Aumento della capacità di fusione: Le fonderie cinesi stanno mettendo fuori mercato i concorrenti esteri, abbassando le tariffe di lavorazione.
- Gestione delle scorte: Utilizzano rottami (dal riciclo di beni di consumo) e inventari esistenti per mantenere alta la produzione anche quando le importazioni di concentrato rallentano.
La rincorsa dell’Occidente: Canada e Africa
Per non restare stritolati, altri attori stanno tentando di correre ai ripari investendo pesantemente.
- Repubblica Democratica del Congo (RDC): La canadese Ivanhoe Mines ha avviato le operazioni nella fonderia di Kamoa-Kakula, definita la più grande e “verde” d’Africa.2 Robert Friedland, fondatore di Ivanhoe, parla di “cambiamento trasformativo”, puntando a stabilire nuovi standard globali.
- Canada: In casa propria, il Canada sta cercando di invertire il declino. Dopo un calo del 18% della produzione nella British Columbia, si notano segnali di ripresa (+6,2% dal 2023). Progetti come l’estensione della miniera Highland Valley di Teck Resources e la miniera McIlvenna Bay in Saskatchewan (prevista per il 2026) sono la risposta fisica alla carenza.
Pierre Gratton, CEO della Mining Association of Canada, prevede un “grande ritorno del rame”. Tuttavia, la realtà è che senza l’apertura rapida di nuove grandi miniere, il deficit strutturale continuerà ad allargarsi. E senza rame, i pannelli solari, le auto elettriche e i server per l’IA rischiano di rimanere bellissimi progetti sulla carta, frenati dalla dura legge della scarsità delle risorse.
Domande e risposte
Perché si parla improvvisamente di carenza di rame?
La carenza non è improvvisa, ma strutturale. La domanda è esplosa a causa della simultanea transizione energetica (elettrificazione, rinnovabili) e del boom dell’Intelligenza Artificiale, che richiede enormi data center. L’offerta non riesce a tenere il passo perché le miniere esistenti hanno una resa minore e aprirne di nuove richiede investimenti enormi e tempi lunghissimi. Non basta volerlo politicamente, serve estrarlo fisicamente.
Qual è il ruolo della Cina in questa crisi?
La Cina gioca un ruolo predominante, controllando oltre il 50% della raffinazione globale. Attraverso una politica industriale aggressiva, ha aumentato la capacità delle proprie fonderie, mettendo in difficoltà i concorrenti esteri grazie a costi di lavorazione più bassi e all’uso massiccio di rottami e scorte. Di fatto, Pechino ha in mano il rubinetto del rame raffinato, rendendo l’Occidente vulnerabile a potenziali shock di fornitura o rincari.
Cosa stanno facendo i paesi occidentali per ridurre la dipendenza?
Paesi come il Canada e gli Stati Uniti stanno cercando di riattivare vecchie miniere o estenderne la vita operativa, oltre a investire in nuovi progetti, anche in Africa (come in RDC). Tuttavia, i costi elevati e le normative ambientali rallentano questi processi. L’obiettivo è diversificare la catena di approvvigionamento per non dipendere totalmente dalla raffinazione asiatica, ma è una corsa contro il tempo che per ora vede l’Occidente in svantaggio.









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