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Economia

Per la Bce i titoli di stato italiani fanno meglio di quelli di Francia e Germania

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L’incertezza politica si è fatta sentire – fra settembre e dicembre – sui rendimenti dei titoli di Stato dell’area dell’euro che “sono diminuiti in misura minore rispetto ai tassi Ois (overnight indexed swap) privi di rischio, determinando un lieve ampliamento dei differenziali”. Lo evidenzia la Bce nel Bollettino economico evidenziando l’effetto avuto dalle elezioni statunitensi e dal successivo aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi che “si è propagato ai mercati dei titoli di Stato dell’area dell’euro”.

Ma l’Eurotower evidenzia l’andamento differente Paese per Paese, a iniziare dalla Germania: qui non solo il differenziale fra titoli Ois e Bund a dieci anni ha registrato un incremento di 23 punti base ma “è divenuto positivo, per la prima volta dal 2016” anche se l’annuncio di elezioni anticipate in Germania – peraltro ormai ampiamente previste dal mercato – “non ha avuto un effetto rilevante. Variazioni di maggiore rilievo sono state osservate per il rendimento dei titoli di Stato decennali francesi, aumentato di circa 5 punti base, in un contesto caratterizzato dall’incertezza sulle prospettive di bilancio del Paese, e che ha ampliato di 30 punti base il differenziale rispetto al tasso OIS a dieci anni”.

Minore l’impatto sui titoli di Grecia, Spagna, Italia e Portogallo “grazie a un migliore clima di fiducia che ha caratterizzato le attese relative al bilancio in alcuni di questi paesi”. In particolare il differenziale tra il rendimento dei Btp decennali e il tasso OIS si è ridotto di 9 punti base per l’Italia, mentre è cresciuto di 4 e 6 punti base, rispettivamente, per Portogallo e Spagna.

Insomma anche la Bce ( e non è la prima volta) riconosce gli sforzi fatti sul piano dei conti pubblici dal governo, che hanno ridotto il differenziale tra i Btp e il Bund intorno ai 110 punti, cento punti base circa sotto al differenziale di due anni fa. D’altra parte il 2024, come certificato anche da tutte le principali agenzie di rating internazionali,  è stato un anno molto buono per i conti pubblici e i rendimenti dei titoli di Stato italiani. E questo grazie anche alla responsabilità mostrata dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, premiato di recente come ministro delle finanze dell’anno dal Financial Times.

Lo spread, ovvero il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato, riflette chiaramente questa tendenza. Mentre i rendimenti dei BTP italiani a dieci anni sono scesi di 19 punti base dall’inizio dell’anno, passando dal 3,70% al 3,51%, quelli dei titoli di Stato equivalenti ai Btp in Francia e Germania sono aumentati rispettivamente di 46 e 25 punti base, portandosi al 3,02% e al 2,28%.

Questo scenario conferma che l’Italia sta godendo di una maggiore fiducia da parte degli investitori, grazie a una crescita economica superiore alla media europea e a una stabilità politica che sembra mancare agli altri grandi Paesi dell’Ue. A rafforzare questa percezione è stato anche il miglioramento non del rating attuale dell’Italia (confermato la scorsa settimana in Tripla B sia da Fitch che da S&P), ma sull’outlook sul rating italiano da parte di Fitch, che potrebbe puntare alla promozione a Doppia B, grazie agli impegni sul contenimento del deficit e del debito pubblico.

A questi dati certamente incoraggianti occorre aggiunger anche quello riferito all’avanzo primario, in cui il nostro paese da tempo eccelle in Europa. Il nostro Paese, infatti, è davanti agli altri grandi Paesi europei come Germania (o,36 per cento), Francia (-1,31 per cento), Spagna (-1,38 per cento) e Regno Unito (-2,07 per cento).  Tutto questo ha determinato anche un maggiore interesse dei risparmiatori verso i titoli di Stato italiani. Tra il 2022 e il 2024, infatti,  si è registrata una significativa ricomposizione tra i detentori dello stock di titoli di debito pubblico in Italia. Peraltro, quando tale stock aumenta, come nel 2024, la PA ha bisogno di emettere più titoli e questa domanda non è mai mancata, ma di recente sono cambiati i compratori.

La novità principale è che lo stock di titoli di Stato in mano alle famiglie italiane è cresciuto ininterrottamente negli ultimi due anni: +109 miliardi nel 1° trimestre 2024 rispetto a inizio 2023, dopo i +69 miliardi nel 2023 sul 2022. La quota detenuta dalle famiglie è risalita dal 4,7% del totale a inizio del 2022, al 12,1% a inizio del 2024. All’inizio del 2022 era stato toccato il minimo storico dello stock di titoli di Stato in mano alle famiglie (117 miliardi). Nel 2024, invece, siamo repentinamente saliti al nuovo massimo storico per i titoli a lungo termine (263 miliardi) e poco sotto i massimi per il totale (295 miliardi).

Insomma chi preconizzava, due anni fa, sfaceli dei conti pubblici, spread impazzito  con Giorgia Meloni al governo, è stato clamorosamente smentito dai fatti.


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