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Odissea finita: lo Stato deve versare 1 miliardo a TIM per il canone del 1998. Pagano i contribuenti (ma era previsto)

Maxi-risarcimento TIM: lo Stato paga 1 miliardo per il canone ’98. Ecco chi salda il conto La Cassazione chiude dopo 27 anni il contenzioso sul canone di concessione: vittoria totale per TIM. Il Governo aveva già accantonato i fondi nella Manovra per coprire capitale e interessi.

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Dopo “soli” ventisette anni, un’era geologica in termini tecnologici e finanziari, si chiude definitivamente una delle battaglie legali più lunghe e complesse tra un’azienda privata (o ex tale) e lo Stato italiano. La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al contenzioso riguardante il canone di concessione del 1998, respingendo il ricorso della Presidenza del Consiglio e confermando quanto già stabilito dalla Corte d’Appello di Roma.

Il risultato è netto: lo Stato dovrà staccare un assegno superiore al miliardo di euro in favore di Telecom Italia (TIM). Una cifra monstre che, fortunatamente per i conti pubblici immediati, era già stata parzialmente “sterilizzata” nelle pieghe del bilancio statale.

La vicenda: un canone che non s’aveva da pagare

Il nodo del contendere risale al lontano 1998. In quell’anno, successivo alla liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, lo Stato pretese comunque il pagamento del canone di concessione, nonostante le nuove direttive europee avessero di fatto reso inapplicabile tale balzello.

TIM pagò, ma iniziò immediatamente una guerra di carte bollate passata per il Tar del Lazio, la Corte di Giustizia Europea (che diede ragione all’azienda nel 2008 definendo il canone “non dovuto”), il Consiglio di Stato e infine la Corte d’Appello. La Cassazione ha ora confermato la sentenza dell’aprile 2024: quei soldi vanno restituiti.

Il conto finale: come si arriva a un miliardo

La cifra che il Ministero dell’Economia dovrà trasferire nelle casse di TIM è composta da due voci principali, che mostrano impietosamente quanto costi allo Stato (e quindi ai cittadini) la lentezza della giustizia e l’ostinazione burocratica:

  • Capitale originale: poco più di 500 milioni di euro (la somma indebitamente versata nel 1998).

  • Rivalutazione e interessi: circa 500 milioni di euro maturati in oltre vent’anni.

Il totale supera, seppur di poco, il miliardo di euro. Una somma che entra direttamente nelle casse del gruppo di telecomunicazioni, rappresentando una boccata d’ossigeno finanziaria non indifferente.

Chi paga? Il “Fondo Sentenze” e il paradosso di Poste

Dal punto di vista della finanza pubblica, il Governo si è mosso con prudenza, anticipando l’esito infausto. Nella Manovra è stato infatti istituito un apposito “Fondo sentenze” (o fondo una tantum) con una dotazione di 2,5 miliardi di euro, destinato a coprire:

  1. Questa sentenza sul canone TIM (circa 1 miliardo).

  2. La sentenza sull’addizionale Irap per le società madri-figlie (circa 1,5 miliardi).

Non sfugge, tuttavia, l’ironia della sorte tipica del capitalismo di Stato all’italiana. Recentemente, Poste Italiane ha incrementato la sua quota in TIM salendo al 27,32% del capitale ordinario. Di fatto, lo Stato (tramite il MEF che controlla Poste) sta versando un risarcimento a un’azienda di cui è diventato azionista di riferimento. Una partita di giro parziale, ma che non cancella l’uscita di cassa per l’Erario.

In conclusione, questa sentenza certifica non solo il diritto di TIM al rimborso, ma anche l’inefficienza di un sistema che impiega quasi tre decenni per correggere un errore amministrativo, raddoppiando il costo a carico della collettività a causa degli interessi.


Domande e risposte

Perché lo Stato deve restituire questi soldi a TIM dopo quasi 30 anni? Il contenzioso nasce nel 1998, anno successivo alla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni. Nonostante le direttive europee avessero abolito i diritti esclusivi, lo Stato italiano richiese comunque il pagamento del canone di concessione per quell’anno. La Corte di Giustizia Europea aveva già dichiarato quel canone non dovuto nel 2008, ma la burocrazia italiana ha trascinato la questione attraverso vari gradi di giudizio fino alla sentenza definitiva della Cassazione di oggi, che obbliga alla restituzione del maltolto più gli interessi maturati.

L’esborso di un miliardo creerà un buco nel bilancio dello Stato o aumenterà le tasse? Fortunatamente non ci saranno impatti immediati shock sui conti correnti o necessità di manovre correttive urgenti per questa specifica voce. Il Governo, prevedendo l’esito negativo della sentenza, aveva già accantonato le risorse necessarie nell’ultima Legge di Bilancio attraverso un apposito “Fondo sentenze” da 2,5 miliardi di euro. Quindi, la copertura finanziaria esiste già, sebbene si tratti pur sempre di risorse dei contribuenti che avrebbero potuto essere destinate ad altri investimenti pubblici invece che a risarcimenti legali.

Cosa c’entra Poste Italiane in questa vicenda? C’entra in modo indiretto, creando una situazione curiosa. Poste Italiane è una società controllata dallo Stato e, recentemente, è salita oltre il 27% nel capitale di TIM. Questo significa che lo Stato sta pagando un risarcimento miliardario a un’azienda (TIM) di cui lo Stato stesso (attraverso Poste) è uno dei principali proprietari. Una parte di quel miliardo, teoricamente, va a beneficio del valore di una partecipazione statale, configurando una sorta di “partita di giro” finanziaria parziale.

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