Crisi
A proposito di Leviathan…
Sembra che le mie previsioni risalenti ad inizio anno erano piuttosto esatte.
Questo articolo è stato scritto in “collaborazione” con il mio carissimo amico Ambrogio che, seppur arriva spesso dopo del sottoscritto, ha una dovizia di particolari che fanno onore agli oltre 30 anni di esperto di finanza qual’è e che io non potevo assolutamente avere.
L’articolo è liberamente tratto da qui:
http://www.telegraph.co.uk/…/Spreading-deflation-across-Eas…
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La deflazione si sta presentando in tutte le potenze economiche asiatiche. Questa dinamica è veloce e sta andando in profondità, ed è probabile che troverà il suo sbocco in breve tempo in Europa, attraverso la guerra delle valute in atto oramai da mesi.
I prezzi alla produzione (PPI) sono in generale calo in Cina, Corea, Thailandia, Filippine, Taiwan e Singapore.
L’82% dei componenti nel paniere dei prezzi alla produzione stanno calando in Cina. Ancora peggio in Thailandia (90%), e a Singapore (97%). Detti panieri includono macchinari, telecomunicazioni e apparecchiature elettriche e chiaramente merci.
A tutto ciò aggiungiamoci il calo dei prezzi delle materie prime in atto da molto tempo e anche il calo altrettanto accentuato di energia elettrica e del Baltec-index (gestisce il 70% del trasporto merci via mare transcontinentale).
Chetan Ahya, di Morgan Stanley, dice che le forze deflazionistiche sono “sempre radicate” in gran parte dell’Asia. Detta evenienza espone ad un “rapido peggioramento della dinamica del debito” per una serie di paesi che hanno permesso ai loro indici di indebitamento di raggiungere livelli record durante l’era della “generosità” della Fed (QE).
Il livello del debito per la regione nel suo insieme (escluso il Giappone) è salito dal 147% al 207% del PIL in sei anni.
Questi paesi stanno cercando di ridurre la leva finanziaria, ma il rallentamento del PIL nominale derivante dalla caduta dell’inflazione è più veloce dei loro sacrifici. Infatti il rapporto debito/PIL sta aumentando, nonostante gli sforzi,. Ed è esattamente ciò che sta accadendo in €uropa ad Italia, Francia, Paesi Bassi, e gran parte della zona euro.
I dati che ci fornisce la banca d’affari Nomura mostrano che l’indice PPI (Indice Prezzi alla Produzione) composito per tutta l’Asia emergente – tra cui l’India – è passato in negativo in settembre.
Tutto ciò si verificava prima che la Banca del Giappone inviasse un ulteriore impulso deflazionistico attraverso la regione svalutando ancora lo yen, e prima dell’ultimo pesante ribasso dei prezzi del greggio.
Un recente studio condotto dalla Banca del Giappone ci dice che la politica cinese che ha sempre voluto un Yuan debole per guadagnare quote di esportazione è stata la causa principale della crisi deflattiva del Giappone negli ultimi 20 anni: i famosi due decenni perduti.
Oggi anche la Cina è scossa dalla trappola della deflazione. Il PPI cinese è negativo da 32 mesi, mentre l’economia è alle prese con l’eccesso di capacità produttiva, senza che si salvi alcun comparto: dall’acciaio al cemento, dal vetro ai prodotti chimici, dalle costruzione navale ai pannelli solari. Tutto il comparto è sceso del -2,2% nel mese di ottobre.
La portata dell’eccesso di investimenti dei cinesi sfiora la fantascienza: il Paese ha impiegato 5.000 miliardi di dollari in nuovi impianti e in investimenti fissi lo scorso anno (tanto quanto l’Europa e gli Stati Uniti insieme) anche dopo che il Partito Comunista, nelle sue annunciate riforme del Terzo Plenum, ha promesso di ridurre questo eccesso di capacità. Ma sappiamo tutti come si muove il pachidermico celeste impero. Le riforme arriveranno a tempo debitamente scaduto.
I prezzi al consumo stanno pian piano cominciando a seguire i prezzi di fabbrica. L’inflazione è scesa a 1.6% in ottobre. Questo dato è fortemente al di sotto dell’obiettivo del 3.5p% desiderato dalla Banca popolare cinese, e oramai appare sempre più come un errore politico.
L’inflazione core è al 1.4%. anche essa molto al di sotto di dove la si vorrebbe.
La Cina ha già avuto a che fare con la deflazione: durante la sua crisi bancaria alla fine del 1990, e di nuovo durante la recessione occidentale causata delle dot.com nel 2001-2002. Come ben sappiamo gli episodi si sono dimostrarono gestibili.
Questa volta sarà molto più dura: l’indebitamento complessivo, come abbiamo visto. È altissimo e riguarda tutti i settori, non ultimo il sistema bancario-ombra e non ultimi gli ulteriori 12000 miliardi di dollari in crediti provenienti da Hong Kong.
