EnergiaUSA
OPEC+ aiuta lo Shale Oil americano a rimanere aperto. Quanto siamo vicini al Break Even?
Petrolio: OPEC+ sospende i rialzi e salva (per ora) lo shale USA dal “killer price” dei 50$, al di sotto del quale chiuderebbe.

L’OPEC+ ha appena concordato un altro, modesto, aumento della produzione di petrolio per il prossimo mese. Ma la notizia forse più rilevante, passata quasi in sordina, è che il cartello ha deciso di sospendere i rialzi previsti per il prossimo anno.
Una manna dal cielo per l’industria dello Shale Oil americano, che riesce così a schivare la “pallottola” di un prezzo del WTI (West Texas Intermediate) a 50 dollari al barile. Un prezzo che, a quanto pare, rappresenta la linea rossa oltre la quale la notevole resilienza di questa industria inizia a vacillare seriamente.
Andiamo con ordine. Il gruppo OPEC+ aggiungerà altri 137.000 barili giornalieri all’offerta globale. Una notizia di per sé “bearish” (ribassista), che segue una lunga striscia di aumenti mensili. Eppure, il cartello ha contestualmente annunciato una pausa sui rialzi per tre mesi il prossimo anno.
Questo doppio annuncio costringe gli analisti delle banche d’investimento a rivedere le loro stime e, soprattutto, permette ai produttori di shale di tirare un sospiro di sollievo: per ora, il rischio di veder crollare la loro produzione di 700.000 barili al giorno entro il 2026 sembra scongiurato.
Il dilemma dello Shale: costi in aumento, produzione record
Non è un mistero che il petrolio di scisto statunitense abbia un prezzo di pareggio (breakeven) significativamente più alto rispetto ai pozzi convenzionali dell’Arabia Saudita. Certo, non tutti i pozzi sono uguali: alcuni possono generare profitti anche con un petrolio sotto i 60 dollari, mentre altri necessitano di 70 dollari o più per essere redditizi.
Come se non bastasse, i costi nel “Shale Patch“, nell’estrazione da rocce di scisto, sono in aumento, come riportato dall’indagine trimestrale sull’energia della Dallas Fed. Eppure, nonostante tutto, la produzione di shale continua a crescere, toccando un nuovo massimo storico di 13.7 milioni di barili al giorno ad agosto, secondo i nuovi dati dell’EIA (Energy Information Administration). Questo perché i prezzi sono ritenuti comunque soddisfacenti anche sui 60 Usd al barile. Come mai?
Il “trucco” dei DUC e la resilienza
Come è possibile questa apparente contraddizione? Gran parte del merito, come spiega la società di analisi energetica Kpler, va ai miglioramenti dell’efficienza.
Nonostante le tariffe, gli aumenti dell’OPEC+ e l’ambizione politica di tenere bassi i prezzi alla pompa, la produzione di shale negli Stati Uniti ha continuato a crescere anche con un numero inferiore di trivelle attive (rig count). I segreti di questa resilienza sono due:
- Migliori efficienze nelle tecniche di perforazione e completamento.
- Un’ampia scorta di pozzi perforati ma non completati (i cosiddetti DUC – Drilled but Uncompleted wells), che possono essere attivati rapidamente.
Tuttavia, la festa potrebbe finire presto se i prezzi dovessero scendere ulteriormente. Attualmente a 61 dollari al barile, un WTI che scendesse stabilmente a 50$ inizierebbe a far male, molto male. Kpler prevede, in questo scenario, un crollo della produzione USA di 700.000 barili al giorno entro il 2026.
Il problema è che le scorte di DUC, l’arma segreta dello shale, si stanno esaurendo. Secondo Kpler, l’inventario dei DUC nei bacini di Eagle Ford e Bakken si è ridotto del 25-30% dall’inizio dell’anno. “Questa tendenza al ribasso non è sostenibile”, scrive l’analista di Kpler, “a meno che le trivellazioni non riprendano, uno scenario improbabile nell’attuale contesto dei prezzi”.
Meno DUC significa anche meno agilità nel rispondere alle fluttuazioni dei prezzi internazionali. Presto o i prezzi si alzeranno o la produzione non potrà aumentare rapidamente, come accaduto sino ad ora.
Lo spettro del “Glut” (e il favore dell’OPEC)
A complicare il quadro ci sono le previsioni di un surplus di offerta (glut) globale. Goldman Sachs, già ad agosto, prevedeva un petrolio sotto i 60 dollari l’anno prossimo proprio a causa di un eccesso di offerta proveniente dai produttori non-OPEC, Stati Uniti in primis.
“Uno scenario grave e prolungato a 50$/barile – una visione condivisa da alcune agenzie e banche come Goldman Sachs – paralizzerebbe l’offerta di greggio statunitense”, scrive Kpler.
Questa “miscela esplosiva” che potrebbe portare al crollo dei prezzi si basa su quattro ingredienti:
- Alta crescita della produzione non-OPEC.
- L’OPEC che annulla i tagli alla produzione.
- Il “glut” generale (l’IEA vede un surplus di 4 milioni di barili al giorno nel 2026).
- Una domanda cinese che, sebbene in crescita, rallenta il suo ritmo dopo decenni di corsa.
In questo contesto, la decisione dell’OPEC+ di sospendere i futuri aumenti di produzione suona quasi come un favore non richiesto (e forse involontario) fatto proprio ai concorrenti dello shale americano, aiutandoli a evitare lo scenario peggiore.
Domande e risposte
Perché un prezzo di 50$ è così pericoloso per lo shale USA? È il prezzo “breakeven” (pareggio) per molti produttori. Sebbene alcuni pozzi siano redditizi a cifre inferiori, i costi generali nello shale patch sono in aumento. Un WTI stabilmente a 50$ costringerebbe molte aziende a fermare le perforazioni, non potendo coprire i costi operativi e di investimento. Questo ridurrebbe drasticamente l’agilità dell’industria e porterebbe a un calo della produzione stimato in 700.000 barili al giorno entro il 2026, “paralizzando” di fatto il settore.
Come ha fatto lo shale a crescere finora nonostante i prezzi non altissimi? Grazie a due fattori principali. Primo, i miglioramenti nell’efficienza: le aziende riescono a estrarre più petrolio con meno trivelle attive. Secondo, l’utilizzo massiccio dei DUC (pozzi perforati ma non completati). Questi pozzi rappresentano un inventario “pronto all’uso” che permette di aumentare rapidamente la produzione senza i costi immediati di una nuova perforazione. Tuttavia, questo inventario si sta esaurendo rapidamente, rendendo il modello attuale insostenibile nel medio termine.
Cosa significa la decisione dell’OPEC+ per i prezzi della benzina? Nell’immediato, l’OPEC+ aumenterà leggermente la produzione, il che è marginalmente ribassista (tende a non far salire i prezzi). La notizia più importante, però, è la pausa ai rialzi futuri. Evitando un crollo della produzione USA (che avverrebbe con WTI a 50$), l’OPEC+ sta di fatto aiutando a prevenire un futuro “shock” dell’offerta. Se lo shale USA collassasse, l’offerta globale si ridurrebbe e i prezzi (incluso quello della benzina) aumenterebbero bruscamente nel medio termine. La mossa OPEC+ favorisce quindi la stabilità.









You must be logged in to post a comment Login