Attualità
La Germania e gli anni ’30/Parte 1: La depressione e il crollo di Weimar
Quando nel 1929 il tracollo di Wall Street sancì l’inizio della “Grande Depressione” il paese europeo più colpito fu la Germania. La fragilissima “Repubblica di Weimar” venne letteralmente spazzata via dal tracollo dell’economia mondiale. La Germania del I Dopoguerra era stata funestata dalla rivoluzione che aveva esautorato la monarchia, dalle condizioni di pace umilianti e vessatorie imposte da britannici e francesi, e dall’iper-inflazione del 1923. Le categorie colpite dall’iperinfilazione (dipendenti pubblici e privati, percettori di rendite e addetti al settore finanziario) cominciarono a guardare con sempre maggior simpatia le formazioni estreme come la KPD e la NSDAP. Nella seconda metà degli anni ’20 i governi di Weimar, sostanzialmente basati sull’asse tra la SPD e il Zentrum cattolico, riuscirono a risollevare le sorti della claudicante repubblica. Ci riuscirono grazie a fiumi di capitali statunitensi che vennero riversati in Germania.
La conseguenza di questa politica fu la totale dipendenza della Germania dagli Stati Uniti. Quando nel 1929 il sistema finanziario americano tracollò la Germania vide svanire da un momento all’altro la bombola d’ossigeno che teneva artificiosamente in vita la giovane e fragile repubblica. Nel 1931 un’altra bomba squassò la Germania, il fallimento di una delle principali banche del paese, la DANAT. Le conseguenze della crisi per la Germania furono drammatiche, soprattutto dal punto di vista occupazionale. Nel quadriennio compreso tra lo scoppio della crisi e l’ascesa di Adolf Hitler alla cancelleria (1929-1933) il numero dei disoccupati passò da un milione a sei milioni. In attesa delle elezioni del 1930, caduto l’ennesimo governo, il presidente della repubblica Paul von Hindenburg, divenuto sempre più potente approfittando dell’instabilità politica, affidò la cancelleria ad Heinrich Bruning, un grigio burocrate proveniente dal Zentrum cattolico. Fu nel triennio tra il 1930 e il 1933 che il tandem Bruning-Hindenburg preparò, non del tutto inconsapevolmente, l’ascesa di Hitler.
L’esecutivo di Bruning, spalleggiato dal presidente della repubblica, si impegnò in una serie di misure deflattive combattendo la crisi a colpi di austerità. I pacchetti degli esecutivi di Bruning prevedevano tra le altre cose
- Prelievi fiscali straordinari per i percettori di redditi fissi
- Contributi straordinari per i redditi più elevati
- Taglio dei sussidi di disoccupazione
- Aumento delle imposte indirette sui generi alimentari
- Invenzione della tassa sul celibato e cancellazione della disoccupazione per le donne sposate
- Taglio generalizzato dei salari di un ottavo
Le misure di Bruning poterono passare grazie al costante ricatto della presidenza della repubblica che minacciava lo scioglimento del Reichstag in caso di bocciatura. Lo scioglimento del Reichstag era assai temuto dai partiti della maggioranza parlamentare. Le elezioni del 1930 avevano infatti segnato un grande successo per le due ali estreme del parlamento, la NSDAP e la KPD assestatesi rispettivamente al 18% e al 13%, e di conseguenza i partiti della pasticciata maggioranza governativa temevano come la peste il ritorno alle urne. Il governo Bruning-Hindenburg ebbe un piglio autoritario, ricorse in maniera continuativa alla decretazione d’urgenza e forzò la costituzione tedesca per cercare di svuotare il parlamento. Le misure economiche dell’esecutivo furono un completo disastro e contribuirono a peggiorare una situazione già critica innestando una spirale di deflazione, disoccupazione e stretta creditizia. Heinrich Bruning era pienamente consapevole delle conseguenze della sue azioni. Il cancelliere infatti aveva un ambizioso disegno e per perseguirlo aveva bisogno di ridurre alla più completa povertà la Germania.
Heinrich Bruning intendeva chiudere la questione delle riparazioni di guerra e per farlo riteneva che ridurre allo stremo la popolazione potesse in qualche modo “impietosire” i creditori. Secondo Bruning la popolazione tedesca doveva soffrire e patire la fame per riuscire a far capire ai vincitori del conflitto che, nonostante tutti gli sforzi della popolazione tedesca, il costo delle riparazioni di guerra era insostenibile e che quindi i pagamenti andavano almeno parzialmente condonati. Questo ambizioso progetto però fallì miseramente di fronte al cocciuto veto francese. Il presidente americano Hoover nel 1931 aveva acconsentito al congelamento del pagamento dei debiti tedeschi, e pure l’Inghilterra sembrava possibilista, ma i francesi non ne vollero sapere. Il motivo dell’ottusità transalpina risiedeva nel fatto che i francesi collegavano le riparazioni tedesche ai debiti contratti con gli Stati Uniti. I francesi sarebbero stati disposti a rivedere gli accordi sulle riparazioni tedesche solo in cambio di un condono americano sui debiti francesi. Ai reclami francesi gli Stati Uniti risposero picche innescando una spirale di veti incrociati che portò al nulla di fatto. Ad Heinrich Bruning fregava poco della popolarità o delle sorti del parlamento. Per il cancelliere anzi il parlamento era un inutile orpello che andava svuotato a favore di esecutivi tecnici e burocratici. In questo disegno anti-parlamentare Bruning trovò in Hindenburg la sponda perfetta. Il presidente della repubblica era stato eletto a sorpresa nel 1925 grazie al voto dei partiti monarchici e nazionalisti contro il candidato sostenuto da SPD e Zentrum. Il feldmaresciallo Hindenburg era un anziano conservatore nostalgico della Germania guglielmina e, sebbene formalmente rimase sempre fedele alla costituzione repubblicana, coltivava il malcelato sogno di archiviare la repubblica e richiamare gli Hohenzollern.
