Economia
Poste Italiane, ce le riprendiamo?
Poste italiane: che fare?
Poste Italiane S.p.A., società quotata in borsa che ha un totale di neanche il 30% del Ministero finanze (Mef) e il 35% di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP), la quale a sua volta è partecipata per circa l’80% dal Mef, quindi in totale abbiamo circa il 28% del Mef (57% in totale), ma poi comunque CDP ha personalità giuridica a sé stante e fa quel cavolo che vuole, in primis gli interessi di una mafietta di affaristi.
Per il resto i cosiddetti investitori “istituzionali” che tutto sono tranne istituzionali ma solamente fondi speculatori dei più spregiudicati e anche pregiudicati, sono suddivisi tra questi paesi:
Regno Unito – 27,9%;
Stati Uniti – 25,1%;
Italia – 17,2%;
Resto d’Europa – 10,9%;
Francia – 6,7%;
Norvegia – 6,3%;
Resto del Mondo – 5,8%.
Tra questi si annoverano a rotazione: Norges Bank Investment Management (il fondo sovrano della BC norvegese), The Vanguard Group, Inc., BlackRock Fund Advisors, BlackRock Advisors (UK) Ltd., Amundi Asset Management SA (Investment Management), iShares MDAX UCITS ETF (DE), Eurizon Capital SGR SpA, Amundi Ireland Ltd e così via dicendo, gli strumenti di saccheggio delle famiglie che si nascondono nel sistema delle isole, attraverso gli studi legali della City di Londra…
Bancoposta non ha neanche la licenza bancaria e si “appoggia” su Deutsche Bank, o dovrei dire che quest’ultima si appoggia a noi, per le operazioni bancarie: se vi sembra normale che una società di interesse nazionale sia quotata in borsa, faccia il bilancio in inglese, e trasferisca lauti flussi finanziari alla DB, la quale è tutto tranne che virtuosa – abbiamo visto la sua alta esposizione ai titoli tossici -, se vi sembra normale che noi con i nostri risparmi e le nostre commissioni bancarie dobbiamo far vivere società e paesi come la Germania, la Norvegia, gli USA, la GB, la FR, il Benelux…. continuate a dormire sonni tranquilli che i vostri risparmi rischiano di sciogliersi come “neve al sole”.
Il tutto mentre Francia e Germania hanno tenuto sfacciatamente pubblici i loro rispettivi gruppi postali, al punto che quello francese con le sue filiali viene a fare shopping in Italia ad esempio con DPD, gruppo fondato in Germania e comprato dal gruppo postale francese, che ha comprato a sua volta la Bartolini: 100% dello Stato francese. Non abbiamo neanche più un grosso trasportatore nazionale, quando dobbiamo inviare “pacchi”, abbiamo la scelta tra i francesi, i tedeschi, gli americani o gli “arcobalento” (Poste It SpA).
Non ci vuole una laurea in economia per capire che già solo questo fatto costituisce una perdita attraverso un deflusso finanziario di parecchi miliardi l’anno, questo sommato a tutti i casi peculiari della penisola mentre sembrerebbe che nessun politico si dica scandalizzato più di tanto. Dev’essere un profondo provincialismo unito ad un atavico senso di inferiorità portato dalle ondate successive di invasori nei secoli, e dalla manipolazione crassa operata nel dopo guerra dai “vincitori” che hanno inculcato nel popolo italiano che nazionalizzare settori strategici nazionali sarebbe, udite udite, fascista !!!
Dissonanza cognitiva al cubo in cui siamo ancora tuttora immersi.
E’ solamente riprendendoci tutti questi asset strategici che abbiamo svenduto a società straniere, ma colmo dei colmi, anche a Stati stranieri, al pubblico di quegli Stati, che potremo riprenderci la nostra economia e la nostra vita, che magari ridiventerà la leggendaria, dolce vita.
Nel frattempo bevenuti all’inferno con qualche ricordo cosmetico di “paradiso”.
L’Italia.
Nicoletta Forcheri
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