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Energia

Petrolio agosto 2025: la realtà batte le narrazioni. Sempre.

Mentre nel 2024 si prevedeva una crisi energetica imminente, oggi il greggio viaggia su prezzi stabili. Non è merito dei governi, ma della semplice legge di domanda e offerta che ha punito le narrazioni speculative. Un’analisi dei veri fondamentali del mercato.

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Se nel 2024 le fonti più accreditate  raccontavano che il prezzo del petrolio sarebbe esploso, che le fonti fossili sarebbero tornate dominanti e che l’OPEC avrebbe tenuto il mondo sul filo del rasoio? Bene, agosto 2025 è qui per ricordarci che le narrazioni si pagano care, soprattutto quando sono scollegate dai fondamentali.

Il Brent oggi viaggia sotto i 70 dollari, e il WTI sfiora i 66. Numeri che non fanno notizia, ma che raccontano una storia potente: il mercato si è ripreso la scena, dopo mesi di illusioni gonfiate da stimoli fiscali, trading speculativo e paura. E adesso, come sempre accade quando finisce la festa, arriva il conto. Pagano tutti: gli Stati che avevano fatto leva sulla retorica dell’emergenza energetica, le imprese che avevano pianificato su scenari iper-ottimistici, e i consumatori che sono stati usati come pretesto per nuove accise e sussidi.

Perché il prezzo del greggio è sceso?

Semplice: troppa produzione e poca domanda. L’OPEC+, come da copione, ha aumentato l’offerta. Perché? Perché è quello che ogni produttore razionale fa quando il prezzo è alto. Ma la domanda non ha tenuto il passo. Le economie sono rallentate. Gli USA hanno stretto i cordoni monetari. L’Europa è paralizzata da incertezza e regolamentazione. E la Cina è alle prese con il suo ciclo discendente.

Nessuna cospirazione. Solo la vecchia legge della domanda e dell’offerta che si prende la rivincita su editoriali, previsioni fallaci e modelli sbagliati.

Il ruolo (inutile) dei governi

Mentre i mercati correggevano l’errore, i governi – come sempre – rincorrevano l’effetto senza capirne la causa. Misure “anti-carovita”, piani straordinari di approvvigionamento, contratti blindati di lungo periodo. Tutto questo nel tentativo di controllare una variabile che, per definizione, risponde solo agli incentivi reali e non ai decreti ministeriali.

Il prezzo del petrolio è sceso non perché l’Europa ha “difeso i cittadini”, ma perché l’economia globale ha preso fiato, e i produttori hanno fatto il loro mestiere: vendere a chi compra. Non servono tavoli tecnici, serve meno interferenza.

Dove stiamo andando?

La previsione è prudente ma chiara: nessun crollo, ma nessun boom. La quotazione petrolio potrebbe restare nella fascia 65–70 dollari fino a fine 2025. È un prezzo sano, sostenibile, che riflette condizioni di equilibrio. Chi si aspettava i 100 dollari al barile vive ancora nella logica emergenziale. Ma la crisi energetica, come tante altre crisi inventate, era più politica che reale.

E quando il prezzo del petrolio si normalizza, salta anche la narrazione su cui si reggeva tutto il castello: quella del “grande ritorno” delle fossili come strumento di potere geopolitico. Quella che serviva a giustificare nuove tasse, nuove agenzie, nuovi piani quinquennali.

 

Una lezione per chi ha orecchie

Il mercato ha sempre ragione, anche quando lo ignoriamo. E chi crede nella libertà economica sa che i prezzi non sono mai il problema: sono la soluzione. Segnalano squilibri, correggono e guidano le scelte. Non c’è bisogno di moralismi sul petrolio, né di isterie da greenwashing forzato. Basta osservare i fatti:

  • Quando la produzione sale, e la domanda scende, il prezzo si abbassa.
  • Quando il capitale speculativo si sposta, l’inflazione si ritira.
  • Quando la realtà bussa, le narrazioni saltano.

Agosto 2025 non è un crollo, ma un ritorno alla sobrietà. E come ogni ritorno alla realtà, porta fastidio solo a chi pensava di poter vivere d’illusioni.

Conclusione libertaria

Il petrolio non è buono o cattivo. È un bene. E come tutti i beni, deve essere lasciato al mercato. Lo Stato può tassarlo, ostacolarlo, celebrarlo o demonizzarlo. Ma non può cambiarne il prezzo a lungo. Quello lo fa l’incontro tra chi offre e chi domanda.

Il resto è rumore.

 


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