Insieme Bruning e Hindenburg governarono in maniera autoritaria svuotando progressivamente la democrazia parlamentare. In questo loro progetto la NSDAP e la KPD, che riempivano le piazze con scioperi e insanguinavano le strade con i reciproci scontri erano gli “utili idioti” da usare per convincere il parlamento a castrarsi sempre di più. In un clima di depressione economica ormai tragico e di violenza politica crescente la Germania andò alle urne nel 1932 per ben tre volte. Prima a marzo quando, in maniera paradossale, i partiti della coalizione di Weimar, che l’avevano osteggiato sette anni prima, si riunirono per caldeggiare la rielezione di Hindenburg alla presidenza della repubblica. Hindenburg venne rieletto ma Adolf Hitler, candidato di bandiera della NSDAP, lo costrinse inaspettatamente al ballottaggio. Il feldmaresciallo vinse il secondo turno, ma il 37% ottenuto dal futuro Fuhrer era il primo segnale della ormai irresistibile ascesa delle croci uncinate. A luglio del 1932 arrivò il sorpasso, la NSDAP vinse le elezioni con il 37% dei suffragi staccando nettamente la SPD, seconda al 22% e la KPD terza col 14%. Hitler cominciò a chiedere la cancelleria, per lui era un atto dovuto, ma si scontrò col profondo disgusto che per lui provava Hindenburg. “Al massimo lo posso nominare ministro delle poste” pare disse sprezzante il feldmaresciallo di Hitler dopo averlo conosciuto. Visto il nulla di fatto i tedeschi dovettero nuovamente tornare alle urne quattro mesi dopo, con la NSDAP che, pur registrando una lieve battuta d’arresto, confermava il suo ruolo di partito di maggioranza relativa col 33% dei suffragi contro il 20% della SPD e il 16% della KPD. Si susseguirono due governi tecnici, composti esclusivamente da burocrati ovvero il governo von Papen e il governo von Schleicher che però ebbero vita breve. Nel gennaio del ’33, dietro pressanti richieste di von Schleicher e dell’elite nazionalista, Hindenburg accettò riluttante di nominare Hitler alla cancelleria e nel marzo del ’33 il Fuhrer chiese immediatamente nuove elezioni. In un clima di violenza la NSDAP sembrava inarrestabile ma il risultato non fu pienamente soddisfacente per i nazional-socialisti. La NSDAP conquistò il 44% dei suffragi, mancando così la maggioranza assoluta. I nazionalsocialisti erano quindi costretti a governare in coalizione con i poco amati conservatori monarchici della DNVP, ma poco importò. Adolf Hitler riuscì nel giro di pochi mesi ad installare il suo regime. Gli odiati alleati conservatori furono costretti a sciogliersi nella NSDAP (vi lascio immaginare le conseguenze per i conservatori che si rifiutavano di collaborare con i nazisti) . Per la verità il compito di Adolf Hitler non fu difficilissimo. Bruning e Hindenburg avevano già fatto il grosso del lavoro al posto suo, svuotando completamente di ogni significato la democrazia tedesca. Quando Hitler instaurò il suo agghiacciante regime ormai la democrazia teutonica era già morta da un pezzo. Ormai non era questione di “se” la Germania sarebbe scivolata nella dittatura, ormai era una questione di “chi” avrebbe instaurato la dittatura e di “quando” questo sarebbe successo. La cosa comica della faccenda è la totale inettitudine dei nazionalisti che pensavano di usare Hitler per il loro scopo, distruggere Weimar e ripristinare la monarchia, e invece si ritrovarono loro usati da Hitler per instaurare il regime nazista. E come premio per i loro servigi gli utili idioti furono tra i primi a finire nel tritacarne della repressione nazista. Forse se gli ambienti conservatori avessero avuto il coraggio di “metterci la faccia” e causare loro stessi la caduta di Weimar con un colpo di mano, invece che usare vigliaccamente Hitler come “utile idiota” per poi farsi fregare da lui, forse ci saremmo risparmiati la Seconda Guerra Mondiale con tutti gli orrori nazisti connessi.
Quando nel 1934 Hindenburg trapassò il Terzo Reich era ormai realtà e Hitler potè finalmente proclamarsi Fuhrer. Credo non ci sia bisogno di soffermarsi selle nefaste conseguenze che l’ascesa del nazionalsocialismo ha avuto sull’Europa e sul mondo intero. E’ invece curioso il modo in cui l’esecutivo hitleriano riuscì a portar fuori la Germania dal disastro economico. Hitler ereditava un paese che aveva perso un quarto della sua ricchezza nazionale e in cui il tasso di disoccupazione aveva toccato vette del 30%. Poco prima dell’avvio della guerra invece il paese aveva ritrovato la via della crescita e aveva quasi cancellato la mostruosa disoccupazione ereditata dai governi tecnici, moderati e presentabili di Bruning, von Papen e von Schleicher.
Sulla questione del recupero teutonico e sulla curiosa personalità che è spesso accreditata dei meriti per questo prodigioso recupero forse però sarà meglio dedicare un intero post a parte, anche per non sfinire completamente il lettore. A risentirci per la seconda parte dunque.
Julien Sorel
Fonti
Gunther Mai “La Repubblica di Weimar”
Hagen Shultze “La Repubblica di Weimar”
Richard J. Evans “La Nascita del Terzo Reich”
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