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Perovskite: la rivoluzione a basso costo che renderà la medicina nucleare più precisa e sicura

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La medicina nucleare, con tecniche come la scansione SPECT, ci permette di spiare il funzionamento interno del nostro corpo: osservare come pompa il cuore, tracciare il flusso sanguigno e scovare malattie altrimenti invisibili. Una vera e propria finestra sul corpo umano. Ma questa finestra, diciamocelo, ha un costo, e non solo monetario. Gli attuali scanner si basano su rivelatori costosi e complessi da produrre, limitandone di fatto la diffusione.

Ora, una collaborazione tra la Northwestern University e la Soochow University in Cina potrebbe cambiare le carte in tavola. I ricercatori hanno sviluppato il primo rivelatore basato sulla perovskite, un materiale quasi “miracoloso”, in grado di catturare i singoli raggi gamma con una precisione senza precedenti. Questa innovazione, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, non è solo un avanzamento tecnico, ma promette di rendere l’imaging nucleare più accurato, efficiente e, soprattutto, più accessibile.

Il limite delle tecnologie attuali: costose, fragili o imprecise

Il problema principale degli scanner attuali risiede nel cuore del sistema: il rivelatore. Ad oggi, le opzioni principali sono due, ciascuna con i suoi significativi svantaggi:

  • Tellururo di cadmio e zinco (CZT): Offre prestazioni eccellenti, ma i costi sono proibitivi, con telecamere che possono costare da centinaia di migliaia a milioni di dollari. Inoltre, i cristalli sono fragili e la produzione è un vero e proprio grattacapo.
  • Ioduro di sodio (NaI): È l’alternativa più economica, ma la qualità ne risente. I rivelatori sono ingombranti e le immagini prodotte meno nitide, un po’ come guardare attraverso un vetro appannato.

In sostanza, gli ospedali si trovano di fronte a una scelta difficile: o investire cifre enormi per la massima qualità, o accontentarsi di una tecnologia meno performante per contenere i costi.

L’arrivo della perovskite: dal solare alla sanità

E qui entra in gioco un materiale che gli appassionati di energie rinnovabili conoscono bene: la perovskite. Questi cristalli, celebri per aver rivoluzionato l’efficienza delle celle solari, si stanno ora rivelando straordinari anche nel campo della rilevazione di radiazioni. Il gruppo di ricerca del professor Mercouri Kanatzidis della Northwestern, che studia questi materiali da oltre un decennio, ha dimostrato che i cristalli singoli di perovskite possono rilevare raggi X e gamma con un’efficacia sbalorditiva.

I cristalli di perovskite vengono coltivati in condizioni attentamente controllate a partire dalla fusione. Crediti: Mercouri Kanatzidis/Northwestern University

Sfruttando questa scoperta, i ricercatori hanno creato un sensore pixelato – concettualmente non dissimile da quello di una fotocamera per smartphone – che ha stabilito nuovi record di prestazioni.

I vantaggi concreti: cosa cambia per pazienti e ospedali?

Il nuovo rivelatore in perovskite non è solo un esercizio di stile accademico. Le sue implicazioni pratiche sono enormi e toccano sia i pazienti che le strutture sanitarie.

  • Qualità dell’immagine superiore: Il dispositivo ha dimostrato una risoluzione energetica da record, distinguendo raggi gamma con energie diverse in modo impeccabile. Le immagini prodotte sono incredibilmente nitide, capaci di separare sorgenti radioattive distanti pochi millimetri.
  • Maggiore sicurezza per i pazienti: Grazie all’elevata sensibilità, è possibile ottenere immagini di alta qualità con una dose inferiore di tracciante radioattivo. Ciò si traduce in una minore esposizione alle radiazioni.
  • Scansioni più veloci: La maggiore efficienza del rivelatore potrebbe ridurre significativamente la durata degli esami, migliorando il comfort del paziente e ottimizzando i flussi di lavoro ospedalieri.
  • Costi di produzione inferiori: I cristalli di perovskite sono più facili da far crescere e richiedono componenti più semplici rispetto al CZT. Questo apre la porta a una drastica riduzione dei costi di produzione, rendendo la tecnologia accessibile a un numero molto più vasto di cliniche e ospedali nel mondo.

Dalla ricerca al mercato: un impatto reale

Questa tecnologia non è destinata a rimanere confinata in un laboratorio. La Actinia Inc., una spin-off della Northwestern University, sta già lavorando per commercializzare questi rivelatori. L’obiettivo non è solo migliorare la tecnologia, ma democratizzarla.

Come ha sottolineato Kanatzidis, “una medicina nucleare di alta qualità non dovrebbe essere limitata agli ospedali che possono permettersi le attrezzature più costose”. Con la perovskite, si apre la possibilità di offrire scansioni più chiare, rapide e sicure a un numero molto maggiore di pazienti, realizzando un passo concreto verso una sanità di precisione più equa e diffusa.

Sensore derivante dalla lucidatura della perovskite

 

Domande e Risposte sull’Argomento

  1. Cos’è esattamente la perovskite e perché è così speciale? La perovskite non è un singolo materiale, ma una famiglia di composti che condividono una specifica struttura cristallina. La loro particolarità risiede nella straordinaria capacità di interagire con la luce e altre forme di energia. Originariamente balzati agli onori della cronaca per la loro altissima efficienza nella conversione della luce solare in elettricità (celle solari), si è scoperto che sono anche eccezionali nel rilevare radiazioni ad alta energia come i raggi X e gamma. Sono relativamente economici e più facili da produrre in cristalli di alta qualità rispetto ai materiali tradizionali, rendendoli candidati ideali per rivoluzionare diversi settori tecnologici.
  2. In che modo un rivelatore più sensibile rende le scansioni più sicure per il paziente? La sicurezza è legata direttamente alla dose di tracciante radioattivo iniettata. Per ottenere un’immagine chiara, un rivelatore deve catturare un numero sufficiente di raggi gamma emessi dal tracciante. Se il rivelatore è poco sensibile (come alcuni attuali), è necessaria una dose maggiore di tracciante per generare un segnale abbastanza forte. Un rivelatore in perovskite, essendo molto più sensibile, può costruire un’immagine di alta qualità catturando molti più raggi gamma a parità di emissione. Di conseguenza, si può ridurre la dose di tracciante iniziale, diminuendo l’esposizione del paziente alle radiazioni.
  3. Quando potremo vedere questa tecnologia negli ospedali? Sebbene i risultati siano estremamente promettenti, la tecnologia è ancora in fase di transizione dal laboratorio all’applicazione clinica. La spin-off Actinia Inc. sta lavorando per industrializzare il processo e collaborare con i produttori di dispositivi medici. Il percorso per l’approvazione regolamentare (come la FDA negli USA o la marcatura CE in Europa) e l’integrazione nei sistemi commerciali richiede solitamente alcuni anni. Tuttavia, la dimostrazione di fattibilità e le prestazioni record accelerano notevolmente questo processo. È realistico pensare che i primi prototipi clinici possano essere testati nel prossimo futuro.

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