Difesa
Rafale “abbatte” l’F-35: perché la vittoria nel duello aereo è un’illusione tattica
Un caccia francese Rafale ha sconfitto un F-35 americano in un combattimento simulato ravvicinato. Un risultato sorprendente che, però, nasconde una realtà diversa: nella guerra aerea moderna, basata sulla furtività e sui missili a lunghissima gittata, il “dogfight” è un’ipotesi remota. Ecco perché il vero vantaggio appartiene a chi colpisce per primo, da lontano.
Tensione nei cieli della Finlandia: il caccia francese Rafale “abbatte” il “fantasma” americano F-35 in un duello che infiamma il dibattito sulla guerra aerea moderna. Un episodio spettacolare, quasi cinematografico, che cela però una verità tattica molto più complessa: il combattimento aereo ravvicinato, il cosiddetto “dogfight”, è ormai un’ipotesi remota, un errore tattico più che uno scenario operativo.
Il fulmine a sorpresa del Rafale
Durante l’esercitazione “Atlantic Trident 25“, tenutasi lo scorso giugno in Finlandia, si è verificato un evento che ha scosso le certezze di molti analisti militari. In un confronto simulato a distanza ravvicinata (Within Visual Range – WVR), un Rafale della 30ª squadriglia di caccia francese, decollato dalla base aerea 118 di Mont-de-Marsan, è riuscito a mettersi in coda a un F-35 americano, ottenendo un “abbattimento” virtuale. Le immagini, rilasciate il 20 agosto dall’Armée de l’Air et de l’Espace, mostrano chiaramente il caccia di quinta generazione statunitense inquadrato nel mirino del velivolo francese.
Un risultato notevole, se si considera il divario generazionale: il Dassault Rafale è un eccellente caccia di quarta generazione e mezza, mentre il Lockheed Martin F-35 è il fiore all’occhiello della quinta generazione, costruito attorno a un concetto cardine: la furtività (stealth).
Come ha potuto, quindi, il caccia meno moderno avere la meglio? La risposta risiede nella specializzazione dei due velivoli. Il Rafale è stato progettato con una manovrabilità eccezionale, un’agilità che lo rende un avversario temibile proprio nei combattimenti manovrati a breve distanza. In questo specifico e quasi artificiale scenario, le sue qualità aerodinamiche hanno prevalso.
La Guerra dei Fantasmi: Perché il Dogfight è un Errore del Passato
Tuttavia, esaltare questa vittoria come prova di una superiorità complessiva del Rafale sarebbe un grave errore di valutazione. Lo scenario di un dogfight tra un F-35 e un altro caccia è, nella realtà della dottrina militare moderna, un’eventualità che si verificherebbe solo a seguito di un fallimento catastrofico della missione per il pilota del velivolo americano.
Il vero campo di battaglia del F-35 non è l’arena del combattimento ravvicinato, ma lo spazio aereo “oltre il raggio visivo” (Beyond Visual Range – BVR). La sua progettazione è interamente focalizzata sull’individuare, agganciare e distruggere il nemico prima ancora che quest’ultimo si accorga della sua presenza. La chiave di questo dominio è la sua bassissima osservabilità radar, o “superficie radar equivalente” (SER).
I numeri sono eloquenti: secondo Dassault, la SER di un Rafale si attesta tra 0,05 e 0,1 m², un valore già di per sé eccellente. Quella dell’F-35, tuttavia, è stimata intorno a 0,005 m². In termini pratici, questo significa che il Rafale è circa dieci volte più visibile su un radar rispetto a un F-35. Un radar nemico rileverà quindi il caccia francese a una distanza quasi doppia rispetto a quella necessaria per individuare l’F-35.
Questa differenza abissale concede al pilota dell’F-35 un vantaggio tattico incolmabile: il tempo. Il tempo di lanciare i suoi missili aria-aria a lungo raggio, come gli AIM-120 AMRAAM, e di allontanarsi senza che l’avversario abbia mai avuto la possibilità di reagire. L’F-35 è concepito per essere un cacciatore, non un duellante.
Missili a Lunga Gittata: I Veri Arbitri dei Cieli
La realtà della guerra aerea del XXI secolo è scritta dalle prestazioni dei sistemi missilistici. Il dogfight è diventato un’ultima risorsa, un residuo spettacolare ma obsoleto di un’epoca passata. Gli scontri avvengono a decine, se non centinaia, di chilometri di distanza.
Un esempio lampante ci viene dal recente confronto tra India e Pakistan. L’aeronautica pakistana ha impiegato missili di fabbricazione cinese PL-15, la cui versione da esportazione vanta una gittata di ben 145 km. Questi missili superano in raggio d’azione molti sistemi occidentali e dimostrano come anche potenze aeree non di primo livello si stiano concentrando esclusivamente sul combattimento BVR.
Il confronto con le controparti occidentali è altrettanto significativo: la versione più moderna del missile americano AMRAAM, l‘AIM-120D, ha una portata stimata di circa 160 km. Il missile europeo Meteor, considerato uno dei più letali al mondo e in dotazione anche ai Rafale, può spingersi fino a 200 km.
In uno scenario reale, un F-35 rileverebbe un Rafale a lunghissima distanza, lancerebbe i suoi missili e cambierebbe rotta. Il pilota francese si troverebbe a dover eludere missili a guida attiva senza nemmeno sapere da dove provengano. L’agilità e la capacità di manovra del suo aereo, decisive nel dogfight simulato in Finlandia, diventerebbero tragicamente inutili.
L’episodio dell’Atlantic Trident 25 rimane una testimonianza affascinante delle capacità del Rafale in un contesto specifico, ma la dura realtà strategica è un’altra: la vittoria nei cieli moderni non appartiene a chi manovra meglio, ma a chi vede per primo e spara da più lontano. E in questo, il “fantasma” F-35 rimane, per concezione, il re indiscusso.
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