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POPOLARI E BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO: LAVORI IN CORSO (BUONI E ONESTI, QUESTA VOLTA) di Marco Minossi

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Il grosso della frittata è stato ormai fatto, tanto valeva modificare (significativamente) almeno qualche regola: se n’è fatto carico il Presidente del Consiglio in persona.

Parliamo del diktat della BCE di due anni fa: trasformare ed accorpare le Banche Popolari da un lato, e quelle di Credito Cooperativo dall’altro (per tagliare definitivamente i legàmi collaborativi e diretti con i territori dei distretti produttivi italiani di PMI, come la maggior parte di chi lavora e produce capì subito), recepito e poi spacciato dal governo di allora come una riforma che avrebbe salvato sia gli istituti che le imprese, più o meno piccoli entrambi.

Nel frattempo, rimase ovviamente sacro ed inviolato il sistema bancario tedesco, formato per più dell’ 80% proprio da Landesbanken e da Sparkasse, neppure soggette – peraltro – alla vigilanza della BCE!

Accogliamo quindi con gioia, tra le tante altre decisioni e pronunciamenti di questi giorni, i 90 giorni in più concessi dal Governo alle BCC per sottoscrivere il patto di coesione in una delle tre Holding; l’innalzamento al 60% della quota minima di capitale di ciascuna Holding che deve essere detenuta dalle sue BCC ( effetto “anti-annacquamento”); i margini di manovra autonoma attribuiti ad ogni singola banca cooperativa a basso rischio, che prevarranno rispetto a quelli della Holding di sua appartenenza.

Una restituzione di senso economico dell’esistenza, oltre che di dignità.

Almeno questo nel Milleproroghe c’è, ma ancor più è ciò che va ulteriormente rivisto e smantellato; i lavori sono in corso, per fortuna.

(Per distruggere basta un attimo, per ricostruire nell’ interesse nazionale ci vuole un po’ di più).


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