Standard Chartered pensa che il debito totale ha raggiunto il 250% del PIL. Ovvero circa 26.000 miliardi dollari, per rendere l’idea, ha la stessa dimensione del sistema commerciale bancario degli Stati Uniti e del Giappone messi insieme.
Da quanto ci dice l’analista finanziario Larry Brainard, sembra che la Cina stia scivolando verso una trappola del debito in stile europeo.
“E ‘aritmetica. La deflazione ti ucciderà se sei “leva”. E ‘solo una questione di quanto velocemente accadrà. Non sappiamo quanto grande sia il problema poiché la Cina sta giocando al gioco delle tre carte, spostando il debito da una carta all’altra”.
“La linea di fondo è che la deflazione dei PPI aumenta il costo della leva finanziaria su tutta la linea. Il rischio è che si scatena un ciclo di auto-rafforzamento di default del debito e l’aumento dei crediti non performanti che corre fuori dal controllo delle autorità. La Cina dovrà tagliare i tassi “.
L’Asia non è ancora in una vera e propria guerra di valuta, ma nessun paese può stare a guardare i propri vicini di casa che gettano rifiuti tossici deflattivi sul loro prato. La Corea ha minacciato di forzare verso il basso il won, di pari passo con lo yen. La banca centrale di Taiwan è dovuta già intervenire.
Questi scontri avvengono in una regione di forti contrasti e dispute territoriali, senza alcuna struttura di sicurezza in stile Nato. Per mettere la pace ci sarà bisogno della diplomazia USA, la quale ha pesantemente a che fare con tutti gli attori
Il vertice Asia-Pacific di cooperazione economica della scorsa settimana ha portato ad una finta pace. Il leader cinese Xi Jinping ha stretto la mano ai nazionalisti giapponesi di Shinzo Abe, anche se entrambe le parti si stanno riarmando e le loro navi da guerra si minacciano a vicenda ogni giorno. In un mondo del genere – mercantilista per temperamento, in ogni caso – il tentativo di esportare la deflazione ai vicini prende una brutta piega.
La Cina ha finora seguito il premier Li Keqiang, un uomo determinato a portare il suo paese fuori dal problema creditizio e da un modello di sviluppo obsoleto, prima che cada nella trappola del reddito medio. Non si è fatto ricorso ad un altro pacchetto di stimoli monetari – al di là di colpi di liquidità a breve termine – anche se i prezzi delle case sono in calo da cinque mesi e la crescita è svanita.
Lo studio della “Quantità di moto inseguitore di Fathom” suggerisce che la crescita del PIL di fondo è scesa al 5%.
Il tasso di rifinanziamento di riferimento di un anno è ancora al 6%. Il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche è ancora 20pc. Il credito è sempre più difficile.
Né la Cina è intervenuta a tenere premuto lo yuan. Gli acquisti di obbligazioni estere sono scesi a zero, giù da $ 35 miliardi al mese di inizio dell’anno. Lo yuan si è apprezzato nei confronti dello yen del 22% da giugno, del 50% dalla metà del 2012 e del 12% nei confronti dell’euro dall’inizio dell’estate.
La Cina è in effetti legata al dollaro a filo doppio.
George Magnus di UBS dice che così non può continuare. “Quello che sta accadendo nel mercato immobiliare è la punta di un iceberg per l’intera economia. La Cina dovrà ricorrere ad una reflazione monetaria durante l’inverno, e credo che questo includerà un yuan più basso. Ci stiamo dirigendo verso una guerra valutaria “, ha detto.
Tutto ciè è troppo simile alla tempesta finanziaria del sudest asiatico del 1998, quando una svalutazione dello Yen innescò un tumulto bancario e spinse Pechino sull’orlo della svalutazione. Washington disinnescò la crisi stabilizzando lo yen, con la promessa di adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio.
Sarà difficile ripetere quel trucco in questi tempi di deflazione. Il pericolo è chiaro e la Cina si sentirà in dovere di difendersi, gettando il suo peso enorme in una battaglia a colpi di “frega il tuo vicino” in tutta l’Asia orientale.
Se questo dovesse accadere, la madre di tutti gli shock deflazionistici si presenterà in Europa prima che le autorità della UE siano scese dal letto.
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Le cartucce bagnate di Draghi che per far partire il QE dovrebbe aggirare il regolamento della UE, ovvero circa l’impossibilità di finanziare direttamente gli Stati (comprando direttamente TdS in pratica si fa ciò) a breve non faranno più paura e le sue ultime parole “non teniamo nessuno con la forza dentro l’euro” lasciano ampio spazio ad una più che doverosa riflessione: l’€uro è TUTT’ALTRO CHE IRREVERSIBILE, ANZI!
Non so quanto dovremo aspettare ma parliamo di una morte annunciata.
Roberto Nardella
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