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Perché il CDC americano non rende pubblici i dati sull’efficacia del Booster?

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I Center for Disease Control and Prevention (CDC) degli USA hanno nascosto gran parte  delle informazioni in loro possesso sull’impatto del booster vaccinale COVID-19, provocando rabbia nella comunità scientifica e speculazioni sul fatto che questi dati non suffraghino le ipotesi di efficacia dell’iniezione di richiamo, come riportato dal Daily Mail.

Due settimane fa, il CDC ha pubblicato i primi dati significativi sull’efficacia dei booster negli adulti di età inferiore ai 65 anni, ma l’agenzia, guidata dalla dott.ssa Rochelle Walensky, non ha condiviso le informazioni sulle persone di età compresa tra 18 e 49 anni, che sono considerate generalmente fra quelle che meno beneficiano del richiamo.  Inoltre non ha inoltre fornito informazioni in loro possesso sui ricoveri di bambini, come han lamentato gli scienziati.

Kristen Nordlund, portavoce del CDC,ha giustificato la lentezza nel rilascio dei dati affermando che, semplicemente, “perché, alla fine, non è ancora pronto per la prima serata”.

Ha affermato che “la priorità dell’agenzia nella raccolta di dati è garantire che siano accurati e perseguibili”, affermando di avere il timore che i dati potessero essere interpretati come negativi sull’efficacia dei vaccini.

Ha anche affermato che erano riluttanti a pubblicare i dati perché rappresentano solo il 10% della popolazione degli Stati Uniti – cioè circa  33 milioni di abitanti- ovvero un campione delle stesse dimensioni usualmente utilizzate per monitorare l’influenza comune.

La fascia di età 18-49 anni è considerata meno sensibile al richiamo, dato che i tassi di mortalità nella fascia di età sono già bassi. È molto più probabile che gli anziani e gli immunodepressi si ammalino senza il loro richiamo rispetto ai giovani sani e alle persone di mezza età.

I booster sono diventati disponibili per i bambini dai 12 anni in su solo il mese scorso, e quindi non sarebbero stati coperti dal set di dati.

A partire da lunedì, il 65% degli americani è completamente vaccinato, ma nonostante questo, sono stati segnalati 103.150 nuovi casi a livello nazionale, su una media mobile di sette giorni, comunque in forte diminuzione rispetto a gennaio quando si registravano anche 700 mila casi al giorno.

Gli scienziati sono piuttosto  indignati per il ritardo nella pubblicazione dei dati che, solitamente, è andata a pari passo con la campagna vaccinale,  e ritengono che questo sia dovuto al calo nell’efficacia dei vaccini stessi.

Ad esempio il dottor Paul Offit, uno degli scopritori del vaccino per il rotavirus,  ha esortato il CDC a “dire la verità, presentare i dati”.

“Dite la verità, presentate i dati”, ha affermato il dottor Paul Offit, uno dei maggiori esperti consulenti della FDA.

“Devo credere che ci sia un modo per spiegare queste cose in modo che le persone possano capirle.” Il dottore ha inoltre fatto notare che, in assenza dei dati del CDC, gli scienziati si sono dovuti basare sui dati israeliani.

“Non c’è motivo per cui dovrebbero essere più bravi a raccogliere e fornire dati di noi”, ha detto. “Il CDC è la principale agenzia epidemiologica in questo paese, quindi vorresti lavorare sui suoi dati”. Il tutto mentre si sa che il CDC sicuramente possiede i dati necessari.

I medici e gli scienziati sono tutti profondamente scossi dal ritardo, non ne capiscono la ragione, anche perché non c’è pericolo di cattiva interpretazione, dato che i destinatari sono operatori professionali. Quindi la domanda rimane: perché il CDC non distribuisce questi dati?


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